Anna Extended Edition
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Ne é passata di acqua sotto i ponti dai tempi dei 16bit, epoca in cui le software house nostrane spopolavano nella scena internazionale. Da Simulmondo ad Artematica, passando per Genias, Idea e Dynabyte, il videogioco tricolore viveva un periodo fiorente di sperimentazione ed alterne fortune. Periodo che purtroppo é solo un lontano ricordo, dal momento che attualmente abbiamo solo un “last man standing” rappresentato da Milestone (forse qualcuno ricorderà di quando si chiamavano Graffiti e spadroneggiavano con il mitico Screamer). Ebbene, dopo tanto tempo diamo il benvenuto al nuovo team Dreampainters che, forte del nuovo formato digital delivery si appresta ad avventurarsi nel mondo delle avventure grafiche (appunto) senza i patemi dei costi aggiuntivi di mastering e distribuzione.
Riusciranno i nostri eroi a raccogliere i consensi del mercato internazionale? Non sarà facile, ma già aver portato a termine la loro opera ed aver catturato l'attenzione del mondo giocante non é affatto poco. Mettiamo però le mani avanti: questo articolo non sarà assolutamente condiscendente con questa nuova software house italiana; non avremo nessun occhio di riguardo (cosa che invece abbiamo visto fare ad altri) ma tratteremo Anna esattamente come avremmo fatto con un gioco straniero ambientato in terra nostrana.
Ebbene sì, Anna é italiano anche nell'ambientazione, dal momento che si svolge in Valle d'Aosta e più precisamente in una segheria abbandonata realmente esistita. La nostra avventura parte al di fuori di tale costruzione, in un ambiente luminoso ed invitante, ma presto le cose cambieranno e l'atmosfera si farà decisamente opprimente. Già dai primi attimi si può notare la grande cura riposta nell'aspetto audiovisivo del gioco: il motore Unity é utilizzato al meglio, offrendoci una grafica davvero realistica e ricca di dettagli. Buona la mole poligonale, ottima l'illuminazione e le ombreggiature, così come i filtri utilizzati (per la cronaca, disattivando l'Ambient Occlusion si ottiene un notevole boost nelle prestazioni al costo di ombre leggermente meno realistiche). La parte del leone però é costituita dall'erba digitale, davvero ben realizzata: i numerosi ciuffi mossi dal vento trasfigurano le ombre che vi si posano sopra, restituendo una grande sensazione di pace e tranquillità amplificata sia dalla splendida colonna sonora che dai realistici effetti sonori bucolici.
Una delle cose migliori del gioco é proprio il contrasto netto che si viene a creare tra l'esterno e l'interno dell'edificio, il che ci ha ricordato la dicotomia luce/buio già vista nel vecchio Project Zero 3 e mai più ripresa in nessun gioco horror. Nei panni di un ignoto viaggiatore ci troveremo in questo luogo deserto, che a suo dire aveva già visto numerose volte nei suoi incubi. La trama é volutamente vaga, e dai pochi indizi si intuisce che forse il protagonista stia cercando una ragazza. Chi sia costei e che legame abbia con lui forse lo scopriremo durante il gioco, se saremo abbastanza abili e tenaci da arrivare in fondo senza incappare in uno dei due “falsi finali”. Ma in Anna non saremo mai sicuri di niente.. nemmeno che l'esperienza di gioco sia “reale” e non uno degli incubi di cui si accenna nell'incipit.
Appurato che l'atmosfera c'é, la grafica fa la sua porca figura e la trama é discretamente interessante, passiamo al gioco vero e proprio. Che però non c'é. Scherzi a parte, é palese come il punto debole di Anna (e che punto debole) sia proprio nel game design. Magari chi non é avvezzo alle avventure grafiche si metterà a ridere se parliamo di gameplay in un gioco del genere, ma in realtà le stesse avventure hanno tutta una serie di regole, assiomi e canoni tesi a rendere l'esperienza più divertente e meno tediosa possibile. Anna queste regole le infrange tutte, dalla prima all'ultima. Questo può essere anche positivo se si va ad innovare e migliorare ma, almeno in questo caso, non é una buona cosa. Ma andiamo con ordine: le tre regole d'oro di solito sono: Interfaccia, Progressione ed Enigmi.
