Little Nightmares 2: Critica senza voce
Little Nightmares fa parte di uno di quei franchise che, tolti alcuni espedienti di gameplay che appartengono a una categoria ben precisa, può dirti tutto o niente grazie alla potenza delle sue immagini.
La libera interpretazione di ciò che si vive nel gioco, coadiuvata dalla quasi totale mancanza di informazioni, di parole scritte o dette, rende l’esperienza in questo mondo distorto potente quanto unica nel suo genere.
Come già visto in passato nei panni della piccola Six, costretta suo malgrado a sopravvivere agli orrori delle Fauci, oggi l’incubo accoglie nella sua morsa il giovane Mono, personaggio che dovrà trovare una soluzione per fuggire dalla Città del Segnale, soggiogata dalla tetra figura dell’Uomo Smilzo.
Le somiglianze tra i lavori di Tarsier Studios fanno venire i brividi in termini di narrazione, se non altro perché il filo conduttore tra quest’ultimi continua a scavare nella possibile, quanto interpretabile, percezione degli incubi da parte dei bambini.
Il mondo degli adulti deve sembrare proprio terrificante agli occhi di chi, per ovvie ragioni, non è ancora in grado di comprendere appieno le diverse vicissitudini che ci accompagnano nel corso della vita, ed è forse con questo bagaglio che gli sviluppatori hanno cercato di costruire una storia libera dai soliti espedienti narrativi, dove l’introduzione, i nomi o le informazioni vengono centellinate o addirittura eliminate col fine di lasciare al giocatore la scelta di decidere cosa intuire dal racconto.
La maturazione di Tarsier Studios la si nota in diverse occasioni: Little Nightmares 2, intanto, più che una fuga da qualcosa sembra un viaggio della scoperta, una ricerca di risposte che Mono cerca di ottenere a tutti i costi, addirittura lottando qualora necessario, a differenza di una Six che in passato evitava gli incubi con la speranza di uscire viva dalle Fauci (tralasciando il plot twist finale).
Il termine maturazione non viene utilizzato a caso, se non altro perché l’esperienza vissuta nei panni di Mono ci è sembrata più dinamica e violenta, un susseguirsi di situazioni dove si è costretti addirittura a compiere gesti estremi pur di restare in vita.
Oltre alla parte iniziale, spoilerata dagli sviluppatori con la demo del gioco, anche più avanti Mono avrà bisogno di affidarsi a oggetti contundenti per sopravvivere, rivolgendoli persino verso quelli che sembrano ragazzini come lui, solo corrotti da qualcosa.
Le varie ambientazioni della Città del Segnale nascondono i soliti incubi, personaggi allegorici trasformati in una figura raccapricciante, sempre però in linea con dei tratti distintivi che vengono enfatizzati negativamente. Basti pensare alla Maestra, personaggio apparentemente normale ma che, una volta allertata, è provvista di un collo che sembra allungarsi a dismisura, come pronta a beccarti in flagrante quando meno te lo aspetti (un po’ come accadeva a scuola).
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A nostro avviso resta dunque importante valutare con attenzione l’ambientazione, piena zeppa di riferimenti a situazioni o cose vissute in minima parte da ognuno di noi, magari in quel periodo della nostra infanzia dove un’ombra poteva trasformarsi in un mostro pronto a dilaniarci nella notte. È pur vero che come nel primo Little Nightmares, anche questo sequel muove delle critiche senza voce contro la società di oggi, una società sempre più “oppressa” dalle tecnologie o, in questo caso, dalla televisione, al punto di perdere la concezione dello spazio e del tempo.
Chiaramente la visione di Tarsier vira su un eccesso ben definito, un discorso che riprende il peccato di gola delle Fauci per trasformarsi in qualcosa di più ampio e meno definito, proprio come la stessa città, che quindi può dare libero sfogo alle interpretazioni del singolo.
Sul gameplay Little Nightmares 2 inserisce un breve accenno di cooperativa, meglio identificabile dalla presenza di Six che ci accompagna in questo viaggio facendo il minimo indispensabile per aiutarci a superare i diversi ostacoli posizionati nei livelli di gioco.
Più interazione avrebbe sicuramente creato più gioco, ergo più longevità e magari enigmi più elaborati, ma bisogna ammettere che la breve durata del titolo, che si attesta a sette/otto ore per essere completato, serve proprio per lasciare quella sensazione di vuoto sul finale, che può trasformarsi in voglia di ricominciare col fine di trovare nuovi dettagli da accorpare all’interno di una discussione.
Peccato che il sistema di gioco ogni tanto risulti un po’ impreciso, soprattutto nelle fasi di combattimento, elemento che può far infiammare il giocatore durante lo svolgimento dell’avventura. Per fortuna alcuni checkpoint sono proprio limitrofi alle zone di fallimento, elemento che comunque rende l’espediente trial-and-error un pelino meno frustrante.
Il lato artistico si rivela, infine, come uno dei punti di forza più presenti di Little Nightmares 2. Esplorando la Città del Segnale si rimane estasiati anche dal posizionamento degli oggetti negli scenari, dal mondo decadente e distorto in cui si viene trasportati, asserviti a un racconto che rafforza il senso di ciclicità della vita.
D’altronde, purtroppo, non si può evadere dallo scorrere del tempo, ma si può soltanto sperare di non compiere le stesse scelte che hanno fatto altri prima di noi.
Versione Testata: PS4
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Redazione