Apex Legends
Venticinque milioni di giocatori macinati in pochissimo tempo non sono per niente una cifra esigua, soprattutto quando ad accoglierli è un nuovo battle royale free-to-play seriamente pronto a dare filo da torcere all’ormai onnipresente Fortnite. Se da un lato la novità può essersi rivelata il complice di questo omicidio perfetto, dall’altro bisogna ammettere che Respawn Entertainment è stata in grado di confezionare un piccolo gioiello pensato ad hoc per tutti i giocatori che calcano il palcoscenico legato a questo genere.
Il suo arrivo è paragonabile a un vero fulmine a ciel sereno, o meglio, per fare una metafora più arguta, al distacco di un Titano richiamato dal proprio pilota in mezzo al deserto senza un particolare motivo. La scelta è presto spiegata: lasciando infatti da parte i canoni di pubblicazione legati alla maggior parte dei prodotti, pensati per il mercato videoludico, Electronic Arts ha (ben)pensato questa volta di farsi “gli affari suoi”, mettendo da parte l’insaziabile voglia di strillare ai quattro venti quel segreto chiamato Apex Legends al pari di un adolescente geloso, pronto a nascondere in classe la cioccolata per evitare di condividerla con qualcuno.
La strategia sembra aver funzionato a pennello e a dimostrarlo, come accennato in cima, sono stati il numero di download del client di gioco all’interno di Origin (piattaforma proprietaria), seguiti intenzionalmente da un numero di volti ampiamente famosi nel settore che hanno cominciato a streammarlo su Twitch. Ma in che modo un prodotto del genere, a discapito del tentativo fatto da altri, ha avuto la possibilità di staccare così tanto i competitor?
CI VUOLE UN PO’ DI STILE
Trattandosi di un prodotto ispirato all’universo di Titanfall, Apex Legends cerca di assomigliare al proprio parente assimilando le sue parti distintive, facendo quindi sue la visuale in prima persona e il gunplay tattico quanto frenetico. Differenziandosi già in questo modo dal suo competitor principale, il prodotto sposta l’intera esperienza sull’approccio in prima persona, affidando pertanto la maggior parte delle responsabilità in gioco ai riflessi, seguiti chiaramente da una buona competenza nell’uso delle armi da fuoco.
Come direbbe un navigato Jack Burton, sopravvivere ad Apex Legends “è solo una questione di riflessi” accompagnati, diciamo noi, dall’abilità di adattarsi a un gameplay dinamico che cerca di facilitarci il compito basandosi sul concetto della semplicità.
Non troviamo infatti chissà quali tecnicismi alla base del gioco, ma solo una serie di semplici regole auree da imparare partita dopo partita: si parte dalla scelta del punto di atterraggio, poi si pensa a studiare la suddivisione dell’inventario arrivando, infine, alla selezione delle armi con cui trovarsi a proprio agio durante lo scontro. Dimenticate le costruzioni, i materiali con cui farle o chissà che altro, e fermatevi solo a pensare al modo migliore per sopravvivere allo scontro.
I tratti distintivi che rendono Apex Legends un prodotto diverso dalla concorrenza non emergono però solo dalla visuale in prima persona, ma anche dall’opportunità di attingere da un roster eterogeneo composto da otto leggende, raggruppate per classi in relazione alle abilità utilizzabili sul campo.
Dopo aver affrontato un breve tutorial utile a conoscere principalmente l’utilizzo di ogni tasto da utilizzare in gioco, ci si può lanciare direttamente nella mischia sfruttando la rapidità del matchmaking, che in pochi secondi riesce a infilarci in partita evitandoci così spiacevoli tempi morti tra un match e l’altro. Ogni battaglia si svolge tra una rosa di venti squadre composte da tre combattenti ciascuna e all’inizio del match, in una manciata di secondi, ogni giocatore deve scegliere a turno quale leggenda vogliono interpretare nello scontro.