Una buona avventura deve avere un'Interfaccia snella e funzionale, che dopo alcuni minuti di gioco deve praticamente diventare “invisibile” agli occhi del giocatore e consentirgli di fare quello che vuole senza impedimenti ed ostacoli di natura tecnico-meccanico-concettuale. L'esempio lampante é Full Throttle, classico di Tim Shafer datato 1995 dove é possibile fare qualsiasi cosa con due clic. Va bene che Anna utilizza un'interfaccia molto differente, ispirata a Penumbra ed Amnesia dei geniali Frictional Games, ma non é possibile che nel 2012 esca un gioco più scomodo e macchinoso delle prime avventure “Multimediali” su CD-Rom che giravano vent'anni fa. Sul serio, senza scomodare i classiconi Lucas, titoli relativamente obsoleti come Myst o The Journeyman Project sono più piacevoli da giocare. Basti dire che per usare un oggetto dell'inventario dovremo prima richiamarlo col tasto centrale, poi selezionarlo col sinistro, poi uscire dal menu col centrale e infine utilizzarlo dove vogliamo di nuovo col sinistro. Inutile dire che se sbagliamo mira con un clic o se l'oggetto “non funziona” sul nostro obbiettivo, ci scomparirà dalle mani e dovremo rifare il tutto daccapo. Evidentemente pareva brutto fare un inventario a scomparsa col solo tasto destro premuto, rilasciandolo sull'oggetto desiderato per prenderlo.
Stendiamo poi un velo pietoso sull'utilizzo del tasto destro (appunto), una “manina” per spostare gli oggetti come in Amnesia: peccato che in Anna possiamo utilizzarla solo con sei (esatto, SEI) oggetti specifici in tutto il gioco e non sulle altre centinaia di cose sparse in giro. Una cosa, questa, che funziona malissimo (non ci si può nemmeno spostare mentre si ha in mano qualcosa) e che nei vari Penumbra e compagni, nonostante fosse fatta meglio e utilizzabile con qualsiasi cosa, non richiedeva certo un tasto tutto suo da sottrarre all'interfaccia.
Come se non bastasse, il gioco fallisce anche nel comunicarci dove sbagliamo: ogni volta che usiamo una combinazione di oggetti non prevista dal gioco (tipo il coltello A anziché il coltello B per tagliare una certa cosa) ci viene fornita una frase generica (del tipo “che minchia fai” o “non ci hai capito una fava”) e quindi non sappiamo mai in cosa abbiamo sbagliato e perché. Come mai non posso usare “oggetto contundente A” per forzare la lo sportello X, mentre “oggetto contundente B” va bene? Che logica c'é oltre il fatto che il game designer non ci ha pensato? Chi me lo spiega?
Riusciranno i nostri eroi a raccogliere i consensi del mercato internazionale? Non sarà facile, ma già aver portato a termine la loro opera ed aver catturato l'attenzione del mondo giocante non é affatto poco. Mettiamo però le mani avanti: questo articolo non sarà assolutamente condiscendente con questa nuova software house italiana; non avremo nessun occhio di riguardo (cosa che invece abbiamo visto fare ad altri) ma tratteremo Anna esattamente come avremmo fatto con un gioco straniero ambientato in terra nostrana.
Ebbene sì, Anna é italiano anche nell'ambientazione, dal momento che si svolge in Valle d'Aosta e più precisamente in una segheria abbandonata realmente esistita. La nostra avventura parte al di fuori di tale costruzione, in un ambiente luminoso ed invitante, ma presto le cose cambieranno e l'atmosfera si farà decisamente opprimente. Già dai primi attimi si può notare la grande cura riposta nell'aspetto audiovisivo del gioco: il motore Unity é utilizzato al meglio, offrendoci una grafica davvero realistica e ricca di dettagli. Buona la mole poligonale, ottima l'illuminazione e le ombreggiature, così come i filtri utilizzati (per la cronaca, disattivando l'Ambient Occlusion si ottiene un notevole boost nelle prestazioni al costo di ombre leggermente meno realistiche). La parte del leone però é costituita dall'erba digitale, davvero ben realizzata: i numerosi ciuffi mossi dal vento trasfigurano le ombre che vi si posano sopra, restituendo una grande sensazione di pace e tranquillità amplificata sia dalla splendida colonna sonora che dai realistici effetti sonori bucolici.
