Dolmen: Il soulslike che parla brasiliano

Nello spazio profondo si impreca contro l’ennesima morte

Non ci crederete, ma il nuovo souls like appena approdato sul mercato arriva dal Brasile, terra non proprio famosa per la produzione videoludica, ma colma di appassionati. Alla sua prima esperienza di sviluppo, il team Massive Work, ha voluto misurarsi con uno dei generi più amati degli ultimi anni e che ormai stiamo giocando in ogni salsa. Nato come progetto indipendente, Dolmen ha saputo attirare l’attenzione arrivando a conquistarsi un posto nella scuderia di Prime Matter, etichetta appartenente a Koch Media. Che i Massive siano appassionati videogiocatori lo si capisce sin dalle prime immagini della loro creatura che, in maniera estremamente evidente, prende a piene mani dall'immaginario più oscuro della fantascienza videoludica ed è chiaro il rimando alla saga di Dead Space, ma sebbene non manchino i rimandi horror, il gameplay è appunto figlio del filone nato grazie a Demon’s Souls.

Dolmen: Il soulslike che parla brasiliano

Siamo in un futuro molto oscuro e ci hanno chiamati a scoprire cosa sta accadendo sul pianeta Revion Prime, fulcro delle ricerche dedicate al Dolmen, un minerale di recente scoperta che sembra permettere la comunicazione con una razza aliena estremamente avanzata, ma pare che qualche cosa non sia andata per il migliore dei modi. Ed eccoci qui, in un ambiente che definire ostile è un eufemismo, alla ricerca di risposte e di riuscire a riportare la pellaccia a casa… e come al solito, grazie di cuore a chi ha deciso di inviare in una missione così complicata una sola persona!

Insomma, fissiamo due punti: stile alla Dead Space e giocabilità come i souls tradizionali di Miyazaki. Prendete questi due dogmi, portateli in un impianto non propriamente “tripla A” e avrete Dolmen. Il team di sviluppo non si è fatto alcun problema ad attingere a piene mani da entrambe le fonti. Se l’atmosfera e le ambientazioni ricordano davvero tanto il capolavoro di Visceral Games (soprattutto la primissima tuta spaziale), il gameplay fa davvero poco per scostarsi dai souls. I livelli sono disseminati di nemici e anche quelli più basilari potrebbero rivelarsi estremamente pericolosi, con il risultato che non potremo mai rilassarci o rischieremo la morte.

Dolmen: Il soulslike che parla brasiliano

Come è ovvio che sia, morire fa parte del gioco e ogni decesso non rappresenta una fine, ma un nuovo punto di inizio per mettere in pratica l’esperienza fatta anche perché, in stile con il genere, morire significa ricominciare ma vedere resettato tutto il mondo intorno a noi, con relativa rinascita degli avversari. Sono presenti dei punti di salvataggio, i cosiddetti radiofari che permetteranno di ricaricare l’energia e salvare, ma sempre resuscitando ogni nemico. L’energia, appunto, è un elemento centrale del gioco. Avremo a disposizione tre barre da tenere sotto controllo, una dedicata ai punti vita, uno al vigore e una all’energia. La prima è rossa e indica quanti colpi possiamo ancora subire, la seconda è verde e, per quanto si ricarichi in automatico, sancisce quante azioni possiamo compiere tra corsa, schivate, attacchi all’arma bianca e via dicendo: meglio non ritrovarsi senza azioni da compiere durante un combattimento. 

La terza è quella più innovativa e rappresenta, appunto, l'energia vera e propria. Potremo utilizzarla in vario modo sia in maniera definitivo che temporanea (ricaricabile). Ad esempio, sparare ad un nemico porterà a un consumo temporaneo, mentre utilizzarla per ricaricare la propria scorta di punti vita la diminuirà in modo definitivo. Ovvio che sarà importantissimo imparare a gestire questo counter anche perché, una volta esaurito, l’unico modo per ripristinarlo sono delle fiale che avremo nell'equipaggiamento e che il gioco fornisce in numero esiguo.

Diventa di primaria importanza gestire l’energia disponibile, le fiale rimaste, le azioni da compiere e via dicendo. Una interessante variazione sul tema che, a ben vedere, rappresenta l’unica unicità di Dolmen. Il resto, a ben vedere, rimane ancorato a quanto già visto negli altri souls, con l’aggiunta di usare i pezzi di minerale Dolmen per far rivivere i boss già sconfitti e batterli di nuovo così da guadagnare oggetti e esperienza. Sono disponibili diversi setting di combattimento che vengono incontro allo stile di ogni giocatore, a ricreare le classi dei souls canonici.

