Alone in the dark
Edward Carnby, dato per disperso nel 1938, non ha materialmente il tempo di chiedersi come sia finito nella New York dei tempi moderni. In effetti, la sua memoria sembra sia stata totalmente cancellata da un oscuro rito che ha estratto dal suo corpo un'entità demoniaca, la stessa entità che adesso si sta divertendo a provocare terremoti e inghiottire persone nel centro di Manhattan. Occasionalmente spalleggiato da Sarah, la tipica protagonista femminile che per sua sfortuna passava di lì per caso, Carnby dovrà ancora pertanto affrontare il male che da lui stesso é fuoriuscito, ma in questa impresa sarà per la maggior parte del tempo “solo nel buio”.
La serie di Alone in the Dark necessita di poche presentazioni, visto che può essere a pieno titolo definita la “madre” dei survival horror: il primo episodio, targato 1992, é infatti anteriore persino al primo Resident Evil (1996). Lo scopo é naturalmente quello di aiutare il protagonista a contrastare l'entità maligna sopraccitata, affrontando o sfuggendo le varie creature demoniache che cercheranno di sopprimerlo ad ogni pié sospinto. Una caratteristica fondamentale della serie, qui mantenuta, é il fatto che nel gioco rivestiranno un'importanza notevole le zone di luce e di ombra: nelle prime, infatti, le creature oscure saranno meno attiva e feroci che non nelle seconde, ed alcune addirittura si ritrarranno impaurite alla semplice luce di una torcia elettrica.
Esplorando più da vicino il sistema di gioco, scopriamo come questo sia una sorta di “puzzle” di diversi stili, che si alternano a seconda della necessità e della situazione. Nelle fasi per così dire “esplorative” tenderemo infatti a prediligere una modalità da action-arcade, con visuale in terza persona e un'iterazione con l'ambiente di tipo “prendi” o “usa”. La stessa visuale sarà mantenuta qualora ci trovassimo impegnati ad affrontare un nemico tramite spade, asce, sedie o qualsiasi altra arma da mischia o da lancio, fermo restando che la presenza di oggetti pesanti in mano andrà già da sé a modificare il set dei comandi.
Ancora differente l'impostazione nel momento in cui si debbano utilizzare armi da fuoco o da getto, come pistole, estintori o lanciafiamme improvvisati costituiti da accendino e bomboletta spray: in questo caso il gioco passerà ad una grafica in soggettiva che lo farà rassomigliare temporaneamente ad un FPS. Infine, sarà spesso possibile salire a bordo di automobili o altri veicoli e mettersi alla guida, scegliendo nel caso l'inquadratura da spot sopra il tettuccio o rimanendo in soggettiva nell'abitacolo. Tutto questo excursus per evidenziare il fatto di come non sia possibile descrivere in generale il sistema di controllo estremamente vario, e questo costituisce già un elemento di sconcerto nella meccanica del gioco: capita sovente di non riuscire a reagire con la necessaria prontezza alle varie situazioni semplicemente perché il passaggio da una modalità di controllo all'altra richiede anche solo un secondo di adattamento mentale.
Quando poi, ed é purtroppo un dato di fatto, i vari controlli presi singolarmente non rispondono a dovere alle sollecitazioni, allora le cose si fanno veramente fastidiose.
Avremo pertanto fasi FPS in cui la mira é legnosa e gli spostamenti lenti, o fasi di mischia in cui il maneggiare gli oggetti (tramite l'analogico destro, rubato al controllo inquadratura) é spesso impreciso, o ancora fasi di guida in cui il veicolo si comporta in maniera capricciosa, e spesso abbiamo solo pochi centimetri di tolleranza nelle traiettorie di curve o salti. Anche la gestione dell'inventario non aiuta: per quanto sia molto bella l'idea di distribuire gli oggetti raccolti tra le tasche interne della giacca realizzando tra l'altro delle combinazioni (bottiglia con fazzoletto, molotov con nastro bi-adesivo...), così come la possibilità di fasciare e medicare le ferite prese singolarmente, tutte queste azioni si svolgono in tempo reale, e sono pertanto sconsigliatissime proprio quando risulterebbero più utili, ossia durante i combattimenti.
