Atelier Meruru: the Apprentice of Arland

di Tommaso Alisonno
Meruru dovrà infatti rispettare delle “scadenze” annuali che prevedono un certo livello di sviluppo e di popolazione: fallire nel centrare questi obiettivi porterà al game-over (laddove, invece, essere sconfitti in battaglia si limiterà a farci “perdere tempo” riportandoci all'Atelier). Viceversa, man mano che eseguiremo questi compiti, assisteremo anche ad una trasformazione del territorio circostante: locazioni un tempo boscose o spoglie si tramuteranno in fattorie, miniere abbandonate in grovigli di binari esplorabili, picchi selvaggi in impianti di mulini a vento. Inutile dire che queste variazioni influenzeranno anche la flora (raccoglibile), la fauna (di mostri) e le successive missioni.

Tecnicamente, Meruru presenta qualche miglioramento rispetto a Totori (il quale già a suo tempo migliorava Rorona) dimostrando da parte di Gust un impegno crescente pur mantenendo inalterato lo stile. I modelli sono più aggraziati e rifiniti, e sebbene le animazioni “su mappa” siano ancora semplici ed imprecise, quelle da battaglia sono tutte curatissime. Gli ambienti sono piuttosto vasti, specie paragonandoli ai predecessori, ricchi di effetti speciali come nebbia o fonti di luce colorate. Siamo ancora decisamente lontani dal “top” della generazione, anche soltanto limitandoci all'ambiente del cell-shading, ma ad ogni modo un aspetto grafico piacevole.

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Positivo anche il commento audio: la colonna sonora propone una gran quantità di brani nuovi che si accostano alle versioni reinterpretate di alcuni temi ereditati da Rorona e Totori, legati principalmente ai personaggi che la serie ha traghettato dai vecchi al nuovo capitolo. Soprattutto il tema dei combattimenti, realizzato con toni da flamenco e largo uso di chitarra spagnola, merita una menzione particolare per l'irriverente simpatia (quando poi non capita un nemico d'elite da affrontare con accompagnamento di un brano in stile “Anime anni'80”). I doppiaggi sono ancora una volta disponibili in Inglese o Giapponese, entrambi di buona qualità, a seconda dei vostri gusti; i testi su schermo sono disponibili solo in Inglese.

Il sistema di gioco é semplice e offre una curva d'apprendimento molto morbida: all'inizio basterà poco per far fuori i conigli selvatici armati di carota e per sintetizzare le prime torte casalinghe. In seguito le cose si faranno progressivamente ma incessantemente più complicate: non saranno tanto i primi boss a mettervi in difficoltà, quanto piuttosto la necessità di gestire lo spazio nel cestino della raccolta, l'avanzamento dell'alchimia e dei livelli dei personaggi, nonché delle loro armi tramite il fabbro, e non ultima la “fatica” che vi impedirà di rimanere in giro a combattere a tempo indeterminato.

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Il nemico ultimo rimarrà sempre e comunque lo stesso dei prequel: il tempo. In Atelier Meruru non c'é un vero e proprio “cattivo”, e la trama segue un canovaccio basato sui numerosi (e talvolta eccessivi) siparietti tra i personaggi mentre si prosegue nello sviluppo, ma il tempo necessario per i viaggi, le raccolte, i combattimenti, le sintesi e il riposo sarà progressivamente sempre più esoso. Soprattutto dopo il terzo anno di gioco, quando tra l'altro si sbloccheranno delle locazioni con un importante “gradino” di difficoltà, pianificare le proprie mosse attentamente diverrà cruciale.

L'altro lato della medaglia é che la trama, così com'é, manca ancora una volta del “mordente” tipico del genere JRPG: questo andazzo é decisamente il tratto distintivo della trilogia di Arland, con questo terzo capitolo che si basa anche pesantemente sui predecessori (basti pensare che in effetti, oltre Meruru, ci sono solo altri due nuovi personaggi nel Roster) per creare situazioni e dialoghi. Ma a conti fatti, Atelier Meruru può essere considerato l'episodio più interessante della trilogia: sulle migliorie tecniche ci siamo già soffermati, e se il gameplay in battaglia varia poco rispetto a Totori, l'introduzione degli elementi gestionali non é cosa da poco. Inoltre, é interessante ancora una volta l'evoluzione della protagonista, che é decisamente differente dalle sue maestre ma che riesce a cambiare parecchio durante la vicenda.

Laddove Rorona era una “pasticciona” che fa di tutto per preservare il suo laboratorio diventando così l'alchimista più famosa del mondo, e laddove la timida Totori deve superare le sue debolezze per gettarsi all'avventura alla ricerca della madre sparita, Meruru é una principessa viziata che scopre quasi per caso una passione e grazie a questa impara improvvisamente l'importanza della responsabilità, mettendo così giudizio. La sua vicenda conclude degnamente una trilogia che ha trattato in tutta la sua interezza temi e sentimenti “importanti” preservando continuamente un'elevata dose di brio e frequenti siparietti comici. L'episodio migliore, quindi, ma sicuramente qualcosa che non sarebbe potuto esistere senza i prequel: ed é a chi ha apprezzato questi che Atelier Meruru: Apprentice of Arland é destinato.

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