Capitan America: Cold War, una Guerra Fredda che mette a nudo ben "tre" Cap!

Le battaglie di Capitan America non si combattono mai solo sul campo di battaglia. Al contrario, sono spesso scontri ideologici, tradimenti mascherati da missioni di salvezza, spesso accompagnati dall’apparente impossibilità di scegliere tra la giustizia e il dovere.
La miniserie Cold War non fa eccezione: è il punto d’incontro tra due visioni opposte dell’America, tra il simbolo classico, incarnato da Steve Rogers, e il nuovo sguardo rappresentato da Sam Wilson. Ma questa volta, dietro le quinte, si muove un nemico più subdolo e imprevedibile.
Bucky Barnes, l’alleato di sempre, ha fatto una mossa inaspettata: ha infatti stretto un accordo con il Lupo Bianco (Hunter, fratello adottivo di T’Challa, cresciuto in Wakanda e leader di un’organizzazione segreta) e ha trasformato la battaglia per il futuro di Capitan America in una guerra senza regole.
Non si tratta più di semplici divergenze tattiche o filosofiche, ma di una frattura profonda, che coinvolge il passato e il futuro della leggenda di Capitan America. Il rapimento di Ian Rogers, la riapertura di un portale verso la Dimensione Z (una realtà distorta creata da Arnim Zola, dove Steve Rogers fu esiliato e dove crebbe Ian come suo figlio), e un esercito pronto a scatenare il caos non sono solo minacce dirette, ma colpiscono il cuore stesso dell’identità di Steve Rogers.
Ma Cold War non è solo una storia di spie e cospirazioni. È un momento cruciale per le due testate di Cap (separate nella pubblicazione americana tra Symbol of Truth e Sentinel of Liberty, ma raccolte in Italia sotto la serie regolare di Capitan America edita da Panini Comics), un punto di svolta che segna la fine di un’epoca e l’inizio di qualcosa di nuovo.
Una guerra fredda solo di nome, perché le sue conseguenze bruceranno a lungo.
Cap vs Cap, si può vincere una guerra rinunciando ai propri ideali?
La frattura tra Steve Rogers e Bucky Barnes non è più solo una questione di amicizia infranta: è diventata una guerra che mette in discussione tutto ciò che Capitan America rappresenta. Dopo anni trascorsi a combattere per la giustizia, il Soldato d’Inverno ha deciso di infiltrarsi nel Circolo Esterno (un’organizzazione segreta che manipola gli equilibri di potere globali), credendo di poterlo distruggere dall’interno. Ma per farlo ha dovuto spingersi oltre il limite, accettando compromessi che lo hanno portato a tradire Steve e i suoi ideali. Il suo primo atto è un affronto diretto: rapire Ian Rogers, figlio adottivo di Cap.
Di fronte a questo tradimento, Steve e Sam si ritrovano a percorrere due strade opposte, divisi non solo dagli eventi, ma anche dal modo in cui scelgono di affrontarli. Steve, scosso dalla rabbia e dal senso di colpa, è deciso a fermare Bucky a ogni costo, lasciandosi trascinare da un desiderio di giustizia che rischia di diventare vendetta. Per lui, non sembrano esserci compromessi: chiunque scelga di stringere alleanze con criminali o con organizzazioni corrotte non può più essere considerato un alleato.

Sam Wilson, invece, affronta la situazione con un approccio più strategico. Per lui, la missione viene prima di tutto, e l’obiettivo non è solo fermare Bucky, ma anche capire quali siano le sue vere intenzioni. Questo scontro di visioni diventa il punto di rottura tra i due: Steve è pronto a combattere per difendere i suoi principi, Sam vuole evitare che la battaglia si trasformi in una guerra senza ritorno.
Nel frattempo, mentre le tensioni tra i due Capitan America crescono, la minaccia si fa più concreta. Un esercito ibrido, formato da mercenari umani e mostri della Dimensione Z, ha preso il controllo di un avamposto strategico in Alaska. Dietro questa mossa c’è sempre Bucky, ma il suo ruolo è cambiato: non è più un semplice giocatore in questa guerra, è colui che la sta orchestrando. Non è più l’uomo costretto a eseguire gli ordini di altri, ma colui che muove i pezzi sulla scacchiera, pronto a sacrificare tutto per raggiungere il suo obiettivo.
Ma la domanda a questo punto sorge spontanea: Bucky sta davvero cercando di abbattere il Circolo Esterno, o ha ormai oltrepassato il punto di non ritorno?
L’eredità dello Scudo: ideali infranti e alleanze precarie
Se c’è una costante nella storia di Capitan America, è che lo scudo non è mai solo un’arma. È un simbolo, un peso da portare, una responsabilità che cambia in base a chi lo brandisce (vi ricordate che ne abbiamo parlato anche qui?).
Cold War gioca proprio su questa idea, mettendo a confronto due generazioni di Cap (anzi, se vogliamo pure tre) spingendole ai limiti. Steve e Sam hanno combattuto insieme per anni, ma in questo momento storico sembrano due figure inconciliabili: il primo è il simbolo di un’America che lotta per mantenere saldi i propri valori, il secondo è la voce di un’America che sa di dover evolvere per sopravvivere.
Ed è qui che la miniserie colpisce nel segno. Perché, al di là della spettacolarità delle battaglie, c’è una domanda di fondo che riecheggia in ogni scontro: può esistere un Capitan America che non sia legato all’idea di un singolo uomo? Sam Wilson ha provato a dimostrare che il titolo può essere qualcosa di più grande della sola figura di Steve Rogers, ma la realtà è che l’ombra di quest’ultimo è ancora troppo ingombrante. Il suo stile di leadership è diverso, il suo modo di affrontare i nemici è meno impulsivo, ma l’America ha davvero accettato Sam come il suo nuovo Cap?