Tecnicamente siamo di fronte ad un prodotto dall'impatto molto valido: il motore grafico gestisce ambienti decisamente ampi e nel contempo ben dettagliati, e soprattutto supporta ottimamente effetti di luce ed ombra in tempo reale. Particolare attenzione é stata posta nella realizzazione del fuoco, sia nella sua propagazione sia nei vari utilizzi che questo può avere, a partire dalla molotov realizzata con una bottiglia e uno straccio, fino alla scia di materiale infiammabile rilasciata dal serbatoio forato di un'automobile. Ottima cura é stata posta anche nelle textures e nelle animazioni dei volti; decisamente inferiore, invece, la cura posta nelle animazioni dei modelli da battaglia, a partire dalle incertezze nei movimenti dello stesso Carnby e via fino a tutti i mostri che affronterete.
Promosso il sonoro, che alterna a temi maestosi ed incalzanti, necessari per le scene di particolare pathos, arie più chete ma altrettanto inquietanti durante le esplorazioni. Gli effetti sonori sono per lo più ben ricreati, salvo forse il rumore del motore delle automobili (ci é sembrato un po' troppo “acuto”); ottimi i doppiaggi in Italiano.
Come si intuisce dalla descrizione poco edificante del sistema di controllo, la giocabilità non é esattamente il punto di forza del titolo: il collage di generi differenti, nessuno dei quali realizzato ad altissimi livelli, é indubbiamente sconcertante e fastidioso, sebbene il tutorial in-game garantisca, almeno nelle fasi iniziali di gioco, tutte le indicazioni per svolgere le varie fasi correttamente. I nemici, escludendo i boss, si limitano fondamentalmente a tre tipi: quelli piccoli abbattibili con la pistola, quelli umanoidi che devono essere obbligatoriamente bruciati, e le pozze di oscurità da illuminare per farle ritrarre. Per tutti l'intelligenza artificiale é piuttosto elementare, e solo per i secondi si limita a prevedere qualche traiettoria di “fuga” nel momento in cui adoperate il fuoco.
Come se ciò non bastasse, l'esperienza di gioco é stata sviluppata secondo un binario piuttosto lineare, e con il procedere della storia anche le locazioni interessate andranno a sostituirsi: rispetto al “classico”, che prevedeva piuttosto un'evoluzione a spirale intorno ad una locazione centrale, si ha quindi un senso di impoverimento delle scelte. D'altra parte, una simile impostazione di trama agevola di molto quello che gli sviluppatori hanno voluto realizzare, ossia un'esperienza di gioco dal taglio prettamente cinematografico. Non a caso, l'elenco delle scene é ordinato come i capitoli di un DVD e l'indicatore di progresso nel capitolo é realizzato come lo spider di un player. É in effetti questo l'unico vero punto di forza del gioco: come un film dell'orrore, AitD trascina il giocatore attraverso le bobine della sua trama senza lasciargli il tempo per guardarsi indietro, salvo rare sotto-quest nelle aree più ampie, come Central Park.
Del resto, come ogni bel film d'azione che si rispetti, anche AitD non ha una durata eccessiva: dovreste essere in grado di portarlo a termine in meno di una decina di ore, anche se naturalmente rimarrà sempre la possibilità di rigiocarlo ad un livello di difficoltà superiore; specie considerando che la vera difficoltà non risiede nelle pattern di combattimento dell'IA quanto piuttosto nel pieno controllo del personaggio. Ben lungi dall'essere un capolavoro, questo AitD deve accontentarsi di affascinare per la trama e l'atmosfera trascinando con esse un protagonista recalcitrante dall'inizio alla fine. Non pessimo, ma avremmo gradito un lavoro molto più preciso e soddisfacente.
