Asterigos: Curse of the Stars, il viaggio di Hilda tra action-RPG e souls
Durante una delle tante discussioni fatte in redazione, si era finito per parlare di Asterigos: Curse of the Stars, definendolo un po’ superficialmente come uno dei tanti nuovi titoli appartenenti al genere souls. Il che non è un male, intendiamoci subito, soprattutto perché l’ultimo periodo ha visto un accrescersi sempre più incalzante di titoli AA di tutto rispetto, capaci insomma di essere competitivi sul mercato anche se prodotti con un budget nettamente più contenuto.
Ma torniamo al titolo di Acme Gamestudios, un prodotto capace di attingere al meglio degli action-RPG vecchio stampo, quelli in terza persona con un sistema di comandi accomodante e facilmente assimilabile dal giocatore, senza però rinunciare a una piccola curva di difficoltà, legata per l’appunto a questa “contaminazione” da parte del genere souls.
L'intuizione giusta
Nella maggior parte delle storie c’è sempre qualcuno da salvare: la principessa, un figlio perduto, un amore finito chissà dove. Oggi invece è il turno del padre partito per la guerra, accompagnato da altri membri della Legione di Northwind, ora ricercato dalla figlia Hilda che con coraggio si rivela praticamente pronta ad affrontare qualsiasi difficoltà pur di ritrovarlo.
Il canovaccio scelto per narrarci questa storia non va a disturbare nessun sceneggiatore pluripremiato, ma riesce comunque nello scopo di intrattenere il giocatore aldilà dello schermo, grazie a un buon quantitativo di linee di dialogo ben interpretate, soprattutto quando a parlare è il nostro alter ego femminile.
Dispersi in un bosco cominceremo ad apprendere gli aspetti fondamentali del gameplay, accorgendoci per l’appunto che le contaminazioni souls sono piuttosto contenute: sembrano a tutti gli effetti un extra semplicemente legato alla difficoltà del gioco. Seppur selezionabile all’inizio, con tre trance distinguibili per difficoltà dei mostri, il livello di sfida del titolo di Acme Gamestudios si è rivelato piuttosto permissivo se affrontato a livello Normale, tranne per alcune fasi dove il sovraffollamento dei nemici ci ha dato più di una gatta da pelare.
Il gameplay prende ispirazione principalmente dagli action-RPG, sia per sistema di movimento che per attacco. Esiste come di consueto un attacco leggero da alternare a uno potente, qui ben strutturato visto che possono essere utilizzate due armi contemporaneamente, questo al fine di concatenare combo letali qualora si riesca a padroneggiare il sistema di controlli dedicato. Noi siamo partiti con una configurazione piuttosto semplice: due pugnali e una lancia, i primi letali sulla corta distanza visti i molteplici attacchi veloci sferrati al nemico, ovviamente meno potenti di quanto si potrebbe fare con spada e scudo o mazza a due mani, mentre la lancia ci è servita principalmente per chiudere qualche combo oppure parare al momento più opportuno.
Le altre armi offrono altresì un discreto moveset da impartire a Hilda, ma alla fine tutta l’abilità del giocatore viene concentrata nel classico gioco conoscitivo dei nemici, tra mosse, schivate e parate. Chiaramente nelle boss fight tutto acquista un’importanza diversa, con pesi e misure differenti soprattutto sul fronte dei danni inferti e ricevuti.
Datemi una scheda del personaggio
La parte intrigante di Asterigos risiede sicuramente nella gestione del personaggio. Hilda può vantare nei menù dedicati una piacevole suddivisione durante i level up tra punteggi caratteristica e talenti attivi e passivi, un ordinamento forse inflazionato ma che comunque, quando ben implementato come in questo caso, riesce nello scopo di offrire al giocatore la personalizzazione del proprio stile di gioco. I punteggi caratteristica fanno la loro parte ed è sempre un piacere notare che oltre alla forza e alla costituzione, danni e vita, vengono anche considerati danni speciali, questo proprio per fare in modo che alcuni oggetti vengano presi in considerazione dal giocatore al posto di lasciarli fermi immobili nell’inventario senza trovargli un uso (come le gemme che aggiungono danno elementale agli attacchi).
Chiaramente la voglia di sperimentare incentiva la ricerca di un approccio sempre differente, sebbene nel nostro caso alla fine della fiera siamo rimasti piacevolmente ancorati alla stessa configurazione di partenza.
Come in tutti i souls sono presenti degli oggetti pensati per resettare tutto e ripartire da zero, come ci sono poi tutte le stazioni classiche di implementazione, come il fabbro necessario per migliorare le proprie armi, o il mercante di spezie rare utile a racimolare risorse altrimenti piuttosto difficili da trovare. Hilda può anche equipaggiare dei ninnoli utili a migliorare le sue resistenze e questo è un bene, perché significa che anche i mostri possono giocare sul danno elementale qualora necessario.
Il game over o la morte viene gestito come il più classico dei souls: una volta periti finiremo al falò più vicino, senza però perdere nulla dato che non ci sono le classiche anime da raccogliere, ma solo una valuta in game che viene droppata ogni volta che si uccide un nemico.
Graficamente il titolo si difende benissimo, tanto che a un primo colpo d’occhio Hilda e l’ambientazione sembrano davvero ben realizzati, quasi perfetti se vogliamo. Procedendo però oltre si avverte un senso di ripetitività piuttosto incombente, nel senso che le ambientazioni riescono a differenziarsi un minimo ma non offrono granché a livello di level design, risultando un po’ come se realizzate a metà.
Sicuramente la parte di gestione del motore grafico, per colpa di maggiori elementi su schermo, potrebbe aver fatto la sua parte, ma possiamo tranquillamente affermare che questo difetto non va a rompere il piacere di stare in compagnia di Hilda, a patto che si accetti il discorso di trovarsi di fronte a un titolo indie e non a una tripla A. Sulla nostra configurazione di prova non ha dato nessun tipo di problema, mantenendo un ottimo livello di framerate.