Anna Extended Edition
di
Ma andiamo avanti col fattore Progressione: tempo addietro il mitico duo Shafer e Gilbert ci spiegavano che il giocatore deve avere bene in mente uno scopo che lo spinga a proseguire: un grande obbiettivo finale e tanti piccoli sotto-obbiettivi utili a raggiungerlo, i quali spuntano fuori avanzando. Anche se a volte ci sono cose bislacche o inaspettate, ci deve sempre essere una sottile logica di fondo ed una coerenza nell'assurdo. In Anna l'obbiettivo é sempre fumoso, e non abbiamo mai idea di cosa fare per proseguire. Si va letteralmente a tentoni, provando tutto su tutto e scontrandoci costantemente con l'interfaccia scomoda di cui sopra.
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In un'avventura horror si può perdonare la presenza di un po' di mistero e incertezze, ma qui si esagera. Si sarebbe potuto creare un contesto narrativo che spingesse il giocatore a capire da solo cosa fare, ma solo in rari casi troviamo indizi del genere. Per mettere una toppa a tale buco di game design, ecco a venirci incontro un sistema di aiuti dinamici che saltano fuori premendo un determinato tasto o aspettando un certo lasso di tempo (a seconda delle impostazioni). Già questa “feature” suona come una dichiarazione di sconfitta da parte del game designer, ma come da copione gli aiuti spesso tralasciano cose importanti (bellissimo il “non mi viene in mente niente”) o ci suggeriscono di fare cose che al momento non servono, ma che serviranno più avanti dopo aver fatto altro.
Una parola infine per gli Enigmi, come già detto spesso illogici e slegati dal contesto: faremo cose “per caso” dopo numerosi tentativi, o dopo aver scoperto che l'azione che avevamo in mente era giusta ma andava fatta in particolari condizioni, cliccando su un determinato punto anziché lì vicino o dopo aver fatto un'altra cosa che apparentemente non serve a nulla. Emblematico l'esempio di quando dobbiamo poggiare gli oggetti flosci A e B sull'elemento del fondale X, come ci suggerisce anche l'indizio, ma il gioco si rifiuta di farlo senza dirci il motivo: sta a noi scoprire a tentativi ed in maniera del tutto illogica che bisogna prima combinare l'oggetto A con “l'oggetto inquietante C che non c'entra nulla col resto”.
Spettacolare poi quando davanti ad una porta chiusa ci dice “La aprirei nell'improbabile caso in cui avessi una spranga, ma é meglio se cerco la chiave”. Peccato che la spranga nell'inventario c'é! E se proviamo a usarla sulla porta il gioco ci sberleffa con uno dei suoi “ma come ti viene in mente”. Insomma, sotto il profilo del gameplay Anna é bocciato su tutti i fronti, presentando errori di design che non si vedevano da 15 anni in un'avventura grafica commerciale.
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Come già detto, fattore tecnico ed atmosfera invece ci sono: il mix audiovisivo crea una certa tensione che però non si va mai a concretizzare in qualcosa di davvero spaventoso. Se infatti in Amnesia avevamo suggestioni inquietanti e tensione palpabile che talvolta sfociavano nel terrore puro (la minaccia latente si trasformava in minaccia vera e concreta.. e pure brutta!) in Anna questo non succede mai. Abbiamo un'ampia gamma di suoni, sussurri e dialoghi, oltre che di piccoli avvenimenti (sia scriptati che casuali) che metteranno in tensione il giocatore, soprattutto se si avventurerà in una sessione notturna, senza però mai sfociare in qualcosa di davvero terrorizzante che minacci seriamente l'incolumità del protagonista. Abbiamo piccole apparizioni, terremoti, stanze cangianti, ma niente di più. La situazione più spaventosa che abbiamo affrontato aveva per protagonista una creatura umanoide “fatta di fumo”, ma le cui fattezze erano sin troppo stilizzate, tanto da apparire quasi ridicole. Inoltre la presenza di soli quattro ambienti tradisce la natura budget di un gioco che é ben lontano dall'estensione geografica dei suoi diretti concorrenti.
