Angel at Dusk, se H. R. Geiger fosse stato un fan degli shmup – Recensione PC
La recensione dello sparatutto a scorrimento di Akiragoya, grottesco nelle forme, brillante nei modi, unico nel suo genere
Il genere degli shmup viene solitamente accostato a navicelle spaziali e mech giganti, ma non è affatto estraneo ad iconografie horror più o meno spinte. Basti solo pensare a classici del settore come R-Type di Irem, Blazing Star di SNK, o Salamander di Konami, che uniscono alla tradizionale formula sparatutto scenari da incubo e mostri raccapriccianti da buttare giù a suon di vagonate di proiettili.
Distinguersi nelle generazioni passate con una presentazione fuori dagli schemi era molto in voga, spesso anche per compensare (o esaltare) i limiti tecnici dell’hardware dell’epoca, mentre con i bullet hell di oggi si punta a favorire la leggibilità dello schermo e a far parlare l’azione, con design puliti e fondali poco intrusivi.
Ecco perché un’opera come Angel at Dusk fa “scalpore” nel panorama moderno, con il suo look repellente e le sue ambientazioni “sporche”, fatte di budella vaganti, tentacoli e body horror gratuito. Eppure, sotto la sua crosta ripugnante si nasconde uno sparatutto a scorrimento di prim’ordine, realizzato da mani sapienti con un estro creativo “particolare” ma di grande effetto. Scopriamolo nel dettaglio.
Angel at Dusk - Storia e ambientazione
L’accozzaglia di corpi e organi alla rinfusa che accompagnano ogni singola illustrazione del titolo Akiragoya è sicuramente la prima cosa che salta all’occhio, ma una volta avviato Angel at Dusk si presenta come un’esperienza molto più personale di quanto ci aspettassimo, con un frasi di apertura e tutorial che si rivolgono direttamente al giocatore, come se fosse attore e spettatore di un viaggio arduo e surreale. Anche la trama si prende i suoi spazi e viene narrata un pezzetto alla volta al termine di ciascun livello, in modo che si possa avere un quadro completo solo dopo aver completato l’avventura, un ulteriore stimolo ad impegnarsi e a non demordere per raggiungere i titoli di coda.
Sono passati miliardi di anni da quando l’umanità scoprì una rivoluzionaria nuova forma di sostentamento, che gli consentì di risolvere i conflitti nel mondo e gradualmente di “ascendere”, abbandonando concetti come il dolore, il sesso, le emozioni, persino l’intelletto. Questa nuova forma di vita che ne è scaturita, chiamata angelo, ha un solo obiettivo: perseguire la felicità, e lo fa assorbendo i suoi simili oppure separandosi in più entità, senza uno scopo ben preciso, senza rancore verso il prossimo, un “Eden” fatto di carne in continuo mutamento. Un paradiso corrotto, scevro di qualunque pulsione, almeno finché il sole non diede inizio alla sua naturale spirale degenerativa, ripristinando con il suo calore estremo l’ego di alcuni angeli, che ora si danno battaglia per la supremazia del loro mondo morente.
Suona abbastanza macabro? Non avete ancora visto nulla. Le creature che popolano il mondo Angel at Dusk sembrano uscire dai peggiori incubi di qualche mente malata e sono finemente tratteggiate per rendere l’impatto ancora più disturbante. Anche la colonna sonora collabora a creare la giusta atmosfera, prima con un piglio quasi malinconico, forse in ricordo di un pianeta ormai sconvolto e irriconoscibile, poi con motivi più chiassosi e sconclusionati, a sottolineare la follia che regna sovrana in questa landa di materia organica informe. E dire che i motivetti del menù sono così accoglienti e orecchiabili...
Angel at Dusk - Gameplay e opzioni
Ma non dobbiamo dimenticarci che quello che montiamo sotto il cofano è uno shmup, un bullet hell per la precisione, e per giunta uno particolarmente brillante. Ignoriamo come ci siano riusciti gli sviluppatori, ma nonostante la mole di proiettili, collezionabili, nemici ed elementi dello scenario ricchi di dettagli, lo schermo è sempre leggibile, l’hitbox del giocatore sempre bene in vista e ogni colpo ben distinto dagli altri, rendendo l’azione fruibile e divertentissima.
Si spara tanto e si viene bersagliati ancora di più, con un sistema di fuoco rapido e attacchi caricati che assorbono i proiettili che incontrano, una barra vita che si ricarica nel tempo (ma niente continua, in caso di morte sarà game over) e una meccanica di level up studiata per premiare i più abili con una “navicella” sempre più voluminosa e pericolosa, a patto di non essere colpiti troppo spesso.
La curva di apprendimento è piuttosto ripida, soprattutto alla difficoltà Extinction (la seconda, figuriamoci), ma non ci siamo mai sentiti presi in giro dal gioco, che si dimostra sempre molto onesto nel modo di assaltarci, regalando occasionalmente respiro e fornendo tutti gli strumenti per riuscire a schivare i vari pattern, tradizionali ma piuttosto creativi, soprattutto per come interagiscono tra loro le salve. Ogni botta subita sarà solo colpa nostra (il più delle volte, ogni tanto si esagera); memoria e riflessi giocano un ruolo fondamentale, ma l’utilizzo del colpo caricato per pulire una porzione dei colpi in arrivo e i chiari avvisi sonori degli attacchi più insidiosi aiutano rapidamente a prendere confidenza con i colossali boss e i loro schemi assassini.
Quanto al canovaccio di base, abbiamo due modalità di gioco principali in Angel at Dusk: l’immancabile Arcade, in cui completare una serie di “storyline” da 5 livelli, scegliendo uno dei tanti archetipi per il proprio angelo (danno ad area, fuoco concentrato, a ricerca... il solito insomma) e uno dei livelli di difficoltà tra quelli proposti; e Original, una sorta di avventura roguelike in cui impostare il proprio arsenale tra armi primarie, secondarie e le bombe sbloccate, quindi tirare a campare il più a lungo possibile attraverso percorsi multipli, raccogliendo nuove armi e potenziamenti per quelle che già si possiedono. Entrambe funzionano e regalano sessioni coinvolgenti e impegnative al punto giusto, con un occhio di riguardo sia per i neofiti che i veterani del genere.