Recensione Metroid Dread: il ritorno, alla grande, di Samus

Metroid Dread è la nuova avventura Nintendo che vede come protagonista Samus Aran, storica icona del brand nipponico

di Simone Marcocchi

Samus non è solamente la protagonista di Metroid, è una delle (prime e più) scioccanti rivelazioni del mio passato videoludico. Lei è il climax del primo capitolo, ma anche un’icona di Nintendo - per quanto scelga spesso di restare modesta e in disparte - ma quando appare, con la sua tuta dorata, è perché ha da dire qualcosa di importante. Salvo il Nintendo 64 e Wii U, le sue dodici incarnazioni hanno attraversato e fatto la storia della software house di Super Mario e ad esclusione di qualche lieve scivolata su alcuni spin-off, è praticamente perfetta, come si definirebbe Mary Poppins. 

METROIDVANIAEVIL

Le avventure della bionda Samus Aran hanno contribuito a creare un vero e proprio genere. Mercury Steam, gli stessi che si erano presi l’onere di realizzare il remake di Metroid 2, per poi riceverne tutti gli onori, hanno portato in scena il quinto capitolo, un episodio che ha visto una gestazione lunga quindici anni (perché dalle parti di Nintendo non c’è nulla di facile). Dread infatti non è un reboot, remake, o spin-off, ma il coraggioso seguito di una saga che, pur avendo tutte le spiegazioni del caso all’inizio del gioco stesso, è una continuazione ufficiale. Nella speranza di poter rivedere in un cofanetto (remaster?) di tutta la saga di Metroid in 2D - di Prime ci sono continuamente voci di corridoio in merito che si inseguono - Dread è il diretto seguito di Fusion, apparso su Game Boy Advance e il motivo per il quale la nostra paladina in armatura non sfoggia la stessa in versione oro.

Se vi state chiedendo del perché “evil” nel titolo del capoverso: il motivo è che alla struttura classica del gioco, in cui si deve esplorare e potenziare la tuta - che Macgyver scansati pure - subiamo la presenza di robot ex-buoni e riconvertiti in macchine “fastidiose” e assassine, che presidiano specifiche aree, la cui fuga si vede necessaria proprio come per il Nemesis di Resident Evil 3… solo che qui ce ne sono ben sette.

La bellezza visiva in una risoluzione 1600×900 (in versione dock) permette di far girare la nostra guerriera a 60 fps, ma è la cura per le animazioni, i fondali, la colorazione così particolare, che rende incredibilmente affascinante questo sistema in 2.5 D attraente anche quando si sfrutta la modalità secondaria del cannone contro gli E.M.M.I., in cui si palesano una marea di dettagli aggiuntivi delle zone in cui ci si trova. Le voci in italiano rendono l’opera ancora più coinvolgente, ma anche i suoni e le musiche riprendono a piene mani lo stile e le note delle produzioni precedenti. La difficoltà resta la stessa degli altri episodi, perché dove ci sono maggiormente aiuti a profusione nel ricaricare le armi, ci sono i maledetti “cani da guardia metallici” a fare da contraltare, oltre a moltissimi altri nemici, particolarmente divertenti da sconfiggere.

Se come me consultate poco la mappa e, ancora meglio, non guardate alcuna guida su internet e, di nuovo come me, vi perdete facilmente fino a quando non avrete imparato qualsiasi cubicolo, zona, corridoio e ambiente, allora preparatevi per una ventina di ore suonate o più per completare il gioco, che sono una manciata in più per il 100%. Nel caso in cui siate ninja che non sbagliano un colpo e conoscono il gioco come gli sviluppatori, allora in meno di dieci ore arriverete ai titoli di coda.

E.M.M.I. AWARDS - OVVERO LA QUESTIONE -1

La perfezione non è di questo mondo ma tra i platform - uso questo termine per essere riduttivo - l’ultima incarnazione della cacciatrice di taglie galattica è quanto di più vicino possa essere. Qualcosa però incrina parzialmente l’esperienza, ed è una lieve sfumatura. I sette E.M.M.I. infatti e qualche fase di gioco riescono ad essere un sublime piacere o una grande tortura. Ci può stare, ma alla lunga diminuiscono - molto poco in realtà - la bellezza di un’esperienza più tranquilla, misurata e classica. Sono originali nella fase di ricerca e lo studio della fuga attiva le vostre abilità jedi sopite, ma possono portare quel filo di noia che smorza l’entusiasmo di una partita e per questo non riescono a regalare il punteggio a tutto tondo che avrebbe potuto essere.