Zuckerberg – Il re del Metaverso, recensione: 20 anni di Facebook in 90 minuti
Ascesa e caduta del primo miliardario tech dell’era dei social: Zuckerberg – Il re del Metaverso è un documentario che riassume i primi 20 anni di un’idea che ha cambiato il mondo, probabilmente non in meglio.
Potremmo tornare indietro a una società pre-social, in cui non siamo interconnessi gli uni agli altri via Internet, tramite i social network e i sistemi di messaggistica? La risposta data sul finale di Zuckerberg – Il re del Metaverso è che no. Probabilmente, ad appena qualche decennio dalla nascita dei primi esempi di questi siti e applicazioni, stiamo vivendo un processo irreversibile rispetto all'interconnessione virtuale delle persone a livello globale. Con tutte le ricadute che ciò comporta.
Un processo di connessione degli individui tramite Internet che proprio 20 anni fa ha avuto la sua maggiore spinta propulsiva grazie a Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, ancor oggi re o dittatore assoluto all’interno dei confini della sua azienda, rinominata qualche anno fa Meta. Nel suo giardino ci sono Facebook e le controllate Instagram e What’sApp. Ciò significa che il 49% dell’umanità utilizza almeno uno dei suoi servizi ogni giorno per comunicare con il resto del mondo.
Il documentario di Nick Green - disponibile in esclusiva su Sky e NOW a partire dal 3 febbraio 2024 - non è il primo tentativo di raccontare storia e specificità di uno dei grandi magnati della Silicon Valley e dei giganti del settore tech. Parlando di Mark Zuckerberg, a livello popolare il più incisivo e famoso racconto mai fatto rimane The Social Network, il film di David Fincher del 2010. Un film che ha segnato un decennio e che racconta, in maniera molto romanzata, sia la biografia di Zuckerberg sia l’arroganza e la sconsideratezza di un modello di pensiero proprio di tutta una serie di giovani inventori e imprenditori che hanno cambiato Internet, le comunicazioni e il mondo per sempre.
Gallery
Zuckerberg – Il re del Metaverso è il bignami della storia di Facebook
Zuckerberg – Il re del Metaverso non è un biopic, bensì un documentario dall’approccio più che classico, che si configura come un agevole bignami dei primi 20 anni del “re del Metaverso”. Il racconto procede in ordine cronologico, con la classica alternanza tra filmati video dell’epoca e testimonianze d’intervistati che hanno seguito l’ascesa e le crisi di re Zuckerberg durante i primi 20 anni di regno: giornalisti, ex colleghi e dipendenti, biografici, attivisti.
Il documentario prende il via dagli anni di Harvard e dall’esperimento Facemesch, precursore di Facebook a livello del campus universitario dove Mark cercava un modo per distinguersi. Qui viene postulata una delle grandi verità in cui crede il doc, che punta a gettare alcune ombre su Zuckerberg: il motto del giovane Zuckerberg, da sempre allergico alle regole e ai limiti, è “prima fai, poi chiedi scusa”.
Zuckerberg – Il re del Metaverso dà meno spazio di altri simili documentari precedenti all’ascesa di Facebook, per concentrarsi sulle situazioni in cui Zuckerberg ha dovuto chiedere scusa. La tesi portata avanti dal documentario, abbastanza semplice e diretta, è che le zone d’ombra dell’universo Meta siano legate allo strapotere di Zuckerberg all’interno della sua stessa azienda e a come la controparte legislativa e statale sia stata incapace di porre per tempo regolamentazioni e limiti. Il documentario fa il punto sulla mancanza di leggi per porre un argine alla capacità di Facebook e concorrenti di utilizzare i dati forniti dai propri utenti come strumento di persuasione, controllo e risorsa di utili stellari.
