Card Shark recensione: quattro regole su come barare per vincere
Potrebbe rivelarsi un messaggio sbagliato, soprattutto visto nell’ottica di chi vive il videogioco con passione e ardimento, ma quello improntato da Card Shark, ultima fatica di Nerial in collaborazione con Devolver Digital, sembra rivelarsi il perfetto espediente pensato per racchiudere l’arte del baro in un videogioco che non vuole minimamente prendersi troppo sul serio, puntando sul lato estetico al fine di ricreare il mood provato dal protagonista, e dal suo mentore, nella Francia pre-rivoluzionaria di fine ‘700.
La maggior parte di voi lettori si sarà soffermata sul concetto di baro. In effetti dove si è mai visto un videogioco che punta sull’ingannare il proprio avversario, così da vincere senza avere letteralmente alcun merito di farlo? Ebbene sì, in Card Shark il vostro unico scopo sarà quello di imparare a menadito i trucchi del mestiere del baro, contando le carte, mischiandole con arte e mestizia, trovando insomma qualsiasi modo per vincere.
CARTA VINCE, CARTA PERDE
I protagonisti di Card Shark sono due personaggi molto diversi tra loro: il primo è uno sguattero muto che vive lavorando presso una locanda, il secondo è invece il Conte di Saint-Germain, uomo nobile che passa la sua vita a ingannare chiunque si sieda al suo stesso tavolo per giocare a carte.
Durante una delle tante partite, il Conte però fa infuriare la persona sbagliata e durante una colluttazione un colpo mortale raggiunge la padrona della locanda, eliminando così tutti i punti fermi del nostro povero alter-ego digitale.
Da qui ha inizio il nostro viaggio, un percorso formativo volto essenzialmente a imparare tutti i trucchi del mestiere, percorrendo in lungo e in largo la Francia del periodo storico sopracitato, praticamente sull’orlo della rivoluzione che ne cambierà per sempre i connotati. Ogni partita a carte svolta dai due protagonisti lascerà emergere tutto il substrato politico e sociale presente in quell’epoca, ricco di contraddizioni ed elementi narrativi di pregio, in cui faranno comparsa anche personaggi di spicco, come Voltaire o Rousseau.
Chiaramente Card Shark non è un libro focalizzato su quel periodo storico, ma col suo modo di narrare gli eventi riesce comunque a riprodurre parte di quel contesto, lasciando chiaramente al giocatore la facoltà di comprendere meglio, seppur in modo romanzato, ciò che poteva accade all’epoca.
CONTA LE CARTE E NON TI SBAGLIARE
Sul fronte del gameplay, il titolo di Nerial cerca di sfruttare appieno le meccaniche del QTE, inscenando trucco dopo trucco tutta una serie di escamotage che il giocatore dovrà memorizzare e mettere in pratica seguendo delle precise combinazioni.
All’inizio partiremo con le basi, basterà versare il vino ai nostri avversari e suggerire il seme della mano vincente al nostro beneamato conte, e proseguiremo successivamente verso inganni e trucchi molto più articolati, in cui bisognerà mischiare adeguatamente il mazzo in modo e maniera che sia sempre il conte, e nessun altro, ad avere in mano le carte vincenti per portare a casa il malloppo.
Le variabili da considerare saranno comunque sempre le stesse. Da un lato ognuno dei trucchi ha uno svolgimento prestabilito, perciò gli unici elementi a cambiare saranno la posizione sul tavolo da gioco del conte, che quindi determinerà il modo di mischiare o inserire le carte nel mazzo, insieme al livello di allerta che i nostri avversari avranno ogni volta che finiremo il giro.
Ecco, si potrebbe dire che la parte più “adrenalinica” del gioco viene messa in evidenza proprio dal cambio sempre più veloce di queste variabili, fattore che quindi spingeranno il giocatore a memorizzare le combinazioni suddette, cercando così di normalizzare la pratica del baro senza perdere troppo tempo a fare conteggi inutili.
Insomma, avrete visto da una nostra diretta che l’unico modo per sfangarla, a prescindere dal risultato, è stato quello di segnarci su un pezzo di carta ogni combinazione, così da non dover necessariamente fermarci ogni volta a tentare di ricordarci il QTE relativo al tentativo di baro.
Graficamente il titolo mostra una direzione artistica davvero pregevole, che sfrutta appieno un concept art unico ed emozionante, capace insomma di coinvolgere il giocatore all’interno di questa spirale di sotterfugi. Questa modalità di esposizione è molto cara a Devolver Digital, che sembra essere in grado di raccogliere ed esporre al grande pubblico tutte queste piccole gemme che, al netto di quanto si potrebbe discutere, meritano di brillare ed essere giocate. Tra l’altro, dulcis in fundo, il gioco presenta anche dei finali differenti, niente di esorbitante, ma comunque un qualcosa pronto a permetterci di rigiocare la scena finale per scoprire come gli sviluppatori avessero immaginato la storia.