Assassin’s Creed Mirage – Il Ladro di Baghdad – Recensione Xbox Series X
Ubisoft condensa la sua offerta in un prodotto interessante, seppur poco longevo
Assassin’s Creed è entrato a far parte di quei franchise che sembrano davvero incapaci di passare di moda. Sarà forse merito dei contesti storici, sicuramente affascinanti per via della narrazione alternativa che ci si ricama sopra? Onestamente, a dirla tutta, bisognerebbe anche sottolineare quanto Ubisoft sia stata in grado di mettersi in discussione.
Coi suoi tempi, sia ben chiaro. Ma si tratta comunque di una software house che ha saputo guardare oltre il proprio naso, rendendosi conto che con il passare del tempo diventa fondamentale riuscire a cambiare.
Di tempo ce n’è voluto, no? Il nuovo filone, da Origins in poi, ha saputo valorizzare maggiormente le meccaniche del combattimento, strizzando l’occhio anche a tutta una parte GDR, con alberi di abilità pensati per adattarsi ai diversi stili di gioco.
Assassin’s Creed Mirage, però, cerca di fare qualcosa di più. Si tratta a mio avviso di un test, una prova su strada per sfatare il mito dell’abbondanza, quello ormai legato alle offerte di stampo open-world, con quei “mondi” letteralmente piedi zeppi di attività da compiere, che ormai di frequente si rivelano sempre più dispersivi che altro.
Assassin’s Creed Mirage – Perché Chiedere di più?
Se cominciassimo a parlare dell’universo espanso di Assassin’s Creed, finiremmo per riempire qualcosa come dieci -o più- pagine di teorie e complotti. D’altronde, come scritto poc’anzi, il franchise inserisce diversi spunti narrativi molto interessanti se presi nei vari contesti storici. Già solo a parlare di Isu apriremmo un vero e proprio Vaso di Pandora.
Concentriamoci quindi su Mirage, ultima installazione del franchise che si concentra sula figura di Basim Ibn Ishaq, personaggio già introdotto in Valhalla che è stato capace di ritagliarsi un vero e proprio ruolo di rilievo (cosa che non sottolineeremo al fine di evitarvi spoiler).
In questo capitolo viene affrontata parte della sua genesi, o meglio ancora la sua transizione da giovane ladruncolo di strada a membro in carica della Confraternita degli Assassini, qui in lotta contro l’Ordine nella ridente città di Baghdad.
Oltre a prendere parte in questa lotta ormai praticamente eterna, noi giocatori scopriremo interessanti dettagli sulla storia e la vita del protagonista, quest’ultimo da tenere d’occhio soprattutto perché, probabilmente, diventerà preponderante ai fini della macro-narrazione.
Come detto in più sedi, Assassin’s Creed Mirage crea un piccolo mondo in cui concentrare una storia che, nel nostro caso, si è conclusa facendo anche diverse missioni secondarie nel corso di una quindicina di ore. Troppo? Troppo poco?
Assassin’s Creed Mirage – Ridurre all’Osso
Non ce ne voglia il buon Alessandro Borghese, ma il discorso in effetti è interessante, soprattutto se applicato su un mercato così diversificato come quello videoludico, capace insomma di imporsi mediante formule molto diverse tra loro.
Ubisoft in questo caso è partita sicuramente dall’idea di un contenuto aggiuntivo, che avrebbe funzionato tantissimo su AC: Valhalla, decidendo in corso d’opera di optare per un prodotto a sé stante. Lo si vede anche dallo stesso gameplay: la formula pesca direttamente dalla nuova trilogia, inserendo fasi di combattimento concitate che possono ricevere il supporto di una serie di tool a disposizione di Basim.
Le abilità in questo senso vengono meno. Niente calci alla spartana, niente armi di distruzione di massa come Valhalla. Qui Basim può affidarsi solo a spada e pugnale, parando o schivando, insomma facendo lo stretto indispensabile per vendere cara la pelle. E non è un male a pensarci bene, nel senso che così la sopravvivenza del personaggio si riduce a un gioco di abilità e nulla più.
