Recensione Back 4 Blood: il ritorno dei morti viventi
Dobbiamo ammettere che durante il percorso di pubblicazione che ha accompagnato Back 4 Blood, a prescindere dalle buone intenzioni degli sviluppatori, le premesse non sembravano far delineare un panorama alquanto roseo per il titolo di Turtle Rock Studios. Non si tratta di mettere le mani avanti, ma piuttosto di una semplice constatazione dei fatti legata alla presenza ormai eccessiva dei non morti nella maggior parte dei medium di intrattenimento.
Non si fa in tempo a fare zapping tra un canale e l’altro per trovare almeno uno show avente come protagonisti i non morti più famosi del globo, accompagnati per l’occasione da tantissime “variabili” pensate per diversificare un minimo l’offerta, senza allontanarsi troppo dal seminato.
Con Back 4 Blood Turtle Rock Studios tenta quindi di salire sul palco degli shooter cooperativi a tema zombi, seguendo contestualmente il desiderio di sedersi nuovamente sul trono a distanza di tredici anni da Left 4 Dead, primo titolo capace di prendersi questo riconoscimento per poi tenerselo ben stretto nel corso degli anni.
NON CHIAMATELI SOLO ZOMBI
Il mondo immaginato in Back 4 Blood rispetta tutti i canoni delle apocalissi zombi più gettonate: ci troviamo difatti davanti a un mondo dilaniato dalla piaga della non morte, un mondo dove i sopravvissuti devono purtroppo lottare per restare in vita e non soccombere. Gli zombi di questo mondo vengono meglio identificati come Infestati, esseri che hanno contratto una malattia per colpa di un parassita che li ha riportati in vita dopo la morte, mutandone in qualche caso perfino la fisionomia e la forza.
Come ci insegnano le migliori guide sull’argomento, accompagnate da pellicole ben articolate, la miglior difesa è sempre l’attacco, motivo per cui un manipolo di sopravvissuti sembra prendere il proverbiale toro per le corna, passando al contrattacco e creando una compagnia di sterminatori pronti a uccidere qualunque essere non sia rimasto umano.
Dopo il classico tutorial introduttivo, creato ad hoc per farci ambientare e offrirci una prima infarinatura dei comandi necessari per affrontare il titolo, potremo finalmente prendere parte al gioco vero e proprio, affrontando per prima istanza la campagna suddivisa in quattro macro atti (sebbene l’ultimo sia solo una boss fight) a loro volta suddivisi in missioni a cui potremo prendere parte da soli oppure in cooperativa fino a quattro giocatori.
Grazie ai personaggi presenti, e selezionabili ogni volta all’inizio della missione, la campagna di Back 4 Blood diventa una buona occasione per assistere a un taglio narrativo ben strutturato, pensato insomma per divertire grazie ai toni piuttosto esuberanti. Sin dalla prima cutscene ci si accorge insomma che il titolo non vuole prendersi troppo sul serio sul fronte narrativo, inscenando perciò uno spettacolo lontano dal classico film a tema zombi eccessivamente serioso.
Da qui in avanti, missione dopo missione, emerge tutta la parte centrale relativa al gameplay, una formula che cerca di equilibrare bene un buono shooter cooperativo che deve cercare in tutti i modi di risultare avvincente, proprio in funzione di un mercato sempre più florido dedicato a questa particolare tipologia di nemici.
L’ultima opera di Turtle Rock Studios resta fedele al compianto Left 4 Dead, ne prende il cuore e l’anima per trasformarlo in un prodotto più variegato, cresciuto nel tempo e realizzato in modo e maniera da soddisfare una community altrettanto cambiata e cresciuta sotto diversi punti di vista. Ogni scenario è pensato per offrire il fianco a condizioni diversificate che trasformano il gioco al fine di renderlo più strategico, insomma pensato per creare partite avvincenti dove una buona comunicazione si rivela la migliore soluzione per ottenere una vittoria. Il level design degli scenari accompagna il discorso offrendo diversi punti di ingaggio, oltre che una serie di mini obiettivi da portare a termine nel corso di ogni missione.
