Atelier Marie Remake: The Alchemist of Salburg, ritorno alle origini – Recensione Switch
La recensione del remake di Atelier Marie, il capostipite del franchise firmato Gust, disponibile su PC, Switch, PS4 e PS5.
Dopo il successo della trilogia di Ryza, Gust e Koei Tecmo fanno un passo indietro, proponendo dopo oltre 25 anni dal debutto della saga di Atelier un titolo d’eccezione: il remake di Atelier Marie, il primo capitolo della serie, uscito nel 1997 su PS1 e in seguito anche su PC, Saturn, Dreamcast e PS2.
Questa nuova edizione comprende tutti i contenuti dell’originale, più le aggiunte dai vari porting ed eventi inediti realizzati per l’occasione. Il pacchetto è accompagnato da nuove modalità, interfacce e meccaniche migliorate, e una rinnovata veste grafica che emula in chiave moderna lo stile dell'epoca, rendendo Atelier Marie Remake: The Alchemist of Salburg la versione “definitiva” dell’opera, più accessibile e completa che mai. La formula di gioco sarà ancora al passo con i tempi, e soprattutto reggerà il confronto con i sequel più recenti? Scopriamolo.
Un atelier piccino piccino
Chi ha già esperienza con il brand, o in generale con JRPG più o meno tradizionali, non potrà fare a meno di notare quanto le vedute del mondo di Atelier Marie siano “piccole”. La trama di fondo, le ambizioni dei personaggi, le dinamiche legate a luoghi ed eventi, tutto nel titolo Gust sembra rigettare le idee di grandiosità a cui il genere ci ha abituato, anche per gli standard della serie.
La protagonista, Marie (pardon, Marlone), non ha particolari sogni nel cassetto, vuole solo passare l’esame di alchimia (per i profani, l'arte di buttare cose a caso in un pentolone per tirarne fuori cibo, medicine, utensili, armi...), vivendo alla giornata nei dintorni del suo piccolo regno. Non ci sono forze del male da sconfiggere, la guerra è solo una voce tra soldati di passaggio, non abbiamo motivo di intraprendere viaggi verso l’ignoto, e i nostri compagni non sono che amici o avventurieri disposti ad unirsi a noi per raccogliere funghi in cambio di qualche spicciolo, con le loro storie e le loro vicissitudini. Niente drammi, atmosfere sempre tra il sereno e lo scherzoso, ma non per questo superficiale, e senza trascurare una buona caratterizzazione.
Questa simulazione di vita pastorale in salsa fantasy, placida nei modi e rilassata nel ritmo, è un po' il punto cardine attorno cui ruota ogni capitolo della saga; tuttavia, ciò risulta accentuato in Atelier Marie, e per ovvi motivi, c'è da aggiungere. Essendo il primo della serie, non ha che da offrire le fondamenta su cui poi i numerosi seguiti hanno costruito sopra, al limite dell’essenziale; questa esperienza “lite” però ha il suo perché.
Marie ha 5 anni per superare l’esame. Fine. Spetta al giocatore decidere come investire il tempo residuo, dove andare, con chi parlare, a cosa dare priorità; può persino passare ogni singolo giorno in panciolle e fallire, al gioco non importa. Detto questo, nonostante le premesse di pace, quiete e tranquillità, le prime ore possono diventare piuttosto opprimenti.
Studente fuori corso simulator
Un intero lustro può sembrare parecchio, ma ci si rende presto conto di come sia facile distrarsi un attimo e buttare via mesi preziosi: raccogliere una castagna da terra o riempire un’ampolla di acqua dal fiume richiede ben 24 ore (per qualche strano motivo), ai giorni passati in viaggio per raggiungere un luogo va sommata la stessa cifra per il ritorno, più gli scontri casuali con i mostri lungo il tragitto e il defaticamento una volta a casa, il recupero naturale è minimo e si è obbligati a fermarsi settimane per ripristinare salute e resistenza... Neanche il tempo di ambientarsi che un anno è volato via.
Non aiutano l’agendina con la lista chilometrica di conversazioni e relativi requisiti per lo sblocco, gli eventi che ogni mese infarciscono il calendario (alcuni con cadenza annuale, come l’eclisse), o le scadenze delle missioni secondarie, fondamentali per sbarcare il lunario. Per un istante ho rivissuto l’incubo di quando ero uno studente-lavoratore pendolare...
