Via dalla Pazza Folla

di Elisa Giudici
Forse ai lettori italiani il nome di Thomas Hardy non suonerà poi molto familiare, ma nel Regno Unito é uno dei più osannati romanzieri dell'Ottocento, un classico al pari di Charles Dickens e Jane Austen. Via dalla pazza folla é il suo romanzo giovanile più noto, grazie all'eroina che ne anima le romantiche e talvolta tormentose pagine: Bathsheba Everdene é una giovane che incarna il prototipo dell'english rose, l'ideale di bellezza femminile inglese dell'epoca, con la sua figura sottile e i suoi boccoli neri. Possedendo solo il proprio fascino inizialmente sembra destinata a un matrimonio di sussistenza, ma il portentoso arrivo di una tenuta agreste in eredità le garantisce l'agiatezza e l'inedita possibilità (almeno per l'epoca) di gestire i suoi affari come fattrice e come giovane nubile.



Nel film é Carey Mulligan (Daisy Miller nel recente Il Grande Gatsby) a incarnarne le fattezze e forse é questo il tragico errore che conduce il film al fallimento. Sicuramente l'attrice ha le fattezze appropriate al ruolo, ma appare dimessa e malinconica, lontanissima dallo scintilla vitale che contraddistingue il personaggio, a cui non mancano malizia e orgoglio, qui annullate dagli occhi tristi della protagonista. Tanto dimessa che risulta difficile capire come i tre pretendenti attorno a cui ruota il suo dilemma (sposarsi con uno dei tre o continuare ad essere padrona del suo destino?) siano tutti follemente innamorati di lei.

Per fortuna del film Matthias Schoenaerts é provvisto del talento e del fascino bucolico perfetto per interpretare il personaggio chiave del pastore Gabriel Oak: fedele, esperto ma fatalmente sfortunato. Dopo il deludente Suite Francese, un altro passo falso per la carriera di Schoenaerts. che comunque costituisce l'unico motivo d'interesse verso la pellicola.

Purtroppo i due grandi nomi che dovevano bissare il successo dell'ultimo adattamento letterario rimasto nel cuore degli estimatori (Orgoglio e Pregiudizio di Joe Wright) contribuiscono e non poco a segnarne le sorti in negativo. Lo scrittore David Nicholls, non nuovo ad adattamenti di Hardy per lo schermo, banalizza un paio di passaggi chiave del romanzo (lo sbaglio di chiese fa apparire la povera Juno Temple idiota ed é inaccettabile) e quando decide di prendersi delle libertà, lo fa nella direzione sbagliata.

Irriconoscibile poi il tocco di Thomas Vinterberg alla regia. Dove é finito il regista che ci aveva fatto innamorare con Il Sospetto? Non che il film sia girato male (anzi) e le location sono straordinariamente vivide, però il film manca della personalità che lui avrebbe potuto dargli, segnando una nuova strada dopo le recenti performance in questo senso memorabili di Fukunaga e Wright.