Assassin's Creed Origins
Un lungo anno di pausa. Questa la decisione presa da Ubisoft per quel che riguarda la sua serie più prolifica in assoluto: Assassin’s Creed. Una scelta forte, indubbiamente rischiosa, ma quantomai necessaria per dare nuova linfa vitale e idee a una serie che pur continuando a divertire, stava diventando un po’ l’ombra di se stessa, per i fan.
Spazio quindi a nuove idee senza però dimenticare la tradizione, ma soprattutto spazio all’Egitto del Nuovo Regno, e a quelle che sono le Origini di una gilda che è entrata nel cuore di moltissimi giocatori. Questo è Assassin’s Creed: Origins.
Storia rivisitata
Ci ricordiamo perfettamente che, nel corso degli anni, l’ambientazione egiziana era tra quelle più gettonate insieme al Giappone Feudale. Una scelta indubbiamente affascinante, che ci riporta indietro di mille anni (circa) rispetto ai fatti narrati nel primo capitolo, all’alba di quello che è il credo degli assassini. Il protagonista di questo capitolo è Bayek di Siwa, uno degli ultimi Medjay a servizio del Faraone.
Ci imbarcheremo in una crociata composta da lacrime, sangue, dolore e morte, in cui personaggi e fatti storici si mescoleranno - come da tradizione - a momenti di pura finzione. Una storia che non solo viene raccontata con piglio decisamente più ispirato (e in grado di regalare alcuni momenti davvero emozionanti), ma che offre personaggi caratterialmente forti e definiti; un Bayek duro, ruvido, accecato da una sete insaziabile di vendetta e sua moglie Aya, più calcolatrice e legata a quelli che sono i problemi della loro terra: l’Egitto e un ordine molto pericoloso. Due figure che si interfacceranno con personaggi del calibro di Cesare e Cleopatra.
Il fascino di Assassin’s Creed: Origins sta proprio nel nome. Una storia di origini, in cui tutti gli elementi chiave della saga sono pienamente percepibili, ma mai palesemente menzionati. Una main quest che ci porterà ad esplorare una terra esotica e affascinante, la più vasta in assoluto mai vista in un Assasin’s Creed, pregna di cose da fare - ma a questo ci arriviamo con calma.
Tornando alla storia, la quest principale dura tra le 20 e le 25 ore a seconda di come e quanto deciderete di livellare Bayek. Ad acquisire finalmente maggiore dignità sono anche le missioni secondarie: non solo riempiranno il vostro questlog con una quantità di cose da fare al limite dell’imbarazzante (in senso positivo, ovviamente), ma per la maggior parte dei casi risulteranno anche dinamiche, in grado di aprire sotto trame e rendersi decisamente più corpose agli occhi dei giocatori. Una scelta precisa, portata avanti molto bene, e nonostante sulla lunga distanza qualcosa tende a ripetersi, la sensazioni di giocare a semplici “brodi allungati”, nono arriva praticamente quasi mai.
Nonostante sotto alcuni aspetti (non spoileriamo) la struttura narrativa necessiti di qualche spunto in più o di un guizzo creativo più esteso, è innegabile come tutto sia stato incastrato in maniera perfetta all'interno della continuità narrativa.
Inoltre, anche la parte nel presente, getta le basi per un nuovo inizio che, anche in questo caso, non vuole dimenticare il passato, ma al contrario vuole abbracciarlo. Visto lo stretto riserbo mantenuto da Ubisoft, vogliamo fare lo stesso anche noi e lasciarvi il piacere di scoprire tutti i segreti che nasconde l'Animus.
Strizziamo l’occhio egiziano
Arriviamo però a parlare di quello che è l’elemento più atteso e allo stesso tempo temuto di questo Assassin’s Creed: il gameplay. Partiamo subito con il dire che l’anno di pausa ha fatto indubbiamente bene alla serie. Un periodo di gestazione più lungo, in cui maggiori idee di cambiamento sono confluite all’interno di un codice che ora è in grado di offrire un approccio più fresco e appagante, senza però dimenticare la tradizione.
La struttura non viene di fatto scossa, e la mescolanza di elementi action e stealth, all’interno di un vasto ambiente free roaming, si plasmano attorno ad una serie di gradite novità. La più importante riguarda sicuramente l’introduzione di elementi ruolistici molto interessanti, che strizzano palesemente l’occhio a strutture molti simili a quelle dei The Witcher.
Bayek ha una barra di esperienze e un livello che cresce fino al quaranta di cap. La sua crescita gli permette di essere più efficace sia in attacco che in difesa, ma soprattutto di poter impugnare armi sempre più performanti.
