Recensione The Dark Pictures Anthology: Little Hope - Di nuovo nel'orrore
L’antologia che SuperMassive Games sta offrendo ai giocatori è un’opera che punta ad esplorare il mondo dell’horror e della psicologia. Un quartetto di titoli che offre setting differenti per esplorare varie sfaccettature di un genere che, nel mondo del cinema e della letteratura, ci ha regalato veri e propri capolavori.
Così, dopo aver esplorato la nave fantasma nel Sud del Pacifico, è tempo di tornare negli Stati Uniti e più precisamente nella sperduta e abbandonata cittadina di Little Hope, teatro non solo della nostra avventura ma anche di una efferata caccia alle streghe nel diciassettesimo secolo.
Questa volta ci troveremo a giocare in maniera alternata (se si deciderà di affrontare da soli l’avventura) 4 studenti in gita e il loro professore. I cinque si trovano sulla strada che porta a Little Hope, l’autista, dopo aver perso il controllo del pullman e averlo ribaltato, sparisce nella nebbia. I cinque personaggi dovranno trovare una strada di uscita all’interno di quella nebbia che avvolge la spettrale città, nascondendo più di un segreto.
Dobbiamo essere sinceri, nelle circa 5 ore che abbiamo impiegato per portare a termine Little Hope, non ci siamo mai annoiati. Non abbiamo mai sentito il peso di una struttura che, nel bene e nel male, ripropone gran parte degli stilemi ludici e narrativi visti nel precedente capitolo, Man of Medan. Merito soprattutto di una narrazione che, almeno nelle prime battute, offre idee e spunti interessanti. Ci saranno infatti dei collegamenti temporali tra il presente degli studenti, un misterioso incendio del 1972 dove un’intera famiglia perse la vita e, attraverso spiritiche visioni, i ragazzi scopriranno persino di poter interagire con dei flashback che li riportano al 1692, in pieno periodo di caccia alla streghe. Senza contare che, quei personaggi con cui interagiscono, sembrano le loro versioni del passato. Come nei più classici film di streghe e magia nera, tutto ruoterà attorno ad una figura chiave (in questo caso una bambina) e ad un oggetto maledetto che ritorna costantemente per tutta l’avventura: una bambolina. Non aggiungiamo altro per lasciare a voi il piacere di scoprire il resto della storia.
Se quindi le premesse narrative sono più che ottime, dove il gioco inciampa è nella narrazione di queste vicende. La narrazione è piuttosto piatta, lineare e senza grossi scossoni. Persino le scelte che andremo ad operare e che inficeranno in maniera netta e decisa sulla vita o la morte di alcuni personaggi, sembrano mancare di quel mordente e di quella tensione che questo generare necessita per far si che il giocatore entri nella storia.
Un peccato, anche perché quello che troviamo con maggior forza in questo capitolo è un’attenzione maggiore nei confronti dei rapporti tra i vari personaggi con la possibilità di plasmare nel corso dell’avventura carattere e temperamento dei protagonisti. Purtroppo però, anche questo aspetto rimane rinchiuso all’interno di una struttura che manca di quello spunto utile a renderla più fresca e godibile.
Limiti che si notano anche nel gameplay, relegato ad una serie di QTE piuttosto telefonati. Un peccato che si fa ancora più grande se si analizza sia il comparto estetico quanto quello grafico. Il gioco offre panorami suggestivi e convincenti, che ricordano in alcuni scorsi la tanto amata e mai dimenticata Silent Hill. Forse si poteva fare qualcosa di più sotto l’aspetto delle espressioni facciali, ma nel complesso la componente visiva è tra le cose meglio riuscite dell’intero progetto.
Ormai è piuttosto palese: sebbene non si possa parlare di giochi brutti, The Dark Pictures Anthology necessita di uno scossone che possa rendere di maggiore impatto l’esperienza di gioco, cosa che ci auguriamo possa capitare con il terzo capitolo della saga in arrivo nel 2021. Le basi ci sono e il team è in grado di manipolare questo genere e questo stile di gioco. Incrociamo le dita.