Su Revion Prime ci si diverte da… morire!

Si avanza in ambienti più o meno elaborati, con la tendenza a semplificarsi con il proseguimento del gioco, e ovviamente ci si deve scontrare con avversari più o meno potenti, presenti in grande quantità e con una discreta varietà. Le meccaniche di combattimento non sono certo innovative, ma risultano solide e funzionali, fermo restando che tutto si basa su una difficoltà di fondo elevata, ma non al pari dei souls più impegnativi. Serve tanta dedizione e in svariate situazioni si finisce per imprecare davanti all’ennesima morte, ma con il giusto impegno si riesce ad avanzare nella storia, avendo ragione anche dei boss che alternano difficoltà alte ad altre più fattibili.

Dolmen: Il soulslike che parla brasiliano

Il personaggio principale risulta un po’ legnoso, ma dopo qualche ora di rodaggio si iniziano a assimilare le meccaniche di gioco e tutto scorre più tranquillo, tra tanti combattimenti e la ricerca della verità, che passa attraverso l’attivazione di specifici terminali che ci daranno, una poco alla volta, indizi su quanto accaduto su Revion Prime. C’è anche una componente di crafting e la possibilità di evolvere le nostre capacità, ma in questo caso gli sviluppatori hanno messo in campo meccaniche un po’ scomode, quantomeno giocando su console, con la navigazione tramite la croce direzionale che poteva decisamente essere migliore. Ad ogni modo conviene perdere un po’ di tempo per studiare gli effetti elementali delle armi e cercare il modo migliore per affrontare ogni nemico sfruttandone le debolezze.

Anche il comparto grafico non eccelle, a partire dal design poco ispirato sino ad arrivare a una resa visiva che ricorda più gli albori di PlayStation 4 piuttosto che gli attuali standard, ma va detto che tutto scorre senza particolari problemi e abbiamo incrociato bel pochi bug o glitch, segno che i Massive Work hanno limato a dovere la propria creatura, anche se si sono mantenuti su standard grafici un po’ arretrati, con le ombre a essere quasi assenti. Possiamo scegliere se giocare in modalità “prestazioni”, abbassando il dettaglio e aumentando il frame rate o se preferiamo rinunciare alla fluidità per avere qualche chicca in più. Dolmen, tra l’altro, presenta tutti i testi in italiano e per quanto non sia un titolo che punta sulla narrazione, è sempre un piacere trovare la nostra lingua tra quelle selezionabili.

Facciamo un plauso al sonoro, con musiche e effetti che concorrono a ricreare l’atmosfera horror, regalandoci qualche passaggio colmo di tensione. Quindi, tra una morte e l’altra, Dolmen si rivela un titolo assolutamente non innovativo, ma non per questo da accantonare. Ci sono diversi motivi per cui chi ama i souls like dovrebbe dare un'occasione a questo titolo, principalmente perché ha un sistema di meccaniche discretamente rodato e che permette ore e ore di divertimento. Inoltre, visto che la difficoltà è alta ma non estrema, potrebbe essere un buon punto di inizio per chi si vuole avvicinare al genere, fermo restando che non mancano le situazioni in cui ci si farà del gran nervoso, ma sempre secondo le regole del gioco. Insomma, anche se ci sono diversi difetti e nulla brilla in modo assoluto, un giretto su Revion Prime potrebbe fare al caso vostro, soprattutto se avete già spolpato di “souls” principali e siete alla ricerca di una esperienza simile. 

Dolmen

Versione Testata: Xbox Series X

7

Voto

Redazione

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Dolmen

Dolmen è un più che degno souls like, il cui punto di forza è la solidità delle proprie meccaniche. Massive Work ha lavorato bene, puntando più alla rifinitura del prodotto piuttosto che alla ricerca di features esagerate. L'innovazione è praticamente nulla e il titolo nasce e si evolve su binari chiaramente ispirati da altri giochi, ma resta il fatto che riesca a farlo bene. Design non brilla, il comparto tecnico ricorda l'inizio della precedente generazione, i menù di gestione sono un po' farraginosi, ma una volta preso il ritmo ci si può godere un buon souls like con meccaniche di combattimento gradevoli e un sonoro di qualità. Per gli amanti del genere alla ricerca di nuove avventure sulla storia falsariga ispirata ai lavori di Miyazaki.

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