Una delle cose migliori del gioco é proprio il contrasto netto che si viene a creare tra l'esterno e l'interno dell'edificio, il che ci ha ricordato la dicotomia luce/buio già vista nel vecchio Project Zero 3 e mai più ripresa in nessun gioco horror. Nei panni di un ignoto viaggiatore ci troveremo in questo luogo deserto, che a suo dire aveva già visto numerose volte nei suoi incubi. La trama é volutamente vaga, e dai pochi indizi si intuisce che forse il protagonista stia cercando una ragazza. Chi sia costei e che legame abbia con lui forse lo scopriremo durante il gioco, se saremo abbastanza abili e tenaci da arrivare in fondo senza incappare in uno dei due “falsi finali”. Ma in Anna non saremo mai sicuri di niente.. nemmeno che l'esperienza di gioco sia “reale” e non uno degli incubi di cui si accenna nell'incipit.
Appurato che l'atmosfera c'é, la grafica fa la sua porca figura e la trama é discretamente interessante, passiamo al gioco vero e proprio. Che però non c'é. Scherzi a parte, é palese come il punto debole di Anna (e che punto debole) sia proprio nel game design. Magari chi non é avvezzo alle avventure grafiche si metterà a ridere se parliamo di gameplay in un gioco del genere, ma in realtà le stesse avventure hanno tutta una serie di regole, assiomi e canoni tesi a rendere l'esperienza più divertente e meno tediosa possibile. Anna queste regole le infrange tutte, dalla prima all'ultima. Questo può essere anche positivo se si va ad innovare e migliorare ma, almeno in questo caso, non é una buona cosa. Ma andiamo con ordine: le tre regole d'oro di solito sono: Interfaccia, Progressione ed Enigmi.
Una buona avventura deve avere un'Interfaccia snella e funzionale, che dopo alcuni minuti di gioco deve praticamente diventare “invisibile” agli occhi del giocatore e consentirgli di fare quello che vuole senza impedimenti ed ostacoli di natura tecnico-meccanico-concettuale. L'esempio lampante é Full Throttle, classico di Tim Shafer datato 1995 dove é possibile fare qualsiasi cosa con due clic. Va bene che Anna utilizza un'interfaccia molto differente, ispirata a Penumbra ed Amnesia dei geniali Frictional Games, ma non é possibile che nel 2012 esca un gioco più scomodo e macchinoso delle prime avventure “Multimediali” su CD-Rom che giravano vent'anni fa. Sul serio, senza scomodare i classiconi Lucas, titoli relativamente obsoleti come Myst o The Journeyman Project sono più piacevoli da giocare. Basti dire che per usare un oggetto dell'inventario dovremo prima richiamarlo col tasto centrale, poi selezionarlo col sinistro, poi uscire dal menu col centrale e infine utilizzarlo dove vogliamo di nuovo col sinistro. Inutile dire che se sbagliamo mira con un clic o se l'oggetto “non funziona” sul nostro obbiettivo, ci scomparirà dalle mani e dovremo rifare il tutto daccapo. Evidentemente pareva brutto fare un inventario a scomparsa col solo tasto destro premuto, rilasciandolo sull'oggetto desiderato per prenderlo.
Stendiamo poi un velo pietoso sull'utilizzo del tasto destro (appunto), una “manina” per spostare gli oggetti come in Amnesia: peccato che in Anna possiamo utilizzarla solo con sei (esatto, SEI) oggetti specifici in tutto il gioco e non sulle altre centinaia di cose sparse in giro. Una cosa, questa, che funziona malissimo (non ci si può nemmeno spostare mentre si ha in mano qualcosa) e che nei vari Penumbra e compagni, nonostante fosse fatta meglio e utilizzabile con qualsiasi cosa, non richiedeva certo un tasto tutto suo da sottrarre all'interfaccia.
Come se non bastasse, il gioco fallisce anche nel comunicarci dove sbagliamo: ogni volta che usiamo una combinazione di oggetti non prevista dal gioco (tipo il coltello A anziché il coltello B per tagliare una certa cosa) ci viene fornita una frase generica (del tipo “che minchia fai” o “non ci hai capito una fava”) e quindi non sappiamo mai in cosa abbiamo sbagliato e perché. Come mai non posso usare “oggetto contundente A” per forzare la lo sportello X, mentre “oggetto contundente B” va bene? Che logica c'é oltre il fatto che il game designer non ci ha pensato? Chi me lo spiega?