Alone in The Dark: il survival horror riparte daccapo. La recensione
La rivisitazione di Alone in the Dark è un gioco che mixa in modo errato le componenti fondamentali dei survival horror
Se si parla di survival horror, i primi nomi che saltano in mente sono sicuramente Resident Evil e Silent Hill. Magari qualcuno potrà parlare anche di Hunting Groung, i più "vaffinati" azzarderanno un Clock Tower, ma saranno davvero in pochi a ricordarsi di Alone in The Dark. Ed è una vera ingiustizia, perchè fu proprio il lavoro ideato da Frederick Raynal e pubblicato da Infogrames, a mettere sul piatto tutto quel set di regole, cliché e standard che sono poi diventati la base anche per i progetti futuri. Che, certo, hanno espanso e migliorato il concetto di base, ma che hanno attinto, e non poco, da quanto già disponibile. Certo è, che il lavoro di Infogrames prima e Atari poi, sul franchise non abbia certo brillato per acutezza e scelte particolarmente geniali, tanto che gli episodi veramente memorabili e in grado di imporsi sul mercato, sono da ricercare con il lanternino, relegando la saga nelle parti basse della classifica, fino a farla sprofondare nel dimenticatoio.
Un reboot della saga fa quindi notizia a prescindere, soprattutto se alla guida troviamo quelli di Pieces Interactive, che con un team di appena 40 persone, ma con una testa (a loro dire), piena di buone idee, si sono convinti di rimettere in carreggiata il franchise. E il risultato finale, ve lo anticipiamo, ha il suo perchè.
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La trama di Alone in The Dark
Nell’ottica di ripartenza della serie, Pieces Interactive, porta il giocatore alle origini della saga, facendo perno sui capisaldi che avevano caratterizzato l’esordio di Edward Carnby, il progenitore degli indagatori dell’incubo e degli eroi da survival horror.
In particolare, qui lo ritroviamo in versione “Fine Anni '20”, al fianco della sua cliente, Emily Hartwood, chiamata a Villa Derceto per indagare sulla misteriosa scomparsa dello zio, ossessionato dalla continua presenza di una entità oscura sulla cui natura, ed effettiva realtà, la stessa Emily pone più di un dubbio. Arrivata alla bislacca residenza, Edward ed Emily faranno la conoscenza dei curiosi abitanti della residenza, che tra un mistero e l'altro condurranno il nostro investigatore all'interno di un mistero a metà tra il mondo terreno e quello dell'occulto, dove il nostro Edward sembra saper passare più o meno a piacimento.
Tra il solito dedalo di stanza e anfratti segreti che compongono la magione, da visitare ed esplorare e un interessante numero di puzzle da risolvere e su cui abbiamo qualche volte perso anche fin troppo tempo, questo ritorno sulle scene di Alone in The Dark riesce sì ad intrattenere, ma anche a mostrare luci e ombre.
Alone in The Dark: moderno, ma non troppo
Se una cosa possiamo dire di questo reboot, è che a questo giro il team di sviluppo sembra aver invertito le parti, andando a saccheggiare un pò in giro da case history di successo. Inquadrature, formule e quant'altro sono messe in scena per svecchiare la formula, in parte riuscendoci pure, senza però avere quel guizzo che lo possa imporre al pari degli illustri competitors di settore.
C’è da dire che contrariamente a saghe come Resident Evil, specialmente nelle sue ultime interazioni, il lavoro di Pieces Interactive è di natura più lenta e ragionata, piuttosto che votata all’azione.
Derceto è densa di misteri, di puzzle da ricomporre, di indizi da trovare e combinare, di passaggi segreti da trovare e attivare e di personaggi con cui scambiare conversazioni più o meno sensate, ma comunque illuminanti su una trama ben costruita e posta in scena. Sono due, però gli elementi su cui abbiamo trovato difficile sorvolare.
Il primo è sicuramente il versante tecnico, che sembra essere rimasto indietro di qualche generazione. D’accordo aver coinvolto attori del calibro di David Harbor e Jodie Comer ad interpretare i protagonisti principali, meno sull’aver trasposto i loro personaggi con poca dovizia di particolari, in particolare sul fronte delle texture e degli effetti speciali. Più in generale è tutto il contesto estetico a non apparire particolarmente ispirato, e sicuramente l’ambientazione dell’America del sud della grande depressione non ha certo aiutato a ricreare un setting capace di attirare l’occhio. Ma a peggiorare la situazione c’è anche una scelta di assets di qualità non eccelsa, che ricostruiscono ambienti spogli, “piatti” e poco intriganti.
In seconda battuta arriva una certa mancanza di omogeneità negli elementi di base del survival horror, con una netta predominanza a favore dell’esplorazione e della soluzione degli enigmi rispetto a quella del combattimento, che spesso si riduce a sporadiche “pistolettate” ad avversari mossa da una IA deficitaria e dotati di un design non solo incapace di creare tensione nel giocatore, ma anche solo di portare quel clima di costante incertezza che sta alla base di qualsiasi survival horror che si rispetti. Una incertezza comunque regalata da un sistema di combattimento piuttosto legnoso e poco fluido sia che lo volesse affrontare armi alla mano (non mancano infatti pistole, fucili e mitragliatori), sia all'arma bianca.
La rappresentazione dell'orrore
Così come ci si è presentato, Alone in The Dark somiglia più ad un walking simulator puntellato di tanto in tanto da qualche combattimento a fuoco. Un prodotto quindi poco organico, incapace forse di accontentare gli amanti del genere nella loro totalità. Ed è un peccato, perché effettivamente i puzzle sono stati anche capaci di farci sbattere la testa nel tentativo di portare a casa la soluzione corretta, complice anche una traduzione a volte fallace, e l’esplorazione è stata bene gestita nella continua ricerca di quegli elementi (chiamati Lagniappe), in grado di sbloccare elementi bonus in grado di raccontarci meglio i fatti di Derceto, ma non solo.
Alone in the Dark resta quindi un gioco diretto a quella vecchia classe di giocatori che cercano meno azione pure e più ragionamento ed esplorazione. Il gioco, inoltre, mette il giocatore di poter iniziare l’avventura di Eward o di Emily, e sebbene l’avventura sarà praticamente la stessa, per sbloccare il gioco nella sua totalità dovrete calarvi nei panni di entrambi i protagonisti. La durata dichiarata dagli stessi autori è di circa otto ore, ma onestamente noi abbiamo impiegato qualche ora in più per la completa esplorazione degli ambienti e soprattutto per portare a termine il puzzle della maledetta cassaforte del porto, che esaurito i personali Punti Paradiso raccolti fino ad ora.
Versione Testata: PC
Voto
Redazione
Alone in the Dark (2024)
Alone in the Dark riparte dalle sue fondamenta, riportando il genere alle sue origini. Il che potrebbe essere un vantaggio, intendiamoci, se non fosse che così com'è stato realizzato, il lavoro degli sviluppatori somiglia più ad un walking simulator che non ad un survival horror. Il che potrebbe sicuramente fare la gioia di chi magari abbia voglia di mettere alla prova più le sue capacità di ragionamento piuttosto che i suoi riflessi, ma a prescindere da questo, si sente fin troppo la mancanza di un'atmosfera in grado di coinvolgere e creare quel clima di tensione in grado di appassionare i veri fans del genere.