Recensione Greak

di Roberto Vicario

Greak: Memory of Azur è un gioco single player che è stato annunciato nel lontano 2019. Dietro allo sviluppo di questo interessante titolo indie si celano i ragazzi messicani di Navegante Entertainment, un piccolo studio alla sua prima opera. Un debutto che, vale la pena dirlo sin da subito, al netto di qualche sbavatura degna di qualsiasi opera prima, mette in mostra il talento di un team che farà sicuramente parlare di sé negli anni a venire. Talento che, tra l’altro, non è passato inosservato nemmeno al celebre Team 17, che non si è fatto scappare l’occasione ed è diventato publisher del gioco.

In Greak vivremo le avventure di 3 personaggi legati tra loro da un legame di fratellanza. Su questo elemento si baserà gran parte della narrazione del gioco, che punta a far emergere in maniera piuttosto semplice e lineare - forse un po’ banale, diciamolo - l’importanza dell'unione parentale e di quanto, anche nelle difficoltà, l’essere uniti e il poter contare l’uno sull’altro/a sia fondamentale per non perdere la speranza. Una speranza che serve disperatamente al regno di Azur, un regno ricco e prospero che dopo anni di pace torna a vivere l’incubo dell’invasione degli Urlag, una razza pericolosa e senza scrupoli che punta a contaminare di terrone le terre di Azur.

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Nei panni di Greak, Adara e Raydel, esploreremo in lungo e in largo questa terra, all’interno di una struttura che prende spunto in maniera decisa dai più classici metroidvania. Diverse aree sviluppate in bidimensionale, ricche di segreti, puzzle da risolvere e missioni da portare a termine per arrivare alla fine del gioco, che vi richiederà intorno alle 4/6 ore per la prima run.

Inizieremo nei panni di quello che superficialmente può sembrare il protagonista del gioco, il più piccolo dei fratelli: Greak. Nel corso dell’avventura andremo però a “sbloccare” anche Adara e Raydel e da quel momento in poi il gioco ci chiederà costantemente di “switchare” tra un personaggio all’altro, non solo per affrontare orde di nemici con differenti stili di attacco, ma anche e soprattutto per sfruttare le loro abilità nella risoluzione di enigmi mai eccessivamente complessi ma neanche troppo banali, che si incastrano perfettamente all’interno di un prodotto che non punta ad essere una sfida probante e complessa ma, al contrario, impegnativa ma allo stesso scorrevole.

La cosa più riuscita del gioco è infatti la sinergia che si crea tra i tre personaggi. Greak è piccolo e agile, e questo gli permette di passare all’interno di anfratti inaccessibili agli altri due personaggi; Adara, di contro, essendo una sorta di maga, ha la possibilità di fluttuare nell’aria per breve tempo e utilizza un attacco a distanza di corto raggio; Raydel, infine, è il fratello più grande: poderoso nell’attacco e dotato di uno scudo utile non solo con i nemici ma anche nella risoluzione degli enigmi.

Se quindi la parte di puzzle è più che soddisfacente, è proprio nella gestione del party che si iniziano a vedere le prime crepe del gameplay. La gestione del trio non è infatti per nulla semplice, e non essendoci in alcun modo una gestione da parte della IA dei personaggi che non si stanno controllando in quel momento, spesso risulta macchinoso e inutilmente complicato dover continuamente passare da un personaggio all’altro, anche solo per la semplice gestione dell’inventario che è singola per ogni soggetto.

Pur essendoci un tasto che permette al party di stare unito, ci sono troppe sezioni - in particolare quelle platform, che richiedono un certo grado di precisione - in continuo passaggio da un personaggio all’altro spezza il ritmo di gioco in maniera a volte fastidiosa. Stesso discorso per le (non eccessivamente impegnative) boss fight. Il dover gestire manuale i personaggi durante un combattimento più impegnativo di quello dei nemici base (per nulla difficili da affrontare) è una cosa piuttosto tediosa, che spesso e volentieri vi costringerà a furiose combinazioni di tasti sul pad.

Niente di tragico intendiamoci, ma piccoli difetti dettati probabilmente dall’inesperienza di un team che, invece, sotto il profilo estetico ha compiuto un lavoro davvero pregevole. Lo stile estetico ricorda i classici film di animazione degli anni ‘90, con tanto di scene di intermezzo completamente animate. Il mondo di gioco è ben dettaglio, anche se non fa emerge particolare carisma, a differenza dei personaggi che sono particolarissimi e animati perfettamente. Sotto il profilo audio, invece, ci troviamo davanti ad una buona colonna sonora. Nota a margine: il gioco è localizzato in italiano per quel che riguarda i sottotitoli.