La serie di Alone in the Dark necessita di poche presentazioni, visto che può essere a pieno titolo definita la “madre” dei survival horror: il primo episodio, targato 1992, é infatti anteriore persino al primo Resident Evil (1996). Lo scopo é naturalmente quello di aiutare il protagonista a contrastare l'entità maligna sopraccitata, affrontando o sfuggendo le varie creature demoniache che cercheranno di sopprimerlo ad ogni pié sospinto. Una caratteristica fondamentale della serie, qui mantenuta, é il fatto che nel gioco rivestiranno un'importanza notevole le zone di luce e di ombra: nelle prime, infatti, le creature oscure saranno meno attiva e feroci che non nelle seconde, ed alcune addirittura si ritrarranno impaurite alla semplice luce di una torcia elettrica.
Esplorando più da vicino il sistema di gioco, scopriamo come questo sia una sorta di “puzzle” di diversi stili, che si alternano a seconda della necessità e della situazione. Nelle fasi per così dire “esplorative” tenderemo infatti a prediligere una modalità da action-arcade, con visuale in terza persona e un'iterazione con l'ambiente di tipo “prendi” o “usa”. La stessa visuale sarà mantenuta qualora ci trovassimo impegnati ad affrontare un nemico tramite spade, asce, sedie o qualsiasi altra arma da mischia o da lancio, fermo restando che la presenza di oggetti pesanti in mano andrà già da sé a modificare il set dei comandi.
Ancora differente l'impostazione nel momento in cui si debbano utilizzare armi da fuoco o da getto, come pistole, estintori o lanciafiamme improvvisati costituiti da accendino e bomboletta spray: in questo caso il gioco passerà ad una grafica in soggettiva che lo farà rassomigliare temporaneamente ad un FPS. Infine, sarà spesso possibile salire a bordo di automobili o altri veicoli e mettersi alla guida, scegliendo nel caso l'inquadratura da spot sopra il tettuccio o rimanendo in soggettiva nell'abitacolo. Tutto questo excursus per evidenziare il fatto di come non sia possibile descrivere in generale il sistema di controllo estremamente vario, e questo costituisce già un elemento di sconcerto nella meccanica del gioco: capita sovente di non riuscire a reagire con la necessaria prontezza alle varie situazioni semplicemente perché il passaggio da una modalità di controllo all'altra richiede anche solo un secondo di adattamento mentale.
Quando poi, ed é purtroppo un dato di fatto, i vari controlli presi singolarmente non rispondono a dovere alle sollecitazioni, allora le cose si fanno veramente fastidiose.
Avremo pertanto fasi FPS in cui la mira é legnosa e gli spostamenti lenti, o fasi di mischia in cui il maneggiare gli oggetti (tramite l'analogico destro, rubato al controllo inquadratura) é spesso impreciso, o ancora fasi di guida in cui il veicolo si comporta in maniera capricciosa, e spesso abbiamo solo pochi centimetri di tolleranza nelle traiettorie di curve o salti. Anche la gestione dell'inventario non aiuta: per quanto sia molto bella l'idea di distribuire gli oggetti raccolti tra le tasche interne della giacca realizzando tra l'altro delle combinazioni (bottiglia con fazzoletto, molotov con nastro bi-adesivo...), così come la possibilità di fasciare e medicare le ferite prese singolarmente, tutte queste azioni si svolgono in tempo reale, e sono pertanto sconsigliatissime proprio quando risulterebbero più utili, ossia durante i combattimenti.
Tecnicamente siamo di fronte ad un prodotto dall'impatto molto valido: il motore grafico gestisce ambienti decisamente ampi e nel contempo ben dettagliati, e soprattutto supporta ottimamente effetti di luce ed ombra in tempo reale. Particolare attenzione é stata posta nella realizzazione del fuoco, sia nella sua propagazione sia nei vari utilizzi che questo può avere, a partire dalla molotov realizzata con una bottiglia e uno straccio, fino alla scia di materiale infiammabile rilasciata dal serbatoio forato di un'automobile. Ottima cura é stata posta anche nelle textures e nelle animazioni dei volti; decisamente inferiore, invece, la cura posta nelle animazioni dei modelli da battaglia, a partire dalle incertezze nei movimenti dello stesso Carnby e via fino a tutti i mostri che affronterete.
