Recensione Road 96: l'estetica del viaggio su Nintendo Switch
Il viaggio è un tema da sempre super affascinante. La letteratura ha creato intorno a questo immaginario opere immortali, e ci basta citare scrittori del calibro di Kerouac, Terzani, Krakauer o Gilbert. Ed è proprio partendo da queste basi che il piccolo team francese di Digixart (conosciuti per quel piccolo gioiello chiamato Valiant Hearts) ha realizzato Road 96, avventura on the road che sfrutta il concetto del viaggio per raccontare con coraggio e sfacciataggine una storia dai forti connotati politici, sfruttando però un gameplay piuttosto particolare.
Road 96 è infatti sviluppato su due piani differenti, ma estremamente connessi tra loro. Su uno di questi piani è collocata la narrazione orizzontale, che fa da sfondo a tutta l’avventura. Petria è un paese fittizio (ma che ricalca in maniera piuttosto precisa gli Stati Uniti d’America) che si trova all’alba di nuove elezioni negli anni ‘90. L’attuale governo è una vera e propria dittatura camuffata da democrazia, in cui i media e l’”apparire” vengono sfruttati per distorcere la realtà dei fatti. A combattere questa dittatura troviamo le “brigate nere” un gruppo apparentemente terroristico e responsabile di una vera e propria tragedia avvenuta nel 1986 che ancora oggi non si è rimarginata all’interno del tessuto sociale. Il governo del Presidente Tyrak dovrà vedersela con la rivale che punta a ristabilire l’equità e l’equilibrio nel paese. In questo contesto politico che dipinge scenari non troppo lontani da quelli reali, le storie di sette personaggi si svilupperanno e intrecceranno tra loro, portando a galla dettagli, segreti e rivelazioni che andranno a sconvolgere non solo la storia, ma anche e soprattutto le scelte del giocatore.
Ed è proprio qui che sta la parte più interessante del progetto portanto avanti in questi ultimi due anni dal team francese. A fare da collante a queste due linee narrative, come veri e proprio ragni che tessono una tela, sarà proprio il giocatore nei panni - all’interno di diversi capitoli immaginati come puntate di una serie tv - di ragazzi senza volto, nome e tratti somatici che cercando di attraversare il confine in cerca di libertà e un futuro migliore. Ognuno di questi ragazzi racconterà una storia diversa, con percorsi creati proceduralmente e che vi permetteranno di incrociare i personaggi citati poche righe sopra. Uno stile che cinematograficamente ricorda molto Tarantino e i Fratelli Coen, ma che ludicamente parlando si tramuta in una sorta di miscuglio tra i giochi Telltale, Life is Strange e il genere Rougelike
Sfruttando la visuale in prima persona e dialoghi a risposte multiple, il gioco ci chiederà spesso e volentieri di fare scelte di dialogo determinanti per il proseguo della storia e ancora per la sopravvivenza o meno del ragazzo. Ogni run potrà infatti concludersi con il passaggio della frontiera, con la morte o con la cattura, in base a quello che decideremo di fare nelle varie situazioni proposte.
Scoprire i retroscena dei vari personaggi ci servirà non solo per sbloccare perk che rimarrano attivi anche per le run successive (in cui interpretiamo ogni volta un ragazzo/a differente) ma anche per dare risposte a certe domande conoscendo già il background e i legami che intercorrono tra questi personaggi. Una scelta che all’atto pratico funziona, creando una sorta di magnetismo tra una run e l’altra, lasciando al giocatore quella costante curiosità necessaria per scoprire “cosa accadrà dopo”.
Tra una tappa e l’altra del viaggio potremo muoverci attraverso l’autostop, gli autobus, i taxi, a piedi oppure rubando addirittura delle auto. In base alle scelte fatte una barra della stamina (che si ricarica mangiando, bevendo o riposando) ci dirà quanto siamo stanchi, ed esaurendola succederanno cose brutte. Questo elemento gestionale è ben integrato nella narrazione e non risulta mai invasivo. Sono inoltre presenti minigiochi e altre piccole attività utili a spezzare il ritmo (tra cui partite a videogames o air hockey) ma non risultano convincenti come altri elementi del gioco.
A non convince del tutto - e questo è indubbiamente il più grande difetto del gioco - è il modo in cui certi temi vengono proposti. Se da una parte troviamo un background coraggioso e una struttura narrativa intrigante, dall’altro troviamo una serie di cliché che non ci saremmo aspettati da un gioco che punta così tanto sull’elemento narrativo. Intendiamoci: la storia funziona e scorre via con interesse, ma il modo in cui sono state semplificate alcune scelte rende il tutto un po’ meno ambizioso di quello che poteva essere; indubbiamente è mancato un po’ di coraggio, soprattutto se paragonato ad altri giochi che toccano argomenti scomodi, come può essere ad esempio Wheels of Aurelia.
Lo stesso si può dire per il comparto tecnico che, giocato su Nintendo Switch, non brilla in maniera particolare. Al di là della mole poligonale dei vari personaggi e di ambienti non sempre ispiratissimi, il frame rate è quasi sempre ballerino e in generale il codice risulta un po’ troppo sporco. Sotto questo aspetto si poteva fare qualcosa di più. Convince pienamente la colonna sonora, con un miscuglio di tracce indie e elettroniche in grado di trasmettere in maniera più che veritiera il concetto di viaggio.