Gradualmente però si riesce a prendere le misure, a trovare il proprio metodo, a ottimizzare le risorse a disposizione, e di colpo il ritmo si fa decisamente più frizzante, merito anche dell’esperienza accumulata sbattendo la testa contro il muro e della scoperta di nuovi gingilli che semplificano non poco la vita, come ricette più remunerative, fonti alternative dove fare cassa, e il supporto delle fate, che dietro regolare compenso (uno stipendio in pratica) sono in grado di raccogliere materie prime e creare oggetti per conto del giocatore.
Terminata la fase propedeutica, emerge quel lato “slice of life” per cui gli Atelier sono famosi, e si comincia ad apprezzare il continuo ripetersi della routine: un giretto in piazza a caccia di pettegolezzi, un salto alla taverna per prendere in carico qualche richiesta, una breve commissione nei boschi per fare scorta di erbe medicinali, un paio di esperimenti davanti al calderone...
E mentre la vita scorre tranquilla si possono notare lenti ma costanti progressi, vuoi in termini di alchimia, relazioni o semplice efficienza. Vedere ogni pezzo del puzzle incastrarsi pian piano al suo posto è molto piacevole, e per questo dobbiamo ringraziare la nuova interfaccia utente, che consente di avere sempre tutto sotto controllo, anche se la navigazione può risultare un po' macchinosa alle volte, con dozzine di voci, liste e sottomenù, non sempre disposti in modo organico.
Anche così poi non è affatto difficile perdersi qualche pezzo per strada, complici eventi con finestre di interazione estremamente limitate o bloccati dietro altri eventi apparentemente scorrelati. Ci abbiamo messo 4 anni (in-game s’intende) per beccare le fate che ogni tanto bussano alla porta per vendere latte, oppure quelle per pulire l’appartamento (sia mai che Marie spicci casa per fatti suoi), e siamo stati costretti a rimandare per un’eternità una delle sottotrame perché la ricetta per le fantomatiche “scope viventi” non saltava fuori; fortuna che in rete si trovano ancora le guide dell’originale (sia benedetto GameFAQs NdR).
Ogni 6 mesi la nostra insegnante ci darà un compito (roba che si completa da sola), fino all’esame finale del quinto anno, dopodiché il gioco terminerà con uno degli epiloghi disponibili in base a come ci siamo comportati (oggetti creati, livello raggiunto, obiettivi completati...). Vedere tutto in una singola tornata non è fattibile (salvo strategie da speedrun che francamente ignoro NdR); ecco quindi venire in nostro soccorso la nuova modalità “Unlimited”, esclusiva del remake, che rimuove i vincoli di tempo per mandare avanti l’avventura oltre l’ultima scadenza, e ci sono pure una manciata di eventi dedicati.
I giocatori più tradizionali possono invece ricominciare il ciclo in stile New Game Plus e mirare agli altri finali. Per essere un JRPG, Atelier Marie è infatti piuttosto breve (bastano 10-15 ore per arrivare ai titoli di coda, anche meno), ma si lascia rigiocare molto volentieri. Gli unici elementi a non averci convinto sono i combattimenti a turni, semplici e ridotti all’osso, quasi accessori, non fossero legati a un sacco di requisiti per proseguire nella trama, e i “minigiochi”, pedanti e inopportuni; se ne faceva tranquillamente a meno.
Atelier Marie Remake: Lifting a buon mercato
Dal punto di vista stilistico, non sono un grandissimo fan della presentazione “chibi”, specie quando i dialoghi sono impreziositi da artwork eccellenti come quelli qui proposti, con quel look anni ‘90 e una cura per il dettaglio impeccabile, ma se non altro consente di ricreare gli scenari dell’originale senza richiedere particolari lavori di restauro.
Una soluzione che permette inoltre ad Atelier Marie Remake di girare su Switch evitando compromessi. I tempi di caricamento sono ridotti al minimo e le prestazioni sono solide; ne risente giusto il colpo d’occhio, ma finché la telecamera resta a una certa distanza le proporzioni da pupazzetto dei personaggi funzionano nel contesto. Avremmo pertanto evitato inquadrature più “tradizionali” durante i dialoghi, perché l’effetto è bruttino. Buona la colonna sonora remixata che accompagna le atmosfere allegre; la scaletta è bella ampia, ma preparatevi a sentir ripetere in loop le solite 2-3 tracce per ore. Fortuna che si lasciano ascoltare senza venire a noia.