Recensione Iron Harvest
Jakub Różalski sta a Iron Harvest come Simon Stålenhag a Tales from the loop. Come nel caso dell’artista svedese, infatti, capace con i suoi quadri visionari che mescolano paesaggi rurali e decadente tecnologia futuristica, di ispirare prima un gioco di ruolo da tavolo e poi addirittura una serie tv programmata su Netflix (tenete pronto il Prozac, o voi che osate… guardarla), l’immaginazione dell’illustratore polacco ha generato frutti inattesi. Le sue tavole che inseriscono nelle vedute agricole centroeuropee inquietanti presenze ucroniche dieselpunk, come camminatori corazzati, aeronavi e soldati in bizzarre armature, sono infatti l’idea dalla quale hanno preso forma prima il fortunato gioco da tavolo Scythe e poi, al termine di una lunga e fortunata campagna kickstarter, uno degli RTS più promettenti del decennio. Iron Harvest, appunto.
Il titolo del videogioco, targato King Art games e in uscita su PC, PS4 e Xbox One il 1 settembre 2020, trova spunto nel tradizionale e letale “raccolto di ferro”, ottenuta dai contadini belgi ancora ai nostri giorni, dopo più di un secolo, quando l’aratura dei campi che furono teatro delle più intense battaglie della Grande Guerra, in Belgio porta alla luce proiettili e bombe rimaste inesplose, che vengono diligentemente accumulate al confine dei fondi agricoli, a disposizione dei genieri militari, per essere recuperate e fatte brillare in sicurezza in appositi poligoni.
Il mondo ucronico immaginato da Rozalski, nemmeno a farlo apposta, si colloca nel 1920, al tempo della guerra russo-polacca, e inserisce in un contesto iconografico realistico elementi per l’epoca fantascientifici, come armature potenziate, camminatori blindati e mostruosi ibridi di carri armati e robot, irti di obici e mitragliatrici, immaginando, all’indomani della conclusione della Grande Guerra, un’evoluzione tecnologica dei mezzi corazzati alternativa ai cingoli e alle ruote con gommatura fuoristrada che dominarono invece nella storia reale.
Dopo il successo di Scythe, gioco da tavolo capace di mischiare con abilità le caratteristiche tipiche della scuola tedesca (astrazione, ridotta incidenza del caso, gestione risorse) con aspetto, materiali e coinvolgimento di qualità “americana”, seguito da riuscite espansioni che hanno portato a ben nove le fazioni giocabili, la tentazione di trasportare i camminatori dieselpunk immaginati da Rozalski sulle mappe tridimensionali di un videogioco RTS era là, a portata di mano, troppo allettante per non essere afferrata al volo. Lo hanno fatto gli sviluppatori tedeschi della King Art Games, lanciando nel 2018 un fortunato kickstarter, conclusosi con il rilascio della versione Beta del titolo che abbiamo avuto occasione di provare.
Il progetto, molto ambizioso ma altrettanto promettente già all’attuale fase di sviluppo, si propone di creare un mondo coerente, il 1920+ immaginato dal pittore polacco, popolato da personaggi eroici e teatro di epiche battaglie, nel quale inserire, una volta rilasciato il gioco in versione definitiva, espansioni (alcune delle quali gratuite!), pacchetti supplementari e, se il titolo avrà il successo che merita, probabili seguiti o spin off (come lo vedreste un FPS, magari con elementi RPG, ambientato nello stesso contesto ucronico?). Per non parlare del gioco di ruolo da tavolo…
Siccome un buon giorno si vede dal mattino, di solito una delle cartine di tornasole migliori per giudicare un videogioco è nell’incipit, o tutorial che dir si voglia. Una volta scaricato e installato il software beta tramite Steam, quindi, mi sono affrettato a indossare stivali di cuoio e giaccone a tre quarti, ho calzato il mio casco da carrista e gli occhialoni e mi sono preparato a imparare sul campo come si conducesse in battaglia un’unità meccanizzata montata su tozze zampe in stile AT-TE (per i tre di voi che non conoscono a memoria le sigle dei camminatori dell’universo di Star Wars, sono quelli bassi e tozzi, a sei zampe, usati dall’esercito dei cloni nella battaglia di Geonosis).
Invece… mi sono ritrovato a imparare le tattiche base di movimento, attacco e approccio stealth nei panni di una ragazzina polacca di nome Anna Kos, impegnata dapprima a difendersi dai un trio di bulli fastidiosi con il solo aiuto del suo coraggio e di qualche palla di neve, e poi a imparare i rudimenti della caccia dal fratello maggiore, fino a quando… Ma qui mi fermo, per evitare di spoilerare scampoli di una storia che fareste bene a giocare, piuttosto che ad andare a rubacchiare in giro a colpi di video su YouTube.