I finali possibili sono tre, ma é possibile vederli tutti in una sola run: due di questi infatti “interrompono” il gioco a metà strada, e non concludono la storia. A questo punto bisognerà ricaricare il salvataggio precedente e tentare di proseguire per vedere il vero finale (nonché tutti e quattro gli ambienti disponibili). La trama a quanto pare si basa su una leggenda popolare della Valle d'Aosta, che ha a che fare con una ragazza e con una maledizione; ma il gioco prende tale storia semplicemente come spunto per la vicenda del protagonista: solo alla fine scopriremo cosa egli ha a che fare con Anna. Tutto sommato la vicenda appare un po' banale, ed il modo di arrivare all'epilogo é costellato da strani riti ed azioni del tutto illogiche da effettuare a tentativi, le quali ci portano verso conseguenze ancora più illogiche. Ha senso, per esempio, che per aprire una porta si debba spegnere una fiamma? Solo un paio di queste azioni strampalate, col senno di poi e con un po' di fantasia, potrebbero rivelarsi delle allegorie, ma anche a volerci cercare un senso il gioco ne esce mortificato: Si potrebbe infatti obbiettare che il tutto é “allucinato” o vuole rappresentare un incubo, ma in tal caso l'illogicità del tutto va comunque a danneggiare il gameplay e la fruibilità dell'opera stessa.
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La frase del trailer che suggeriva una sorta di intelligenza artificiale che cambiava qualcosa in base alle azioni del giocatore era totalmente fuorviante: l'avventura é assolutamente lineare e sempre identica, eccezion fatta per alcuni piccoli (ed ininfluenti) eventi più o meno randomici o scriptati di cui abbiamo già parlato. Pensate a quelli di Eternal Darkness, ma molto meno fantasiosi e decisamente più esigui in numero. Alla prima partita, brancolando quindi nel buio ed andando a tentoni, la longevità può raggiungere le 3-4 ore. Sapendo già cosa fare e dove andare ce la si cava in meno di mezz'ora, sempre che non capiti il primo finale (di cui abbiamo parlato) che dimezza ulteriormente il conteggio e che non sempre consente di proseguire dal salvataggio.
Come già detto il sonoro é di ottima fattura, tanto nelle musiche (composte dalla talentuosa band gotica Chantry) quanto negli effetti e nei suoni “tensivi”. La localizzazione italiana al momento é assente (incredibile per un gioco italiano!) ma la patch nella nostra lingua sarà pubblicata a breve. I testi in inglese non sono sempre convincenti, in quanto talvolta utilizzano dei termini desueti o delle costruzioni sintattiche un po' ardite o arzigogolate. Insomma, “ci dobbiamo sempre far riconoscere”.
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In un'avventura horror si può perdonare la presenza di un po' di mistero e incertezze, ma qui si esagera. Si sarebbe potuto creare un contesto narrativo che spingesse il giocatore a capire da solo cosa fare, ma solo in rari casi troviamo indizi del genere. Per mettere una toppa a tale buco di game design, ecco a venirci incontro un sistema di aiuti dinamici che saltano fuori premendo un determinato tasto o aspettando un certo lasso di tempo (a seconda delle impostazioni). Già questa “feature” suona come una dichiarazione di sconfitta da parte del game designer, ma come da copione gli aiuti spesso tralasciano cose importanti (bellissimo il “non mi viene in mente niente”) o ci suggeriscono di fare cose che al momento non servono, ma che serviranno più avanti dopo aver fatto altro.
Una parola infine per gli Enigmi, come già detto spesso illogici e slegati dal contesto: faremo cose “per caso” dopo numerosi tentativi, o dopo aver scoperto che l'azione che avevamo in mente era giusta ma andava fatta in particolari condizioni, cliccando su un determinato punto anziché lì vicino o dopo aver fatto un'altra cosa che apparentemente non serve a nulla. Emblematico l'esempio di quando dobbiamo poggiare gli oggetti flosci A e B sull'elemento del fondale X, come ci suggerisce anche l'indizio, ma il gioco si rifiuta di farlo senza dirci il motivo: sta a noi scoprire a tentativi ed in maniera del tutto illogica che bisogna prima combinare l'oggetto A con “l'oggetto inquietante C che non c'entra nulla col resto”.