Come detto più su, Basim può usare degli strumenti per ingaggiare il nemico, o liberarsene grazie alla propria lama celata. Esistono dei coltelli, una cerbottana con dardi soporiferi, persino dei fumogeni, niente di trascendentale sia ben chiaro, ma pur sempre oggetti che hanno fatto la differenza solo in determinati casi (tipo la trappola, troppo sbilanciata a nostro avviso).
Allo stesso modo possiamo parlare dell’ambientazione, una Baghdad che offre scenari piacevolmente costruiti, soprattutto in esterna, ma che finisce per risultare troppo labirintica negli interni, a tratti forse un pelino claustrofobica e talvolta ripetitiva.
Le attività secondarie vengono gestite come degli incarichi, accessibili tramite delle bacheche presenti nelle sedi nascoste degli assassini. Portandoli a termine riceveremo oggetti utili per potenziare il nostro equipaggiamento, insieme agli strumenti, e in questo caso Mirage riduce anche il numero dell’equipaggiamento, stringendo la formula vista in Valhalla. Spada, coltello, tunica e stop. Il resto è optional, ninnoli, robetta. E il potenziamento dei medesimi è di soli tre livelli.
Troppo? Troppo poco? Lo stesso vale per l’albero delle abilità, in cui troviamo roba di poco conto, tranne l’unica abilità overpower Focus dell’Assassino. L’aquila non l’abbiamo praticamente mai usata, tranne dove richiesto, ma perché non ce n’è stato praticamente bisogno.
Stessa cosa per le valute accessorie presenti, meglio identificate come tre tipi di monete speciali ottenibili grazie agli incarichi secondari, ma che servono solo per scopi precisi che il giocatore può tranquillamente ignorare (tranne le monete del sapiente, che servono per sbloccare sulla mappa gli oggetti per il completamento al 100%).
Assassin’s Creed Mirage – Valutare con Attenzione
Il comparto tecnico di Assassin’s Creed Mirage si è rivelato piuttosto solido durante la nostra prova su Xbox Series X: come anticipato, Baghdad colpisce per la sua realizzazione degli esterni, con il forte richiamo alle architetture del tempo che sembrano ricostruite in virtuale con una giusta attenzione ai particolari, soprattutto quando si percorrono i vicoli della città.
Alcuni elementi sembrano richiamare anche la fittizia Agrabah, che poi è ispirata a Baghdad eh, soprattutto negli inseguimenti con le guardie. La magia di queste notti d’oriente si spegne un po’ nella caratterizzazione degli interni, come scritto un po’ labirintici (soprattutto in due casi), in cui si ha davvero la sensazione di girare in tondo senza uno scopo preciso.
Il comparto audio è come sempre di livello, apprezzatissima la colonna sonora con una tracklist pazzesca con alcune composizioni di Brendan Angelides (schermata dei titoli assurda), accompagnata da un buon doppiaggio anche in lingua italiana.
La console di casa Microsoft non ha tentennato per un momento durante la riproduzione del gioco, regalandoci pertanto un’esperienza fluida e coinvolgente per l’intera sessione di gioco. L’unico neo riguarda la distanza di assassinio, non sempre precisa, soprattutto nelle situazioni più concitate dove è possibile effettuare un’uccisione doppia.
Ubisoft ha quindi ridotto all’osso la formula videoludica vista fino a oggi, su questo non ci piove. Ma è stato un bene? A conti fatti, la risposta migliore potrebbe tradursi con un “NI”. Questo perché da un lato la mole ristretta di contenuti ha favorito una maggiore concentrazione del racconto, che si traduce quindi in meno ore di gioco. Dall’altra si è sentita la mancanza di quei mondi “vivi” come quelli di Odyssey e Valhalla, mondi che avevano molteplici storie da raccontare.
La verità è quindi nel mezzo: bisogna saper ridurre all’osso, valutare con attenzione e cercare di non chiedere tanto di più, decidendo di condensare l’esperienza in un prodotto capace di regalare un’esperienza a prescindere dalle ore di gioco.