Promosso il sonoro, che alterna a temi maestosi ed incalzanti, necessari per le scene di particolare pathos, arie più chete ma altrettanto inquietanti durante le esplorazioni. Gli effetti sonori sono per lo più ben ricreati, salvo forse il rumore del motore delle automobili (ci é sembrato un po' troppo “acuto”); ottimi i doppiaggi in Italiano.
Come si intuisce dalla descrizione poco edificante del sistema di controllo, la giocabilità non é esattamente il punto di forza del titolo: il collage di generi differenti, nessuno dei quali realizzato ad altissimi livelli, é indubbiamente sconcertante e fastidioso, sebbene il tutorial in-game garantisca, almeno nelle fasi iniziali di gioco, tutte le indicazioni per svolgere le varie fasi correttamente. I nemici, escludendo i boss, si limitano fondamentalmente a tre tipi: quelli piccoli abbattibili con la pistola, quelli umanoidi che devono essere obbligatoriamente bruciati, e le pozze di oscurità da illuminare per farle ritrarre. Per tutti l'intelligenza artificiale é piuttosto elementare, e solo per i secondi si limita a prevedere qualche traiettoria di “fuga” nel momento in cui adoperate il fuoco.
Come se ciò non bastasse, l'esperienza di gioco é stata sviluppata secondo un binario piuttosto lineare, e con il procedere della storia anche le locazioni interessate andranno a sostituirsi: rispetto al “classico”, che prevedeva piuttosto un'evoluzione a spirale intorno ad una locazione centrale, si ha quindi un senso di impoverimento delle scelte. D'altra parte, una simile impostazione di trama agevola di molto quello che gli sviluppatori hanno voluto realizzare, ossia un'esperienza di gioco dal taglio prettamente cinematografico. Non a caso, l'elenco delle scene é ordinato come i capitoli di un DVD e l'indicatore di progresso nel capitolo é realizzato come lo spider di un player. É in effetti questo l'unico vero punto di forza del gioco: come un film dell'orrore, AitD trascina il giocatore attraverso le bobine della sua trama senza lasciargli il tempo per guardarsi indietro, salvo rare sotto-quest nelle aree più ampie, come Central Park.
Del resto, come ogni bel film d'azione che si rispetti, anche AitD non ha una durata eccessiva: dovreste essere in grado di portarlo a termine in meno di una decina di ore, anche se naturalmente rimarrà sempre la possibilità di rigiocarlo ad un livello di difficoltà superiore; specie considerando che la vera difficoltà non risiede nelle pattern di combattimento dell'IA quanto piuttosto nel pieno controllo del personaggio. Ben lungi dall'essere un capolavoro, questo AitD deve accontentarsi di affascinare per la trama e l'atmosfera trascinando con esse un protagonista recalcitrante dall'inizio alla fine. Non pessimo, ma avremmo gradito un lavoro molto più preciso e soddisfacente.
Alone in the dark
6
Voto
Redazione
Alone in the dark
Per quanto questo nuovo Alone in the Dark cerchi in tutti i modi di ingraziarsi il giocatore implementando elementi interessanti quali un uso molto vario del fuoco o molteplici combinazioni tra le parti dell'equipaggiamento, non riesce poi ad assemblare adeguatamente le varie modalità di gioco, siano esse l'esplorazione libera, il combattimento in mischia, le sparatorie FPS-style o gli slalom di guida. In ciascuna di queste fasi, infatti, manca più di “qualcosa” per renderle totalmente accettabili, e lo stacco tra l'una e l'altra é spesso. Un gioco che partiva coi migliori propositi rosica quindi la sufficienza solo in virtù di una trama dal taglio molto cinematografico, di una realizzazione grafica d'effetto (sebbene imperfetta) e di un ritmo di gioco gradevole, ma la gloria é indubbiamente lontana.