Recensione Skelattack: un pipistrello per amico

Stanchi di calarvi nei panni di eroi senza macchia e paura?

di Fabio Fundoni

Passate il vostro tempo libero a pensare al motivo per cui i cattivi delle vostre saghe preferite hanno scelto di sposare il male? Non sapete resistere al fascino del lato oscuro? Il team Uzuka ha pensato a voi, portando sulle vostre macchine da gioco Skelattack, che abbiamo provato su Nintendo Switch. Skully è morto da poco e nonostante non abbia particolari ricordi della sua vita terrena, cerca di spassarsela al meglio nella sua nuova esistenza da scheletro animato. Tutto parrebbe scorrere senza particolari intoppi, se non fosse che gli esseri umani devono sempre trovare il modo per andare a rompere le scatole alle creature delle tenebre.

L'impatto con il gioco è subito interessante, grazie a una grafica a cartone animato che offre un ottimo colpo d'occhio e dona al gioco la classica atmosfera da "indie di qualità". Anche la trama promette bene e ci pone davanti a un plot interessante: il re degli uomini sta morendo e la sola speranza per il suo popolo di salvarlo è recuperare la fiaccola magica che dona la forza vitale a Skully e alle altre creature oscure. Gli eroi e gli eserciti umani partono così per intraprendere quella che ai loro occhi è un nobile missione, ma per noi che impersoniamo Skully, è un vile tentativo di furto che segnerebbe la morte (o quantomeno una seconda morte) a una comunità incolpevole. Per difendere il nostro diritto alla vita (o alla non-morte) ci lanceremo in un sistema di dungeon che strizza l'occhio ai classici metroidvania, cioè platform su enormi mappe bidimensionali con scorrimento orizzontale e verticale. Insomma, sulla falsa riga dei vecchi Castlevania, per intenderci. 

Un salto nel vuoto

Come dicevamo, dalle premesse Skelattack sembrava essere un titolo estremamente interessante, ma dopo qualche ora di gioco ci siamo dovuti arrendere alla realtà che, purtroppo, qualcosa non ha funzionato durante lo sviluppo. Si, la grafica è piacevole e accattivante (come le musiche), l'idea di fondo riesce a intrigare grazie anche a buone linee di testo (tutto il gioco è in inglese ma non si fa fatica a comprenderlo), ma è proprio il gameplay a tradire le ambizioni di Skully e del suo pipistrello Imber. Ci vuole davvero poco per capire che ci sono problemi di precisione nella risposta del controller e la cosa si sente principalmente nei salti. Il gioco si basa sullo sfruttamento delle piattaforme e per poter andare avanti è necessario dosare movimenti e balzi. Doversi scontrare in questi frequentissimi frangenti con problemi di scarsa precisione, ci ha lasciato molto spesso con tanta frustrazione. Continuare a morire percependo una colpa non tua, non è assolutamente piacevole. 

Di per sé il level design non ci è dispiaciuto (per quanto semplificato rispetto ai mostri sacri del genere), ma risulta mal gestito il sistema di respawn. Sono a dir poco frequentissimi i punti in cui, una volta essere morti, resusciteremo. O meglio, vista la natura di non-morto di Skully, torneremo alla nostra particolare situazione. Sembra quasi che la scelta sia stata fatta per non rendere troppo frustrante la facilità di caduta dovuta ai problemi di cui abbiamo parlato poco sopra, ma il risultato non soddisfa. Ci si ritrova spesso a ripetere per tante volte lo stesso punto, mescolando la sicurezza di non poter morire e riapparire a poca distanza con il nervosismo per l'imprecisione dei controlli. E si va avanti a tentativi, senza mai avere un reale senso di crescita e miglioramento personale. Insomma, un vero peccato, perché l'idea e lo stile del gioco sono assolutamente da premiare, ma la resa ludica ci ha deluso. Che dire, non ci resta che aspettare un secondo capitolo?