Dal primo miliardo di utenti alle primavere arabe passando per l’elezione di Barack Obama Il re del Metaverso esplora i primi anni luminosi di Facebook, sottlineando come all'epoca venisse visto come qualcosa di "figo", uno strumento di democrazia e progresso. Ben presto però si passa agli avvenimenti più recenti, che rivelano il lato oscuro di Facebook: i disordini in Myanmar, l’elezione di Trump e la Brexit, le accuse dell’ex dipendente. Si arriva fino alla celebre audizione dell'ex dipendente Frances Haugen al Congresso.
Zuckerberg sapeva, sì, ma quanto?
Il documentario prova a fare il punto su quanto Facebook sapesse sulla propria capacità di diffondere fake news, orientare i risultati politici di elezioni, spingere contenuti estremi e lesivi per i propri utenti, specie i più giovani. Data la recente produzione, Green può analizzare il capitolo relativo allo scandalo Cambridge Analytica e all’assalto del congresso americano il 6 gennaio 2021 da parte di frange di violenti che parlavano di "brogli elettorali" sobillati da Donald Trump proprio via Facebook.
La decisione a monte è però di dare un’infarinatura generale su tutte queste notizioni ed avvenimenti, fino a tracciare un profilo del protagonista della storia, Mark Zuckerberg, moderatamente negativo. Impossibile nel 2024 portare avanti un documentario argomentato e obiettivo senza muovere delle critiche al fondatore e presidente di Meta. A essere cambiato, dai tempi di Fincher e dei primi documentari su Zuckerberg, è proprio il sentimento collettivo verso Facebook e il suo fondatore.
La tesi di questo doc è che Zuckerberg sia un liberalitario e liberista estremo, mal consigliato e condizionato dal suo primo investitore Peter Thiel. In questa cornice il fondatore di Meta avrebbe sì dato a Trump gli strumenti per vincere un’elezione in maniera non del tutto legale, sfruttando un potere legato al proprio algoritmo proprietario allora ignoto al grande pubblico. L'avrebbe però fatto, questa la tesi di Green e dei suoi intervistati, per mero profitto e con un certo scetticismo rispetto alle sue possibilità di vittoria del ex tycoon. In questa cornice Mark è un’affarista e un liberista che non vuole limiti alla libertà d’espressione sul suo sito, anche se questo significa non porre freni a gruppi Facebook che fanno reclutamento di terroristi.
Sembra una posizione dura ma non lo è. Non alla luce di quanto emerso negli anni da inchieste giornalistiche e da altri documentari simili, più circostanziati e specifici, in cui la consapevolezza di Zuckerberg circa la potenza di fuoco del suo algoritmo e la sua volontà di favorire specifiche parti politiche emergono con più forza e sono più definite.
Zuckerberg – Il re del Metaverso è inoltre sin troppo Meta-centrico. Sin dal suo avvio manca un confronto con imprenditori e social paragonabili, per raccontare le specificità di Zuckerberg rispetto alla generazione precedente di miliardari tech (quella di Steve Jobs, Jeff Bezos e Bill Gates, per intenderci) e ai suoi diretti concorrenti e successori, vedi Elon Musk. Manca inoltre una riflessione su come il pubblico di Facebook e Instagram siano cambiati, così come la loro percezione di "social network da 'vecchi' ", senza dimenticare il contraccolpo rappresentato dall’ascesa di piattaforme come TikTok.
Durata: 90'
Nazione: Stati Uniti
Voto
Redazione
Zuckerberg – Il re del Metaverso
Lo scopo di Zuckerberg – Il re del Metaverso non è quello di essere il documentario definitivo su Facebook e sul suo fondatore, né quello di far emergere un quadro inedito o realtà scottanti sulla sua storia. La sua forza sta invece nel riassumere in soli 90 minuti 20 anni di storia tecnologica dell’umanità. Con uno stile che ricorda molto quello dei bigini di una volta: informazioni essenziali, schematiche, dritte al punto e senza un eccessivo approfondimento. Per chi si mantiene costantemente aggiornato sulle tematiche tech rischia di essere una visione ridondante, ma per chi vuole riordinare idee e notizie frammentarie acquisite nel corso del tempo, può risultare comunque una visione illuminante, ancorché non troppo memorabile.