Questa tensione si riflette nel loro rapporto. Steve ha sempre visto Sam come un alleato, ma forse non come un vero successore. E Sam, dal canto suo, è stanco di dover dimostrare di essere all’altezza. Lo scontro tra i due non è solo una divergenza tattica, ma il sintomo di una ferita più profonda: Sam non vuole essere il “secondo" Capitan America, vuole ESSERE Capitan America.
Nel frattempo, Bucky continua la sua lenta e dolorosa metamorfosi. È il personaggio più imprevedibile della saga, colui che sfugge alle etichette di eroe e villain. Dopo aver passato una vita a fuggire dalla propria natura di assassino, si è convinto che l’unico modo per liberarsi dal passato sia sporcarsi le mani un’ultima volta. Ma questa giustificazione è sincera, o è solo una scusa per rendere accettabili tutte le azioni che lo allontanano sempre di più dall’uomo che Steve ha cercato di salvare?
Anche qui, Cold War trova il suo punto di forza: non ci sono risposte semplici, né eroi perfetti. Ognuno di loro sta combattendo per ciò che ritiene giusto, ma nessuno è esente da errori. E nel mezzo di tutto questo, il mondo continua a guardare, chiedendosi chi, alla fine, resterà in piedi con lo scudo tra le mani.
Gli autori dietro questa Cold War
Dietro le pagine di Cold War troviamo Collin Kelly, Jackson Lanzing e Tochi Onyebuchi, tre sceneggiatori che hanno saputo dare una nuova dimensione ai protagonisti della saga. Kelly e Lanzing hanno lavorato per ridefinire Steve Rogers, mettendolo di fronte a un conflitto più intimo e personale, mentre Onyebuchi ha plasmato la figura di Sam Wilson, evidenziandone il lato più strategico e pragmatico.
L’approccio alla scrittura è interessante perché non si limita a riproporre il classico dualismo tra i due Capitan America, ma cerca di scavare più a fondo nelle loro differenze. Steve Rogers è dipinto come un uomo che fatica ad accettare il cambiamento, ancora legato a una visione idealizzata della giustizia e della lealtà. Sam Wilson, invece, non può permettersi il lusso di vedere il mondo in termini assoluti: per lui, la giustizia non è solo un principio astratto, ma qualcosa che va negoziato e riformulato a seconda delle circostanze.
Questa sfumatura è importante perché mostra come Sam Wilson sia diventato un Capitan America diverso da Steve, senza però tradire l’essenza del personaggio. Una caratterizzazione che si riflette anche nel cinema, dove Anthony Mackie ha ripreso il ruolo di Cap in Captain America: Brave New World. Il film da un lato sembra affrontare lo stesso dilemma: può esistere un Capitan America che non sia Steve Rogers? E, soprattutto, Sam sarà accettato come supereroe dall’America che rappresenta?.
Se nei fumetti questa transizione è stata complessa, nel Marvel Cinematic Universe la sfida sembra ancora più grande, con un pubblico abituato da oltre un decennio all’immagine iconica di Chris Evans nel ruolo dello scudo vivente.
Anche sul lato artistico, la miniserie è ben curata. Carlos Magno, con il suo tratto dettagliato e imponente, riesce a dare grande impatto visivo agli scontri, specialmente quelli ambientati tra le nevi dell’Alaska. Le tavole di R.B. Silva, invece, enfatizzano l’azione con un dinamismo che esalta ogni combattimento. Ma sono forse i momenti più intimi quelli che lasciano il segno, in particolare alcune tavole che mettono in evidenza il rapporto genitoriale tra Steve Rogers e Ian "Nomad" Rogers.

I disegni riescono a trasmettere la complessità del legame tra i due, mostrando non solo la determinazione di Steve nel proteggerlo, ma anche il peso emotivo di un uomo che ha già perso troppo e non vuole perdere di nuovo suo "figlio". È in queste scene che il lato umano del personaggio emerge con più forza, ricordando ai lettori che dietro il costume e lo scudo c'è sempre un uomo che lotta per qualcosa di più grande di sé.
La miniserie, quindi, non è solo un crossover ben orchestrato, ma anche una riflessione sul ruolo di Capitan America nel mondo di oggi. Una guerra fredda che non si combatte solo con i pugni, ma anche con idee e convinzioni che si scontrano pagina dopo pagina.