Advance Guardian Heroes

di Antonio Norfo
Se il giocatore di nicchia venisse descritto nei suoi usi e costumi, allora non si potrebbe non citare uno dei luoghi che potenzialmente prediligerebbe: una stanza con un Saturn in mostra e perennemente in funzione. Una console Sega bistrattata dal successo e dati finanziari, ma sempre e coraggiosamente capace di rapire i cultori del bel divertimento, regalando loro inattese perle.
Guardian Heroes, titolo sviluppato dalla mai troppo lodata Treasure, appartiene senz'altro a questa stirpe. Il beat'em up a scorrimento in questione prendeva in prestito dal platform e dal gioco di ruolo alcune velleità, donando ad una miscellanea oltremodo originale grazia e splendore ed elevando il prodotto finale ad uno dei più applauditi dagli abitanti di Saturno. Insieme agli eroici Han, Randy, Ginjirou, Nicole e Cerena i fruitori in questione s'immergevano in uno strano, affascinante mare i cui presupposti erano dettati da un'epica trama, semplice ma efficace, in cui lo stregone Kanon minacciava la portentosa Soul Sword, lama ove si narrava risiedesse l'anima d'un cavaliere sacrificatosi a difesa della propria gente. Grazie ad indimenticabile lotte, pirotecniche cromie, progressione non lineare ed una modalità multiplayer contemplante ben sei giocatori, il gioco divenne ben presto leggenda.


A quasi un decennio di distanza Treasure ci riprova e non desta scalpore lo sbigottimento successivo all'annuncio di Advance Guardian Heroes. La casa nipponica, infatti, ha sempre fatto del non-sequel una delle sue forze motrici, catalizzando i suoi sviluppi all'insegna dell'originalità.
Per quanto concerne l'aspetto narrativo basti qui dire che Zur (entità immortale) ha malignamente ridestato dal sonno eterno il Kanon di cui sopra. Egli teme peraltro che il guerriero risvegliato nel nome delle anime (uno fra Enn, Ray ed Hyu) possa porre fine alle sue trame distruttive. Come non capirlo: da cattivone di turno ne ha ben donde. L'intero progredire del gioco è difatti all'insegna del potenziamento del protagonista impersonato il quale, mediante i cristalli rilasciati dai nemici, potrà aumentare le proprie caratteristiche fisiche e magiche alla fine di ciascuno Stage. Tali cristalli variano nel colore e nel valore loro associato (verde < blu < rosso < arcobaleno); la loro spesa può peraltro trascendere dall'incremento di livello appena accennato, laddove è possibile scegliere di investirne l'ammontare (visualizzato numericamente in alto a destra) a beneficio del professore e del suo laboratorio. All'interno, per così dire, di quest'ultimo si effettua una pseudo ricerca, la quale, raggiunto ogni volta il 100% sbloccherà uno dei svariati personaggi celati all'interno del codice. La rigiocabilità dunque è totalmente a servizio del fattore "simil collezionismo" ed è direttamente collegata alla modalità Scontro. Parlando dello sbloccabile vien da sé citare le difficoltà selezionabili, assolutamente sbilanciate fra loro e ben lontane dal tracciare un'ideale e graduata scala impegnativa. La prima, Easy, è fin troppo agevole (con nemici incapaci di proteggersi e con la barra della magia infinita), mentre la Normal (quella ovviamente standard), una volta terminata, dà accesso al "Time Attack". Infine le successive due sono un balzo nell'impresa, specie la Super Hard (terminato il gioco in Hard si potrà comunque giovare della modalità "Endless").


All'interno dello Story Mode, qualunque livello di sfida si sia scelto, si dà inizio alla mattanza, con fiumane di nemici pronti ad incassare (o ad utilizzare) attacchi aerei, terreni e magici. E' concesso (oltre ad avvalersi dei benefici della barra della rabbia: cioè Hyper e Re-Hyper Mode) ergere uno scudo difensivo e, mossa decisamente più azzeccata, respingere qual che sia proiettile energetico (per ambedue le ultime tecniche basti premere R). Il level design, ahinoi, non è di quelli più ispirati, ma di quelli contrassegnati da una tradizionale linearità (invero aliena al predecessore); mentre i boss (alcuni dei quali discutibili citazioni), per quanto logicamente superiori in intelligenza rispetto ai nemici comuni, risultano deludenti per via dell'unica strategia che li accomuna alla sconfitta. Qualora si raggiunga il game over e complementare azzeramento dei punti ferita, si raggiungerà una particolare biforcazione: o continuare vendendo la propria anima, o accettare la sconfitta e riprendere da dove è avvenuto l'ultimo salvataggio automatico. Rispondendo positivamente alla prima ipotesi l'eroe di turno vivrà una momentanea metamorfosi demoniaca in cui lo scotto di perdere tutti i cristalli accumulati nel livello verrà ripagato dall'invincibilità per alcuni lassi di tempo. Ciononostante, non cedere alla tentazione del lato oscuro assicurerà anzitutto una tranquilla continuazione dell'avventura (serenità dovuta al relativo spendere ed acquisire forze); poi, prima dei titoli di coda, si sarà spettatori del finale preferibile (viceversa si assisterà ad uno meno fiabesco del previsto).

Un'aura di superficialità si ripercuote sulla traduzione anglosassone ed anche sull'intero reparto estetico: quello sonoro risulta invero accettabile (pure sopportabile negli sgradevoli effetti ed orbo della bizzarria tipica delle migliori composizioni orecchiate nel passato), la veste grafica non è invece orba di pesanti rallentamenti e di un character design a tratti sottotono (soprattutto per il trio di guerrieri iniziali), ambedue fattori (il primo senz'altro più del secondo) che minacciano il discreto tasso tecnico di cui il titolo comunque si avvale. Fortuna che un simile calo di stile si annoveri nell'universo delle eccezioni, giammai della regola la quale vede fortunatamente Treasure brillare per assoluta eccellenza (Astroboy e Gradius V sono più d'una recente prova).