Recensione Project Zero: Maiden of Black Water - Il selfie con il fantasma convince
Assente dagli schermi dal lontano 2014 Project Zero ritorna sulle nostre console grazie alla classica conversione mordi e fuggi da parte di un Tecmo Koei che forse vuole saggiare l’appetito del pubblico prima di ridare alle stampe una delle saghe horror più riuscite e che, ahinoi, ha imboccato troppo presto il viale del tramonto.
ORRORE STUPENDO
Anche se si presenta così sul menu della Ps5 dove l’abbiamo testato, questo episodio di Project Zero è forse uno dei più cupi e angoscianti della sua relativamente breve esistenza. I personaggi che si alterneranno ai nostri comandi saranno coinvolti in una storia dai temi particolarmente cupi. Oltre alle più classiche leggende e narrative tipicamente nipponiche, si parlerà anche di suicidi e di pratiche particolarmente crudeli che coinvolgeranno anche i bambini.
Nel corso della nostra avventura troveremo i disperati messaggi lasciati da chi ha deciso di recarsi presso il Monte Hikami per togliersi la vita, e combatteremo anche contro le anime disperate che infestano la montagna e gli edifici che vi si trovano.
Il lavoro dei protagonisti del gioco, uno dei quali strettamente correlato alla protagonista di Project Zero 1 e 3, porteranno alla luce i torbidi segreti che aleggiano attorno a questo luogo maledetto. Attraverso i documenti e ai racconti degli spiriti stessi, potremo comporre un puzzle narrativo molto denso e articolato, a cui dovremo prestare particolare attenzione per non perdere importanti passaggi e collegamenti.
Ad ogni modo, la vera protagonista del gioco, così come della serie completa, è la Camera Obscura, una particolare macchina fotografica dotata di poteri magici, in grado di catturare le anime dei dannati che infestano gli ambienti di gioco. Nel corso della nostra esperienza, durata una decina di ore, avremo modo di upgradare il nostro strumento di battaglia con diverse lenti e pellicole, in grado di catturare più velocemente e maggiore efficacia i fantasmi che, via via, diventeranno sempre più coriacei e in grado di arrecarci danni.
SIAMO L’ESERCITO DEL SELFIE
Anche se il titolo è un po' provocatorio, è innegabile che Maiden of Black Water sia sicuramente il capitolo di Project Zero che sembra voler accomunare la Camera Obscura ai moderni strumenti di fotografia che troviamo oggi in qualsiasi cellulare. Abbiamo infatti la possibilità di poter ruotare l’inquadratura, utile per far rientrare nello scatto non solo il soggetto, ma anche le altre entità che gli ruotano attorno e, non ultimo, lo scatto multiplo, utilissimo non solo per infliggere ingenti danni allo spettro, ma anche per eseguire lo “scatto psichico”, una procedura capace di materializzare oggetti appartenenti al mondo dei morti.
Ovviamente il sistema originale, uscito su Wii U, era stato studiato in modo tale da trasformare il suo particolare pad in una vera e propria macchina fotografica, riuscendoci anche particolarmente bene. La sua trasposizione sulle console attuali, noi abbiamo testato la versione PS5, non è altrettanto affascinante, ma con un po' di pratica si riesce comunque a venirne a capo senza sudare troppo. Siamo invece rimasti piuttosto delusi per lo scarso approfondimento che Koei ha riservato al sistema aptico di PS5 che, al contrario di quanto fatto, avrebbe riservato piacevoli novità al giocatore.
Ad ogni modo, abbiamo trovato il contesto narrativo e il gameplay di Project Zero perfettamente centrati con i ritmi di narrazione. Maiden of Black Water, così come tutti gli altri componenti del catalogo, è un gioco che prevede un ritmo di gioco lento e forse anche scarno in termini di puzzle solving o altre attività classiche dei survival horror, ma si comporta decisamente molto bene quando si tratta di costruire una traccia di terrore e incertezza che ci seguirà lungo tutto il corso del gioco. Le anime dannate degli abitanti del Monte Hikami si scaglieranno contro di noi quando meno ce lo aspettiamo, lasciandoci quindi un senso di continua incertezza e angoscia tanto fastidiosa quanto affascinante.
Purtroppo il lavoro di remastering del gioco, oltre a non aver apportato grosse novità dal punto di vista grafico, che rimane indietro rispetto alle attuali produzioni, non ha nemmeno apportato grossi giovamenti ad uno dei difetti principali del capitolo originale, legato ad un versante audio un po' sottotono. Un vero peccato, perché proprio il fattore uditivo è uno degli elementi di maggior risalto all’interno di un titolo che, contrariamente ad altri franchise, non ha mai fatto della grafica il suo cavallo di battaglia. Quindi lo diciamo chiaramente: se vi aspettate meraviglie estetiche, lasciate perdere. Come detto anche in apertura, quello svolto da Tecmo Koei per il remaster di questo gioco è un lavoro scolastico, mirato ad un porting 1:1 del titolo originale, senza metterci troppo impegno.
Il risultato complessivo è comunque piacevole, perché poggia sulle ottime basi di un gameplay molto affascinante e sviluppato attorno all’elemento atipico della Camera Obscura. Se vi piace l’horror non splatteroso, ma giocato invece sulle corde dell’emozione e della continua sensazione di incertezza che potrebbe celarsi dietro il buio o che potrebbe anche saltare fuori dalla parete immediatamente dietro di voi, allora Project Zero: Maiden of Black Water è un titolo assolutamente in linea con i vostri desiderata. Chiudiamo con una tirata d’orecchie per il mancato supporto della lingua italiana nei sottotitoli e per l'inserimento di elementi estranei al gioco ma che gravitano attorno ad altri franchise Koei, come Dead or Alive (e qui abbiamo capito benissimo a cosa alludiamo...)