Fare conoscenza in questo modo dei rudimenti (l’interfaccia punta e clicca è delle più classiche, come i menu alla base dello schermo: resta solo da chiedersi come tanta immediatezza potrà essere trasferita sui gamepad delle console) dei comandi di gioco rappresenta davvero una ventata di aria fresca, da un punto di vista narrativo e non solo, rispetto a mille missioni introduttive già viste e riviste in cui il soldatino base deve attraversare un anonimo prato per fare fuori la prima sentinella bot con una fucilata, la seconda lanciando una bomba a mano, poi imparare a raccogliere un’arma caduta al nemico, e poi…
Iron Harvest è davvero differente. Il team di sviluppo ci tiene, e si vede, a dare al gioco un’impronta distintiva, privilegiando la storia dei personaggi e l’uso intelligente delle tattiche all’azione forsennata e ai tank rush stile Command Conquer. Ecco allora che il tutorial si trasforma in una simpatica occasione per presentare subito la prima dei nove eroi che interpretano le tre campagne, una per ciascuna fazione, che costituiscono la spina dorsale del titolo. Nel gioco definitivo sarà possibile indossare, in qualsiasi ordine si preferisca, l’uniforme e gestire le unità (più di 40, tutte differenti tra loro e dotate di uno stile che caratterizza la rispettiva fazione) della repubblica di Polania (non è un refuso…), dell’impero Sassone, o della Rusviet, mentre nella beta quest’ultima fazione è ancora esclusa dalla rosa selezionabile. Oltre alle oltre 20 missioni delle campagne in singolo, sarà possibile disputare partite co-op, skirmish o combattere in multiplayer online in modalità competitiva.
Tutto in Iron Harvest contribuisce a immergersi in un’atmosfera epica e coinvolgente, in perfetta sintonia con lo stile dell’ambientazione. Dalla colonna sonora, che raggiunge livelli qualitativi che non sentivamo da troppo tempo ai nostri tavoli virtuali di RTS (ecco finalmente delle tracce che vi verrà voglia sentire anche in macchina, o a casa, e non solo sopportare a volume ridotto mentre giocate), al motore grafico, tirato a lucido per ricreare campi di battaglia memorabili, con paesaggi completamente interattivi e distruggibili, effetti ed esplosioni spettacolari, massima cura delle unità anche ad elevato livello di zoom e una gestione della camera molto attenta. Nella versione beta, va detto, abbiamo registrato un po’ di scattosità e qualche legnosità nello scorrimento dello schermo, colpa probabilmente di una macchina da test non più top di gamma, ed è facile aspettarsi che un gioco del genere non ci vada piano dal punto di vista dei requisiti hardware. Attendiamo comunque la versione commerciale per giudicare.
Il gameplay, ultimo ma non meno importante aspetto da valutare, si distingue rispetto ad altri concorrenti anche molto blasonati per una particolare attenzione all’aspetto tattico. Per vincere non basterà (non sempre almeno) accumulare olio e ferro nella propria base per poi costruire un esercito soverchiante e travolgere il nemico con il più scontato degli assalti di massa. Molte volte, al contrario, farete bene a fare i conti con quantità non infinite di risorse e di unità, tenendo presente che l’intelligenza artificiale del vostro avversario farà davvero del suo meglio per tenervi sotto pressione e impedirvi di rilassarvi.
Un uso accorto delle vostre truppe, delle postazioni fisse di artiglieria (che potrete conquistare e utilizzare), delle armi abbandonate sul campo dal nemico, con cui potrete rifornirvi, e dei poteri speciali delle vostre unità (ognuna ha i suoi, diversi!) sarà allora la vostra migliore chance di prevalere anche contro un nemico apparentemente più forte. Accerchiamenti, manovre a tenaglia e un utilizzo quasi obbligato della ricognizione e dell’avvicinamento stealth diventare spesso la carta vincente. Ma attenti alle contromosse nemiche rese possibili, ad esempio, dall’uso di proiettili d’artiglieria “illuminanti”, in grado di squarciare la fog of war di un’area presa di mira, svelando, a seconda che ne siate vittime o utilizzatori, i vostri piani segreti o quelli del vostro avversario. La pianificazione strategica e l’accortezza tattica la fanno davero da padrone, insomma, senza negare però ai più smanettoni l’ebbrezza frequente di battaglie all’ultimo fante, affollate di esplosioni, raffiche di mitraglia, salve di razzi dirompenti e vampe di lanciafiamme.
La longevità di un titolo simile, considerata anche la componente multigiocatore, si annuncia imponente. Considerato anche lo spazio che rimane da colmare tra le tre fazioni previste nel gioco base e le nove, espansioni incluse, presenti in Scythe, che speriamo siano protagoniste di qualche succoso DLC. Unico limite alla nascita di un vero e proprio mondo di gioco che potrebbe insidiare quote di mercato importanti a quello ormai storico, ma forse un po’ decotto, di Warhammer 40K, è come sempre la fantasia. E, in questo caso, abbiamo dalla nostra parte quella, fertilissima, di uno dei più visionari e interessanti illustratori polacchi contemporanei.