Anch’esso dotato di livello e grado di rarità (alla Destiny, per intenderci), l’arsenale offensivo e difensivo (ci son gli scudi) è importante per avere la meglio sui nemici. Le regioni che compongono la mappa di gioco, così come le missioni secondarie, suggeriscono al giocatore un livello consigliato per poter affrontare queste sfide in serenità. attivare una quest di livello 20 quando si è al 15, non è una cosa saggia, pena la morte certa o una difficoltà a dir poco irta. Inoltre, oltre a poter impugnare armi sempre più potenti, ogni livello sbloccherà un punto esperienza che potremo spendere all’interno di una serie di rami di abilità che andranno a potenziare: stealth, combattimento, equipaggiamento speciale e molto altro.
Una rifondazione così profonda nell’equipaggiamento, si muove di pari passo con un sistema di combattimento che appare decisamente rinnovato, e ora più appagante da giocare. I nemici non attaccano più singolarmente e usare nel modo corretto schivata, parata e attacco diventa una pratica decisamente importante: soprattutto con nemici molto forti!
Morire in Assassin’s Creed non è più un miraggio e studiare scientemente quello che ci circonda diventa una pratica tutt’altro che accessoria. Proprio per questo motivo l’introduzione delle fedele aquila di Bayek, che va a sostituire quella “visione dell’aquila” che nei precedenti capitoli aveva un po’ perso di senso, diventerà utilissima per capire come approcciare alcuni tipi di intrusioni, o più semplicemente per individuare soggetti sensibili.
La grande pecca di questo capitolo viene però a galla , paradossalmente, proprio dall’intuizione positiva di queste novità. Di fatto, seppur regolabile attraverso tre livelli di difficoltà, l’IA dei nemici non brilla per scaltrezza e, sopratutto nelle fasi stealth, una sistemata è più che necessaria.
Anche le animazioni sono state in larga parte riviste, così come la corsa acrobatica e, nonostante qualche difetto e alcuni piccolissimi bug fuoriusciti dalla nostra prova, in linea generale tutto gira in maniera più coerente, compatta ma soprattutto piacevole. Nonostante il caldo torrido del deserto, si respira aria nuova all’interno di questo capitolo.
In sostanza, l’apertura ruolistica è stata ben introdotta dal team di sviluppo e ,seppur migliorabile sotto certi aspetti, ha giovato nel rendere più matura la serie.
Deserti, oasi e vallate
Un gameplay che viene avvalorato da un’ambientazione non solo vastissima e affascinate come quella dell’Egitto Tolemaico, ma che viene anche supportata da una serie di contenuti mai così ricchi come in questo Origins. La mappa è letteralmente costellata di cose da fare, vive una sua precisa routine (tutti gli NPC vivono un ciclo giorno-notte) e buona parte delle città che si visiteranno sapranno offrire momenti di puro stupore.
L’Egitto è una terra piena di fascino e storia e attraverso una serie di attività legate a tombe, segreti, tesori e missioni che non vi vogliamo svelare, tutto viene esaltato e messo nelle mani di un giocatore che avrà la reale percezione di stare esplorando una terra ricca e che ha tanto da dargli.
A questi elementi estremamente dinamici, si aggiungono poi tantissime attività che fanno da riempitivo, ma che servono a rendere ancora più ricco il viaggio di chi gioca. Corse sulle bighe, lotte nelle arene, tesori sommersi e la caccia, saranno attività che anche senza volerlo vi ritroverete a fare con sconvolgete continuità.
L’Egitto è quindi un ambiente splendido e affascinante da visitare, all’interno della quale è contenuta una storia coerente e ricca di spunti, ma soprattutto avvalorata da un comparto tecnico che - giocato su PS4 - offre momenti da mozzare il fiato.
In linea generale siamo davanti ad un prodotto eccellente per quel che riguarda scorsi, paesaggi e ambienti di gioco, ma molto meno sorprendente per quel che concerne i modelli poligonali dei personaggi. Niente di drammatico, sia chiaro, ma sicuramente nulla che fa gridare al miracolo.
Giocato su PS4 Pro il gioco offre anche una serie di effetti particellari e una illuminazione di ottimo livello, con un frame rate solido a 30fps. Ottimo anche il comparto sonoro per quel che concerne musiche e suoni ambientali, meno performante (anche se non disastroso) il doppiaggio in lingua italiana, che richiede inoltre un download aggiuntivo di 500 mega all’inizio del gioco.
Intendiamoci, il titolo non è esente da difetti. Difetti che tra l’altro possiamo riscontrare anche all’interno di molti altri open world così vasti in cui le cose da gestire sono tante e non sempre funzionano come vorrebbero. Detto questo non ci è mai capito di dover resettare una missione, o di doverla abbandonare per strani comportamenti delle animazioni o dell’intelligenza artificiale.
In sostanza possiamo affermare che, esattamente come esplica il sottotitolo di Assassin’s Creed: Origins, questo è un capitolo di rottura che, oltre a narrare le vicende alla basi di una storia ormai ricchissima, gettano le fondamenta per un nuovo inizio. Lasciatevi trasportare, non ve ne pentirete.
Voto
Redazione