Recensione Chernobylite: un survival tra le ombra radioattive di Chernobyl
Quella di Igor è una vicenda travagliata che tocca l'apice nell'aprile del 1986, quando il suo luogo di lavoro, la centrale di Chernobyl, diventa suo malgrado famosa per il terribile incidente nucleare che tutti noi ci ricordiamo. All'epoca Igor riuscì a scampare il pericolo, ma a scuotere la sua esistenza ci pensa un altro fatto, la scomparsa della fidanzata Tatyana che è avvenuta in circostanze misteriose nella notte dell'incidente. Nonostante ciò ha continuato a palesarsi nella mente del nostro protagonista a mezzo delle classiche allucinazioni e voci che nessun altro può percepire.
Dopo trent'anni decide così di tornare sul luogo del misfatto per tentare di scoprire ciò che resta da portare alla luce. Ed è appena scesi dal treno che lo ha portato nella zona boschiva circostante la centrale, dove il gioco manifesta la sua natura: nel tentativo di rincorrere una delle solite apparizioni nei meandri di una vegetazione resa lugubre dal passare del tempo, un'atmosfera resa così suggestiva da provocare nel giocatore brividi che corrono lungo la schiena, vedrete alla fine la sagoma di Tatyana trasformarsi in una più sinistra e inquietante presenza dalla quale dovrete sfuggire.
Un minerale misterioso
Le vicende evolveranno, tra ricordi del protagonista e wormholes generati dal misterioso quanto potente minerale da cui prende il nome il gioco, Chernobylite appunto, che Igor ha saputo addomesticare convogliandone la potenza a mezzo di uno strumento che consente di manipolare l'evoluzione del tempo, piuttosto che ripercorrere alcune fasi in caso di morte del protagonista (al costo della sottrazione di alcune risorse casuali), introducendo anche meccaniche di gioco non convenzionali.
Quella appena raccontata è l'inizio della trama di Chernobylite, un titolo capace di attingere dall'alone di mistero che da sempre aleggia nella zona circostante alla città (divenuta) fantasma di Prypjat per ricostruire una versione fantasiosa dei tragici fatti della primavera 1986, ricamando peraltro le vicende che vedono protagonisti dei personaggi apparentemente comuni.
Le vicende narrate, come accennato, si collocano nelle zone del disastro nucleare, includendo non solo ciò che rimane della centrale, ma anche le circostanti aree boschive, la vicina cittadina di Prypjat, il luna park e la struttura radar, tutti ricostruiti fedelmente sulla base della documentazione disponibile come documentari e studi fotografici, e tutto arricchito dal segno degli anni trascorsi in stato di totale abbandono e dall'aggiuntiva atmosfera dalle tonalità fredde che ben si sposa con la natura horror del gioco.
Va detto che l'area di gioco non è gestita mediante un'unica mappa, bensì tramite numerose piccole aree in cui si collocano i fatti richiamati dalle varie missioni o dalle fasi di esplorazione per la ricerca di risorse, scelta che se da un lato riduce la possibilità di perlustrare indisturbati in lungo e in largo il territorio, dall'altra limita al giocatore la possibilità di perdersi durante il compimento degli incarichi tipicamente richiesti.
Munizioni scarse
Il gioco è un horror che attinge da diversi generi per confezionare la struttura del gameplay, tra cui FPS, stealth e survival, in cui il bilancio tra i vari approcci è lasciato a discrezione del giocatore, anche se la perenne scarsezza di munizioni e la limitata dimestichezza di Igor con le armi da fuoco suggerisce di fatto di adottare un approccio il più possibile cauto, evitando di farsi vedere dai nemici. Ad incentivare ulteriormente un atteggiamento silenzioso e invisibile è la realizzazione delle fasi di combattimento con armi, che sicuramente mostra ampi margini di miglioramento
rispetto allo stato dell'arte oggi presente su console, e anche a causa della limitata AI delle due tipologie di nemici presenti nel gioco, ovvero i militari del NAR (anche loro a caccia del prezioso minerale) e le sinistre e inquietanti presenze di natura oscura, entrambi caratterizzati da pochi e prevedibili script di comportamento.
Survival prevalente
La parte principale del gioco la assume invece la componente survival che vi imporrà non solo di girovagare alla ricerca di risorse utili alla costruzione di oggetti e di mettere insieme ricette utili alla cura (ad esempio) dall'esposizione alle radiazioni, ma anche di sottrarre truffaldinamente oggetti ai militari, oltre all'assegnazione di incarichi da portare a termine o da rifilare ai compagni di team che sono catalogati come urgenti (se collegati allo sviluppo della trama), oppure quest secondarie da completare entro un certo periodo di tempo per l'accumulo risorse.
Ma il baricentro del gameplay si rivelerà il rifugio, vero e proprio hub del gioco, il quale può diventare l'espressione del vostro concetto di ordine in quanto lo potrete ristrutturare a vostro gradimento per renderlo più pratico nella realizzazione degli oggetti e attrezzi, ma anche più confortevole per rendere i periodi di riposo più efficaci nel recuperare le energie vitali.
All'interno del rifugio dovrete inoltre decidere su come razionare cibo e medicinali tra il vostro personaggio e i compagni, nell'intento di mantenerne elevato lo stato di salute e il morale, fondamentali per non incappare in pericolosi episodi di ammutinamento. Peccato per la mancata autonomia dei NPC a cui dovrete letteralmente fare da badanti, appesantendo un tantino la meccanica gestionale.
Atmosfera d'autore
Dal rifugio vi potrete organizzare all'inizio di ogni missione, assoldando uno o più compagni NPC che vi seguiranno e vi supporteranno nell'attività, ciascuno dei quali è caratterizzato da abilità particolari rivelandosi più o meno utile a seconda del caso.
Peccato per una accentuata ripetitività delle missioni e per la mancanza di quel qualcosa fuori dall'ordinario capace di stupire ed ammaliare il giocatore, peccato inoltre per un focus incentrato eccessivamente sulle fasi survival e di crafting a discapito dell'azione vera e propria, che viene a mancare un tantino in questa produzione.
La realizzazione grafica è molto efficace nel fare trasparire un senso di inquietudine, grazie a un'atmosfera opportunamente resa cupa mediante l'impiego di tonalità scure e di musica adatta allo scopo e peraltro capace di cambiare tonalità in concomitanza di imminenti apparizioni delle creature misteriose.
Peccato infine per la realizzazione dei personaggi, un tantino spigolosi, animati alla mano peggio, totalmente privi di ombre (come visibile nei cunicoli all'interno della centrale), e per alcune compenetrazioni di troppo.
Il feedback dei grilletti del DualSense, infine, è impiegato solamente per le fasi di scontro a fuoco, quindi per una porzione davvero minimale dell'avventura… un'altra espressione di un'occasione mancata che, se a tutto ciò aggiungiamo che stiamo recensendo l'aggiornamento del gioco già uscito qualche mese fa alle potenzialità hardware della PS5, si capisce come questo aggiornamento sia stato limitato a poche aggiunte. Peccato.