Ognuna di queste vanta un proprio background e convive con un proprio loadout in termini di abilità passive e attive, che fanno da contorno a una “mossa finale” (o ultimate se vogliamo) capaci di comporre un mosaico interessante soprattutto se combinate insieme nel team. Le nostre prime partite le abbiamo passate nei panni di Gibraltar, un soldato che può richiamare una cupola protettiva al fine di difendere sé stesso e gli alleati durante lo scontro, mentre come ultimate ha la capacità di effettuare un bombardamento aereo, dando filo da torcere ai nemici nelle zone più anguste. Ma anche gli altri eroi hanno molto da dire in merito a divertimento e abilità da utilizzare, basta citare Bloodhound con la sua peculiare abilità di scovare i nemici in un’area seguendo le orme, oppure Wraith, una donna capace di entrare in un reame spirito aprendo portali da far usare a sé stessa e ai suoi compagni.
L’eterogeneità degli eroi da usare in partita concede una discreta flessibilità nella composizione della squadra, fattore che aiuta sicuramente i giocatori anche quando non hanno la fortuna di giocare in compagnia di amici. Chiaramente il titolo offre la possibilità di aprire un canale di comunicazione tramite microfono o chat testuale, ma sappiamo tutti molto bene che non è facile trovare persone affiatate con cui giocare bene già dalla prima partita.
NOVIZI SENZA PENSIERI
Come stiamo scrivendo già da un po', Apex Legends cerca di venire incontro alle necessità dei giocatori meno avvezzi al genere, semplificando moltissimo l’approccio al punto di rendere ogni comando intuitivo e facile da amministrare. Il lancio sull’isola della squadra viene gestito dal jumpmaster, il quale può guidare l’intero gruppo verso la posizione designata accettando al contempo, tramite pressione del tasto centrale, i suggerimenti di posizioni alternative da parte degli altri membri del team. Fare queste valutazioni non è certamente facile, motivo per cui vi consigliamo non solo di imparare a conoscere le diverse location che compongono l’isola, ma anche di guardarvi intorno per capire se anche altri gruppi sceglieranno malauguratamente il vostro stesso punto di atterraggio.
Iniziare in un posto isolato si rivela la migliore soluzione da seguire, soprattutto in vista del loot che dovrebbe comporre il primo loadout con cui cercare di difenderci, dato che si parte praticamente senza nessun tipo di arma a corredo. L’arsenale si suddivide in categorie già note al genere sparatutto, ma è importante capire sin da subito la gestione dell’inventario così da imparare a raccogliere gli oggetti migliori senza perdere tempo a navigare tra i menù con il rischio di essere uccisi nel frattempo. In questo caso può aiutarvi la palettatura dei colori, dato che ogni arma avrà un colore assegnato per tipologia che riguarderà non solo la sua rarità, ma anche le munizioni necessarie per caricarla.
Ci sono anche tanti accessori per le armi, anch’essi suddivisi per rarità, seguiti da pacchetti per salute e armatura che sono indispensabili al fine di prolungare la vostra permanenza sul campo. Tra l’altro in questo particolare frangente è importante segnalare la presenza di particolari stazioni di recupero sulla mappa, ottime da raggiungere qualora vogliate resuscitare un vostro compagno ucciso da poco.
Come avviene spesso in titoli che basano la maggior parte dell’esperienza in gioco libero sulla composizione casuale dei team, aspettatevi di trovarvi spesso in situazioni tristemente svantaggiate o in team che non hanno la minima intenzione di collaborare con i propri compagni di squadra.
Dopo aver concluso ogni match, il giocatore acquisirà alcuni punti esperienza fino al raggiungimento di un level up. Guadagnato quest’ultimo, viene sbloccato come ricompensa un Pack Apex, uno scrigno contenente ricompense cosmetiche esclusive che variano per rarità. Le tipologie di valuta in gioco sono suddivise tra moneta Apex, una moneta premium acquistabile con denaro reale, Token Leggenda, acquisibile in game tramite level-up e metalli creazione, una terza valuta che è possibile trovare all’interno degli scrigni. Come spesso accade per questo genere di giochi, la spesa di denaro reale nelle microtransazioni non rovina l’esperienza puramente ludica, dato che sarà possibile acquistare solamente oggetti di cosmetica che non infieriscono minimamente con l’andamento del gioco.
Tecnicamente il gioco si difende alla grande, dimostrando che non è necessario un motore grafico eccessivamente pomposo per creare un’esperienza di gioco coinvolgente a 360°.