Army of TWO: The Devil's Cartel

di Luca Gambino
Dopo due episodi relativamente ben riusciti e che sono riusciti a ritagliarsi un posto nel vasto sector degli action shooter, Electronic Arts tenta una svolta “matura” su una serie che, al contrario, ha sempre fatto del clima scanzonato e decisamente poco serio uno dei suoi punti di forza. Ottimi propositi, che si evincono soprattutto da una trama più “adulta” rispetto alle precedenti e piena di colpi di scena. Questa volta, però, i due protagonisti non saranno più i soliti Rios e Salem (che comunque ricopriranno un ruolo fondamentale), ma altri due contractor chiamati comunemente “Alfa e Bravo” (carismatici, no?). I nostri due nuovi paladini, assieme a decine di altri mercenari, saranno coinvolti nella lotta al cartello della droga che stringe d'assedio il piccolo paese messicano di La Puerta e che ha assunto ormai i contorni di una piaga sociale da cui sembra non esserci via d'uscita.


La premessa é sicuramente allettante e lo sarebbe ancora di più se i nostri due nuovi avventurieri non avessero lo spessore della carta velina. Dimenticatevi i dialoghi fuori di testa di Rios e Salem, Alpha e Bravo saranno piatti come i loro nomi. Sicuramente é da apprezzare lo sforzo fatto per innalzare il tenore forse troppo leggero dei primi due titoli, ma quello che Army of Two ha recuperato in termini narrativi lo ha sicuramente perso in qualità di gioco.

La formula non é cambiata nelle sue basi, proponendo ancora una volta furiosi scontro a fuoco tra i protagonisti e sconfinati eserciti avversari che si riversano a ondate verso i nostri due eroi. Quello che non troverete in questo terzo capitolo é lo spirito cooperativo dei due protagonisti che, al contrario, avevano caratterizzato le loro due prime apparizioni. Niente più “spalla a spalla”, o colpi da cecchino combinati. Lasciata per strada anche la finta resa che aveva caratterizzato il secondo episodio. Insomma, nella modalità in single player, cooperare con il vostro compagno sarà veramente impossibile. Intendiamoci, il gioco cercherà in tutti i modi di creare un qualche tipo di interazione tra i due personaggi, ma se escludiamo rarissimi episodi (peraltro ben riusciti), dove ognuno ricoprirà ruoli ben specifici, il gameplay di Ao2 sarà uno sterile “spara a tutto quello che si muove”, senza nessuno cambio di ritmo. Il che, alla lunga, stanca.


Ovviamente, come da tradizione, non mancherà la possibilità di scegliere le proprie armi preferite per lo svolgimento dei nostri incarichi, a cui poter aggiungere svariate personalizzazioni, così come potremo scegliere maschere (fantastica quella di Isaac Clarke) e abiti che si sbloccheranno missione dopo missione e con cui potremo agghindare il nostro sottoposto. Migliorato ancora una volta il sistema di coperture, che permetterà di spostarsi di riparo in riparo fino ad arrivare a ridosso del nemico. Sparita, a questo proposito, la famosa barra “Aggro”, sostituita invece da quella dell'Overkill, che darà modo ad entrambi i personaggi di sviluppare una inaudita potenza di fuoco per alcuni secondi, permettendoci di fare piazza pulita con estrema semplicità e in modo spettacolare. Ovviamente la barra dell'Overkill si potrà rigenerare ad ogni uccisione avvenuta e il punteggio ottenuto sarà maggiore, se in qualche modo riusciremo a coinvolgere il nostro compagno di team.

Tramite il D-pad potremo fare in modo, per esempio, di esporre il nostro compagno al fuoco avversario mentre noi cercheremo un'azione di fiancheggiamento e guadagnare punti raddoppiati per l'eliminazione. Un'interazione davvero minima e che restituisce davvero una scarsa soddisfazione, dal momento che l'IA del nostro socio agirà su binari fin troppo “indipendenti” e l'azione di gioco così incessante, spesso non lascerà troppo spazio alla pianificazione. A proposito di IA, considerate praticamente nulla quella dedicata ai vostri avversari. Certo, in un titolo del genere quello che conta é il numero di nemici da abbattere, non certo la loro furbizia ma, come sopra, la soddisfazione di abbattere bersagli immobili rasenta quasi lo zero. Un consiglio: se volete complicarvi un attimo la vita, togliete l'auto lock per la mira, quantomeno vi dovrete sudare un po' di più i vostri headshot.



Purtroppo il titolo Electronic Arts non recupera crediti nemmeno sul fronte grafico dove, inspiegabilmente, risulta essere il peggiore del trio. Piatto nelle texture, modelli poligonali approssimativi (da quanto tempo non si vedeva una macchina con ruote ottagonali?), sembra essere più un titolo di inizio generazione, piuttosto che uno che, quasi, la chiude. Insomma, una specie di insulto all'utilizzo del Frostbite 2.0 che é un po' come buttare perle ai porci. Anche la caratteristica base del motore DICE, ovvero la distruttibilità degli ambienti, qui é solo accennata, limitandosi a qualche muro o riparo sbriciolato sotto i vostri colpi, salvo poi arrendersi di fronte ad un mucchio di gomme d'automobile che non possono essere spazzate via dai vostri colpi.

Ovviamente, come da DNA del gioco, il titolo decolla quando viene giocato in multiplayer (su Xbox Live ma anche in split screen sulla medesima console), dove potrete pianificare con la controparte umane, tattiche di aggiramento o di massacro diretto, ma anche questo é veramente troppo poco per una serie che nei primi due episodi era stata veramente capace di divertire e di lasciare intravedere l'ossatura di un gameplay che poteva maturare in qualcosa di migliore rispetto a quello che ci troviamo davanti.