Akimbot, il revival di un’era perduta, ma non dimenticata – Recensione PC

La recensione dell’action-platform 3D di Evil Raptor, un omaggio ai classici del genere dei primi anni ‘00, imperfetto ma di carattere

di Jacopo Retrosi

Inizio del nuovo millennio, sesta generazione di console. Il mito della mascotte platform che imperversava verso la fine degli anni ‘90 andava inesorabilmente scemando, e le grandi e piccole case che ancora inseguivano l’ombra dei soliti mostri sacri iniziarono a deviare dal percorso battuto, optando per una sensibilità più action, in linea con le nuove mode del mercato.

Tra le nuove icone più blasonate nate in questo periodo di mutamento troviamo sicuramente Ratchet & Clank, Jak and Daxter, ma potrei citare anche un Blinx: The Time Sweper, un Ty the Tasmanian Tiger, uno Scaler, un Tak and the Power of Juju o un Vexx a caso. Tornando ai giorni nostri, questa filosofia di platform non è tra le più gettonate dagli studi indipendenti, che generalmente prediligono una declinazione più pura del genere, ma la musica è destinata a cambiare con Akimbot, di Evil Raptor, un chiaro omaggio agli action-adventure tridimensionali dagli autori di Pumpkin Jack. Un titolo che se non fosse per la mano lucida di vernice non sfigurerebbe affatto nei cataloghi di GameCube, PlayStation 2 e Xbox; vanterà anche lo stesso fascino? Scopriamolo. 

Ambientato in un universo sci-fi di soli robot, Akimbot si rifà perlopiù al classico Ratchet & Clank di Insomniac Games, mettendoci ai comandi di due improbabili eroi uniti dal caso in una missione per salvare la galassia. Stiamo parlando del mercenario fuorilegge Exe, taciturno e scontroso, il braccio armato della coppia, e Dataset, irritante e logorroico drone, il cui ruolo è fornire “supporto morale” e sottolineare l’ovvio a più riprese.

La storia in sé è piuttosto tradizionale, e ci porterà negli angoli più remoti del pianeta Materia e non solo, tra spiagge, miniere tossiche, deserti e vulcani attivi per un viaggio all’insegna dell’avventura, tra salti nel vuoto e sparatorie a tutto spiano. Il problema è lo script. A voler usare un neologismo, i dialoghi sono, in soldoni, “cringe”, ma di brutto. I continui tentativi di humor becero sono degni del peggior film della Marvel, rovinano l’atmosfera e trasformano ogni scambio di battute in un battibecco privo di senso. Divertono almeno? Neanche a provarci, e rendono ogni personaggio coinvolto a dir poco insopportabile, in particolar modo Dataset (credo volutamente, tuttavia qui si esagera) e Malware, il petulante “villain”. Si urla tanto e si conclude ben poco, il che è un peccato, perché il doppiaggio in inglese non è affatto male. 

A livello di gameplay Akimbot combina fasi salterine su binari con azione sparacchina sui generis. I livelli sono lineari e offrono ben poco spazio all’esplorazione, salvo sporadiche deviazioni che portano di solito ad un collezionabile, mentre la progressione è scandita da continui scontri a fuoco collocati all'interno ambienti irti di trappole ambientali e baratri.

Nella nostra anteprima della demo avevamo lodato il potenziale del moveset ginnico di Exe, lamentandone le poche applicazioni nelle battute iniziali ma fiduciosi degli sviluppi futuri. Ebbene, così non è stato, e le occasioni per sfruttare appieno doppio salto, piroetta e scatto si contano sulle dita di una mano, anche se ne abbiamo approfittato per bypassare alcune trappole e passaggi obbligati, segno che con un po’ di fantasia ci si può divertire. Il feeling ai comandi poi è eccellente, con input responsivi, pieno controllo delle movenze del proprio avatar e collisioni più che riuscite. È un peccato che la corsa sui muri sia automatica e non ci sia una sorta di salto a parete, ma le fasi platform non sembrano essere il focus di Akimbot. 

L’enfasi è infatti posta sulla componente sparatutto, graziata da un arsenale conciso ma funzionale (sebbene povero in termini di varietà e inventiva), e un ottimo sound design di spari ed esplosioni. Peccato solo che il gunplay non si riveli altrettanto appagante. Il feedback delle armi, tolto un po’ di rinculo, è fiacco, e i nemici ignorano i danni ricevuti finché non esplodono, adottando tra l’altro tattiche basilari che li vede parcheggiarsi in campo aperto e sparare a zero verso il giocatore. Strategia che funziona, considerata la loro mira chirurgica, ma questo rende gli scontri a fuoco monotoni e abbastanza noiosi, borderline irritanti.

E dire che l’arsenale e il suo utilizzo è proprio uno dei punti di forza di Ratchet & Clank, ma in Akimbot semplicemente non funziona, e questo nonostante l’abuso che se ne faccia. E se in uno sparatutto non ispira mettere mano al grilletto qualcosa non torna. Le armi speciali poi si esauriscono troppo in fretta e non mi pare regalino chissà quali emozioni rispetto a quelle standard, di certo non da obbligare il giocatore a sceglierne solo una per volta e ad accumulare migliaia di crediti per potenziarle. Averle tutte a disposizione in qualunque momento a nostro avviso avrebbe reso il pacchetto non migliore ma di sicuro più interessante. 

E come ogni action-adventure-platform dell’epoca, il giro non sarebbe completo senza attività secondarie come sezioni di guida o a bordo di torrette fisse, e minigiochi di vario genere, come l’hacking per aprire porte e attivare terminali, un combattimento in stile picchiaduro con tanto di barre vita con protagonista Dataset o la fuga da una grotta prossima al collasso a bordo di un dinosauro robotico (figo sulla carta, un po’ meno nella pratica, ma questo è un altro discorso). E poi ci sono i boss di fine livello per un tocco di sfida extra. E a proposito di difficoltà, abbiamo trovato la proposta del titolo Evil Raptor un pelo sbilanciata: si viene colpiti troppo spesso a vanvera, e avere una barra vita che non si ricarica da sola in un contesto simile può creare qualche grattacapo. Dipendiamo troppo dai droni curativi sparsi in giro e dalle coperture, obbligandoci ad un approccio passivo, antitetico a questo tipo di esperienze. Vorremmo divertirci di più, ma il gioco non ce lo concede.

Ottima la veste grafica realizzata tramite l’Unreal Engine, con scorci niente male, location variegate, ricche di colori e dettagli, e caratterizzate da tanti effetti a schermo e prestazioni solide, che rendono l’azione quantomeno godibile da ammirare. Molto buona anche la colonna sonora elettronica, che assieme alla pregevole effettistica impreziosiscono un quadro bello da rimirare e dall’enorme potenziale ma dai contenuti alquanto piatti. In linea con molte delle produzioni a cui Akimbot fa riferimento a ben pensarci.