Spettacolare poi quando davanti ad una porta chiusa ci dice “La aprirei nell'improbabile caso in cui avessi una spranga, ma é meglio se cerco la chiave”. Peccato che la spranga nell'inventario c'é! E se proviamo a usarla sulla porta il gioco ci sberleffa con uno dei suoi “ma come ti viene in mente”. Insomma, sotto il profilo del gameplay Anna é bocciato su tutti i fronti, presentando errori di design che non si vedevano da 15 anni in un'avventura grafica commerciale.
Come già detto, fattore tecnico ed atmosfera invece ci sono: il mix audiovisivo crea una certa tensione che però non si va mai a concretizzare in qualcosa di davvero spaventoso. Se infatti in Amnesia avevamo suggestioni inquietanti e tensione palpabile che talvolta sfociavano nel terrore puro (la minaccia latente si trasformava in minaccia vera e concreta.. e pure brutta!) in Anna questo non succede mai. Abbiamo un'ampia gamma di suoni, sussurri e dialoghi, oltre che di piccoli avvenimenti (sia scriptati che casuali) che metteranno in tensione il giocatore, soprattutto se si avventurerà in una sessione notturna, senza però mai sfociare in qualcosa di davvero terrorizzante che minacci seriamente l'incolumità del protagonista. Abbiamo piccole apparizioni, terremoti, stanze cangianti, ma niente di più. La situazione più spaventosa che abbiamo affrontato aveva per protagonista una creatura umanoide “fatta di fumo”, ma le cui fattezze erano sin troppo stilizzate, tanto da apparire quasi ridicole. Inoltre la presenza di soli quattro ambienti tradisce la natura budget di un gioco che é ben lontano dall'estensione geografica dei suoi diretti concorrenti.
I finali possibili sono tre, ma é possibile vederli tutti in una sola run: due di questi infatti “interrompono” il gioco a metà strada, e non concludono la storia. A questo punto bisognerà ricaricare il salvataggio precedente e tentare di proseguire per vedere il vero finale (nonché tutti e quattro gli ambienti disponibili). La trama a quanto pare si basa su una leggenda popolare della Valle d'Aosta, che ha a che fare con una ragazza e con una maledizione; ma il gioco prende tale storia semplicemente come spunto per la vicenda del protagonista: solo alla fine scopriremo cosa egli ha a che fare con Anna. Tutto sommato la vicenda appare un po' banale, ed il modo di arrivare all'epilogo é costellato da strani riti ed azioni del tutto illogiche da effettuare a tentativi, le quali ci portano verso conseguenze ancora più illogiche. Ha senso, per esempio, che per aprire una porta si debba spegnere una fiamma? Solo un paio di queste azioni strampalate, col senno di poi e con un po' di fantasia, potrebbero rivelarsi delle allegorie, ma anche a volerci cercare un senso il gioco ne esce mortificato: Si potrebbe infatti obbiettare che il tutto é “allucinato” o vuole rappresentare un incubo, ma in tal caso l'illogicità del tutto va comunque a danneggiare il gameplay e la fruibilità dell'opera stessa.
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La frase del trailer che suggeriva una sorta di intelligenza artificiale che cambiava qualcosa in base alle azioni del giocatore era totalmente fuorviante: l'avventura é assolutamente lineare e sempre identica, eccezion fatta per alcuni piccoli (ed ininfluenti) eventi più o meno randomici o scriptati di cui abbiamo già parlato. Pensate a quelli di Eternal Darkness, ma molto meno fantasiosi e decisamente più esigui in numero. Alla prima partita, brancolando quindi nel buio ed andando a tentoni, la longevità può raggiungere le 3-4 ore. Sapendo già cosa fare e dove andare ce la si cava in meno di mezz'ora, sempre che non capiti il primo finale (di cui abbiamo parlato) che dimezza ulteriormente il conteggio e che non sempre consente di proseguire dal salvataggio.
Come già detto il sonoro é di ottima fattura, tanto nelle musiche (composte dalla talentuosa band gotica Chantry) quanto negli effetti e nei suoni “tensivi”. La localizzazione italiana al momento é assente (incredibile per un gioco italiano!) ma la patch nella nostra lingua sarà pubblicata a breve. I testi in inglese non sono sempre convincenti, in quanto talvolta utilizzano dei termini desueti o delle costruzioni sintattiche un po' ardite o arzigogolate. Insomma, “ci dobbiamo sempre far riconoscere”.