Wifelike: recensione del film di fantascienza di Netflix in cui gli androidi sostituiscono le donne
La società è arrivata ai minimi storici di natalità. Il problema? La volontà delle donne di dire la loro nelle relazioni. Ecco quindi che la tecnologia arriva a sostituire con sexy androidi sempre pronte a esaudire ogni desiderio maschile…
In un mondo fatto dagli uomini per gli uomini, la società WifeLike produce androidi dotate di intelligenza artificiale pronte per diventare mogli perfette. Almeno secondo l’idea che gli uomini hanno di una moglie perfetta.
Quando il detective William Bradwell (Jonathan Rhys-Meyers, I Tudor) perde l’amata moglie Meredith (Elena Kampouris, Jupiter’s Legacy), la società lo premia con una perfetta replica della donna. Il detective è infatti un cacciatore di companion (compagne nella versione italiana), come vengono chiamate le androidi che sostituiscono le donne in carne ossa.
Un’organizzazione che la WifeLike considera terroristica vuole liberare gli androidi, che hanno dimostrato di poter raggiungere il grado di autocoscienza. Ma le cose non sono assolutamente come sembrano…
La trama di Wifelike
L'umana artificiale Meredith viene assegnata come compagna al vedovo in lutto William, e viene progettata per comportarsi esattamente come la sua defunta moglie. O così parrebbe: in realtà, diventa la donna perfetta. Almeno secondo un ideale maschile. Le compagne sono molto diffuse: tutti gli uomini che possono pagare una cifra astronomica per comprarne una lo fanno, quasi sempre dopo essersi lasciati un matrimonio fallito - con una donna in carne e ossa - alle spalle. Ma la WifeLike, società tecnologica di ultima generazione in grado di produrre le compagne perfette, è invisa a una larga parte della società: quella formata dalle donne vere che ovviamente non vogliono essere sostituite da dei robot. Un'organizzazione contro l'intelligenza artificiale, chiamata S.C.A.I.R., tenta infatti di sabotare il programma delle compagne e, nello specifico, di sabotare la programmazione di Meredith. William è infatti un cacciatore di compagne, ovvero un detective che si occupa di rintracciare e recuperare ogni androide rubato in città, tramite il dipartimento di polizia.
La recensione di WifeLike: le cose sono anche peggio di come sembrano
Questo film, a un primo sguardo, sembra la semplice messa in scena di un mondo in cui la tecnologia va a sostituire i rapporti umani. Una sorta di futuro non lontano in cui quel che resta delle interazioni sociali finisce nel mirino della più potente ditta tecnologica del momento.
Le androidi della WifeLike sono, di fatto, paragonabili a delle schiave sessuali. In tutto e per tutto. Le “mogli”, come vengono chiamate perché si tratta di una definizione certamente molto più rispettabile, sono sempre perfette, servizievoli, costantemente disponibili per tutti i desideri dei loro mariti. E man mano che vivono con loro, imparano. Migliorano la propria aderenza ai desideri del proprietario, che chiamano “marito” perché anche questo è un termine molto più conveniente.
Inutile dirlo: finiscono quasi tutte a cucinare in biancheria intima. Anzi, a vivere costantemente in biancheria intima e tacchi a spillo. Sembra la messa in scena del mondo più maschilista mai immaginato, ma è addirittura peggio.
Le cose sono, infatti, perfino peggiori rispetto a ciò che sembrano.
Un tema di scottante attualità
WifeLike parte da un’illusione tecnologica in un futuro molto prossimo per poi trasformarsi in una storia di violenza contro le donne. Le ossessioni degli uomini - che, viene detto esplicitamente “uccidono ciò che amano” - la mania del possesso, la decisione di cancellare l’identità e la dignità delle donne trasformandole in bambole gonfiabili ambulanti, capaci anche di cucinare e pulire la casa, trova la sua massima espressione in una conclusione che non è quella che ci saremmo aspettati.
Il passato di William e Meredith è decisamente diverso da quel che credevamo, anche perché quando si vedono per la prima volta succede perché Meredith bussa alla porta di William: la donna è un’attivista e gli chiede di firmare una petizione per la chiusura definitiva della WifeLike, ditta immorale che produce robot immorali.
Mentre esploriamo il mondo di WifeLike, iniziamo a capire che i conti non tornano. La pacatezza di William, sempre amorevole e delicato con l’androide che sostituisce e replica la perfezione la sua moglie defunta, non è l’uomo che sembra.
In un gioco di scatole cinesi, il film ci conduce alla scoperta di un mondo ancora più mostruoso del previsto. Mentre la natalità mondiale è ai minimi storici, le relazioni uomo-donna sono sempre più complicate da un unico fattore, quello che oggi è la causa della preoccupante ondata di femminicidi in Italia: le donne “pretendono” di dire la loro. Ebbene sì: osano addirittura ambire a scegliere se e quando iniziare o terminare una relazione, pensate un po’. E nella struttura nascosta di WifeLike, che avrebbe potuto approfondire meglio l’argomento, se ne parla esplicitamente. Perché il modo in cui il film fa sembrare il libero arbitrio femminile il solo e unico problema della società diventa tanto efficace quanto importante nella riflessione sulla violenza contro le donne.
Se si fosse posto maggiormente - magari prima - l’accento sulla vera natura del rapporto fra William e Meredith, il film avrebbe certamente goduto di un maggior favore da parte del pubblico. Meno calze a rete, meno sogni degli androidi e più messaggi concreti: questa sarebbe stata la formula perfetta per trasformare un film che il pubblico non ha capito appieno, e non certo per colpa sua, in una storia molto più efficace.
Peccato. Rimane comunque una visione interessante, a patto di saper andare al di là delle apparenze.