Si parte da un rifugio, seguendo quello che può definirsi il proverbiale percorso da punto A al punto B, dove però troviamo piacevoli percorsi alternativi che premiano l’esplorazione, garantendo anche qualche risultato in termini di punti e carte sbloccabili raggiungendo la conclusione del livello. Chiaramente nel mentre dovremo far fronte a una copiosa serie di mostri disseminati l’ambientazione, pronta insomma ad approfittare di ogni nostra incertezza al fine di condurci alla tomba.
Il bestiario presente in Back 4 Blood è piuttosto diversificato e fa piacere notare, partita dopo partita, quando alcune delle particolarità degli infetti può davvero decretare la differenza tra una vittoria e una sconfitta, soprattutto durante l’arrivo di un’orda affrontata a difficoltà più elevata. Esistono infatti mostri capaci di esplodere creando delle nubi tossiche, letali se assunte a lungo, o altri capaci di balzare da un soffitto all’altro con una rapidità tale da mettere in pericolo il gruppo in pochi secondi di disattenzione.
Ecco perché diventa fondamentale scegliere bene il proprio alter ego, insieme alle carte giuste che compongono il card system creato per l’occasione.
SCEGLI IL TUO MAZZO!
All’interno del titolo di Turtle Rock Studios il card system funziona come una sorta di regolatore da applicare all’inizio di ogni missione: ad agire per prima è l’IA, che sceglierà delle particolari carte corruzione da applicare nel gioco per alterare la partita a favore degli infetti. Un po’ come visto nel sistema multigiocatore creato per il remake di Resident Evil 3, il sistema sceglie di inserire variabili extra all’interno della missione, così da rendere il nostro passaggio per l’ambientazione molto più complesso da affrontare.
Il numero di queste penalità aumenta in parallelo alla difficoltà di gioco scelta, motivo per cui il consiglio più spassionato resta sempre quello di completare la campagna alla difficoltà più facile, così da comprendere almeno in parte non solo il gameplay, ma anche e soprattutto le abilità che potranno utilizzare i personaggi.
Chiaramente anche i “buoni” avranno a disposizione un nutrito numero di carte da equipaggiare prima di ogni missione e fa davvero piacere notare, partita dopo partita, quanto gli sviluppatori abbiano tenuto conto delle molteplici possibilità selezionabili dai giocatori, così da creare una propria build ideale da accostare al personaggio più consono al nostro stile di gioco.
Partita dopo partita otterremo dei punti da utilizzare in un menu dedicato, consultabile in Fort Hope che è l’hub del gioco, così da portare avanti un sistema di progressione che si sposa benissimo sia con l’implementazione del personaggio, sia con la possibilità di sbloccare armi e potenziamenti da equipaggiare durante le missioni. Facendo attenzione alle diverse sinergie presenti, è possibile dar vita a delle vere e proprie macchine da guerra, efficaci sia in solitaria (in gioco con i BOT) ma anche in cooperativa.
Simpatica l’idea della modalità Sciame, una modalità che permette a due squadre di scendere in campo e darsi battaglia, senza però far sì che siano le bocche da fuoco a parlare tra loro: in pratica le due squadre scenderanno in campo nel ruolo di Infestati o Sterminatori e dovranno darsi battaglia cercando di sopravvivere più a lungo agli attacchi. A vincere sarà la squadra che riuscirà a ottenere un tempo migliore.
Non si tratterà certo di una modalità eccezionalmente divertente o particolare, ma comunque offre un discreto divertimento tutto sommato piacevole, anche se secondaria alla campagna. Tecnicamente il gioco è davvero un piccolo spettacolo per gli occhi, grazie a un’effettistica che si dimostra al passo coi tempi senza tentennare nemmeno per un secondo. Certo, nel nostro caso purtroppo abbiamo dovuto sopportare alcune problematiche piuttosto noiose, come qualche crash del gioco dovuto a errori di sistema legati alle impostazioni della nostra configurazione hardware.
Versione Testata: PC
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Redazione