Quando C'era Marnie
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Dopo l'addio di Miyazaki nel 2013 e la prova di Isao Takahata con Il racconto della principessa splendente, anche a livello internazionale era serpeggiato un certo nervosismo sul futuro dello Studio Ghibli, artefice come nessun altro di capolavori d'animazione capaci di colpire al cuore anche il pubblico occidentale.
A prendersi sulle spalle la pesante eredità del maestro e la responsabilità di dare un degno, nuovo corso ai destini dello studio d'animazione ci ha pensato Hiromasa Yonebashi, cresciuto nello studio e già regista di Arietty.
Quando c'era Marnie é un film sicuramente inferiore ai suoi ingombranti predecessori, sia tra i titoli più recenti sia tra i capolavori più blasonati degli scorsi decenni. Appare abbastanza evidente che il punto cruciale per il team che ha lavorato al film (che riunisce collaboratori storici di Miyazaki e giovani talenti come il musicista Takatsugu Muramatsu) non sia quello di sfornare un capolavoro dirompente, una pellicola di rottura con la tradizionale ghibliana, piuttosto quello di confenzionare un buon film d'animazione, forse nel senso più tradizionale del termine.
Il chacter design é quello inconfondibile dello studio, l'animazione e le colorazioni sono buone senza raggiungere vette indimenticabili, così come la musica e la regia: tutto ha uno stampo classico, piuttosto tradizionale nel mondo dell'animazione. Non ci sono picchi e le scene memorabili non sono pervenute, ma é anche vero che il livello é piuttosto omogeneo, il che rende il film molto solido e naturale nel suo fruire.
Non siamo quindi di fronte a un punto di rottura, ma a ben vedere, in maniera rispettosa e quasi silente, un bel cambiamento c'é. Nell'ultima decade lo studio Ghibli non é mai stato esattamente convincente per gli adattamenti letterari e in alcuni casi (vedi i racconti di Terramare o il castello errante di Howl) ogni passo verso la libertà dalla fonte originaria é diventato un'equazione di caos narrativo.
Nel trovarsi ad adattare il classico inglese della letteratura per ragazzi di Joan G. Robinson, Hiromasa Yonebashi sceglie la strada dell'adattamento vicino all'originale, prendendosi come in passato l'unica libertà di trasferire la vicenda dal Regno Unito al Giappone e di tagliare quanto non sarebbe entrato in un film che non raggiunge le due ore di durata.
Il risultato é certamente un film convenzionale, ma che esalta al massimo la forza di un racconto tanto caro al maestro Miyazaki da inserirlo nella lista delle 50 letture da lui consigliate. Non é difficile intuire perché il libro sia tanto caro al regista: un coming of age al femminile, con una nota di mistero e folklore, e un nodo di dolore che pian piano si scioglie.
La protagonista, Anna, somiglia a tante eroine miyakazakiane ma é anche diversa, composta e trattenuta nella rabbia che la sua situazione di orfana che vive a casa di genitori adottivi le suscita. Anna si sente al di fuori del cerchio che le sembra racchiuda le persone felici e amate, un solco tangibile che la separa da tutto il resto.
L'ansia aggrava il suo asma, tanto che il medico consiglia di mandarla a respirare aria buona. Mentre soggiorna presso i parenti gioviali di campagna, Anna incontra Marnie, una misteriosa signorina che vive in un villa oltre un aquitrino. Fin da subito gli incontri tra le due assumono le fattezze di sogni o visioni, ma il legamente unisce le due é così profondo da diventare il punto di contatto reale intorno a cui si snoda una storia delicata e intensa.
A prendersi sulle spalle la pesante eredità del maestro e la responsabilità di dare un degno, nuovo corso ai destini dello studio d'animazione ci ha pensato Hiromasa Yonebashi, cresciuto nello studio e già regista di Arietty.
Quando c'era Marnie é un film sicuramente inferiore ai suoi ingombranti predecessori, sia tra i titoli più recenti sia tra i capolavori più blasonati degli scorsi decenni. Appare abbastanza evidente che il punto cruciale per il team che ha lavorato al film (che riunisce collaboratori storici di Miyazaki e giovani talenti come il musicista Takatsugu Muramatsu) non sia quello di sfornare un capolavoro dirompente, una pellicola di rottura con la tradizionale ghibliana, piuttosto quello di confenzionare un buon film d'animazione, forse nel senso più tradizionale del termine.
Il chacter design é quello inconfondibile dello studio, l'animazione e le colorazioni sono buone senza raggiungere vette indimenticabili, così come la musica e la regia: tutto ha uno stampo classico, piuttosto tradizionale nel mondo dell'animazione. Non ci sono picchi e le scene memorabili non sono pervenute, ma é anche vero che il livello é piuttosto omogeneo, il che rende il film molto solido e naturale nel suo fruire.
Non siamo quindi di fronte a un punto di rottura, ma a ben vedere, in maniera rispettosa e quasi silente, un bel cambiamento c'é. Nell'ultima decade lo studio Ghibli non é mai stato esattamente convincente per gli adattamenti letterari e in alcuni casi (vedi i racconti di Terramare o il castello errante di Howl) ogni passo verso la libertà dalla fonte originaria é diventato un'equazione di caos narrativo.
Nel trovarsi ad adattare il classico inglese della letteratura per ragazzi di Joan G. Robinson, Hiromasa Yonebashi sceglie la strada dell'adattamento vicino all'originale, prendendosi come in passato l'unica libertà di trasferire la vicenda dal Regno Unito al Giappone e di tagliare quanto non sarebbe entrato in un film che non raggiunge le due ore di durata.
Il risultato é certamente un film convenzionale, ma che esalta al massimo la forza di un racconto tanto caro al maestro Miyazaki da inserirlo nella lista delle 50 letture da lui consigliate. Non é difficile intuire perché il libro sia tanto caro al regista: un coming of age al femminile, con una nota di mistero e folklore, e un nodo di dolore che pian piano si scioglie.
La protagonista, Anna, somiglia a tante eroine miyakazakiane ma é anche diversa, composta e trattenuta nella rabbia che la sua situazione di orfana che vive a casa di genitori adottivi le suscita. Anna si sente al di fuori del cerchio che le sembra racchiuda le persone felici e amate, un solco tangibile che la separa da tutto il resto.
L'ansia aggrava il suo asma, tanto che il medico consiglia di mandarla a respirare aria buona. Mentre soggiorna presso i parenti gioviali di campagna, Anna incontra Marnie, una misteriosa signorina che vive in un villa oltre un aquitrino. Fin da subito gli incontri tra le due assumono le fattezze di sogni o visioni, ma il legamente unisce le due é così profondo da diventare il punto di contatto reale intorno a cui si snoda una storia delicata e intensa.