Another Code: Recollection, memorie sbiadite – Recensione Switch
La recensione dell’avventura grafica di Arc System Works e Nintendo, remake del franchise nato su DS e Wii, eco di due opere nate per fare sfoggio delle caratteristiche della propria console di origine
Torniamo a parlare di Another Code: Recollection, rivisitazione in chiave moderna di Another Code: Two Memories e Another Code: R – Viaggio al confine della memoria, la cui demo ci aveva piacevolmente sorpreso nonostante alcune evidenti lacune, tecniche e non. I due cult per DS e Wii prendono vita su Switch sotto una luce diversa, e pur avendone apprezzato lo spirito non possiamo dirci pienamente soddisfatti. Di seguito la recensione completa di Another Code: Recollection.
Incorporando due giochi in un singolo pacchetto, uno sequel diretto dell’altro, gli sviluppatori hanno ben pensato di agganciare la narrazione delle due opere, facendo coincidere l’inizio di R con la conclusione di Two Memories. Lo stacco netto tra i due capitoli è evidente e non esattamente elegante, ma all’atto pratico funziona e consente di passare da una storia all’altra senza perdersi in preamboli inutili. Il problema nasce quando si mettono a confronto le due opere, visto che Two Memories è veramente breve.
Anche senza aiuti si può arrivare tranquillamente all’epilogo in 4-5 ore. Si apprezza sempre la volontà di mantenere inalterata la struttura di un titolo in fase di remake, tuttavia, considerati il restyle grafico completo e il rimaneggiamento di gran parte degli enigmi, forse si poteva lavorare un po’ con i buchi lasciati da Cing all’epoca.
Two Memories è un gioco piccolo, nato principalmente per mostrare di cosa fosse capace il DS ai tempi del suo debutto nei negozi, e di conseguenza la storia, nonostante alcuni spunti interessanti, lascia il tempo che trova, con sviluppi frettolosi e molti dettagli spiegati in modo approssimativo o accantonati per passare rapidamente alla prossima prova. Su DS un intrigante showcase delle neonate funzionalità della console come touch screen, doppio schermo e microfono, su Switch una serie di operazioni basilari, e pure semplici da decifrare, escluse un paio di occasioni.
Paradossalmente è durante le prime battute, quelle della demo in pratica, che si era intravisto un barlume di coraggio e inventiva, non solo a livello ludico, ma anche registico; quello che segue è un lavoretto tanto pulito quanto poco stimolante, funzionale ma non esattamente quello che ci si aspetta da un prodotto venduto a prezzo pieno. Se non altro, il tempo trascorso in compagnia di Two Memories nel complesso è piacevole e il ritmo allegro incentiva a proseguire l’avventura in cerca di risposte; non a caso, l’abbiamo portato a termine in una sola sessione.
Diverso per concezione e obiettivi, R si presenta invece come un’avventura grafica più tradizionale; più dialoghi, meno enigmi, molti più personaggi e anche qui un radicale cambio di prospettiva (su Wii era praticamente a scorrimento, con il puntatore del telecomando utilizzato per spostarsi a sinistra e a destra). L’impressione, quindi, è quella di una ricetta decisamente più allettante per chi dall’originale bramava una vicenda più dettagliata, ma da profani R ci è sembrato più “annacquato” che longevo.
Gran parte del cast con cui si interagisce è infatti perlopiù accessorio e la storia fatica a decollare, con una premessa vaga e uno sviluppo abbastanza pretestuoso; non aiuta il fatto che Ashley non sia tra i protagonisti più carismatici sul mercato (è pur sempre un'adolescente, difficile pretendere di più). Eventualmente però gli indizi si accumulano, la trama prende piede e il tutto diventa piuttosto interessante, anche se non raggiungono mai chissà quali picchi di epicità.
Per il resto manteniamo la medesima opinione avuta durante l’analisi della demo: ottimi i modelli poligonali dei personaggi, anche se abbastanza limitati a livello di animazioni, e la realizzazione degli interni, meno quella degli ambienti esterni, soprattutto in R, dove prati, rocce e sentieri si riducono spesso a una macchia colorata; qualche caricamento di troppo. Molto buono il doppiaggio in inglese, anche se in numerose occasioni gli attori sembrano vergognarsi di urlare o alzare i toni, quando invece la situazione o il tratteggio della vignetta lo suggerirebbe; ci si può lavorare.