Black Knight Sword
di
Massimiliano Pacchiano
Bentornati nel mondo del bizzarro e dell'inquietante, ovvero nella mente dell'eccentrico Suda51. Dopo i fasti dei due No More Heroes, di Killer 7 e del meno noto Michigan, le avventure del nostro caro Goichi si sono trasferite sulle piattaforme HD con alterne fortune: dal riuscito Shadows of the Damned al demenziale Lollipop Chainsaw, passando per il gioco più strano mai visto su Kinect: Diabolical Pitch. Molti ancora s'interrogano sulla questione Suda, chiedendosi se sia un genio incompreso o meno. Ai posteri l'ardua sentenza, ma nel frattempo la follia malata del simpatico game designer nipponico ci intrattiene piacevolmente ed incidentalmente incontra i gusti singolari del sottoscritto, quindi va benissimo così.
Black Knight Sword é solo l'ultima delle sue creazioni, e si discosta notevolmente dalle precedenti produzioni Grasshopper Manufacture. Innanzitutto stavolta viene abbandonata la terza dimensione, abbracciando un'estetica ed uno stile di gioco assimilabile a classici arcade come Ghosts'n'Goblins e similari. Già in passato Suda aveva mostrato una certa affezione verso il gaming d'annata, infatti i minigame di No More Heroes 2 sembravano uscire direttamente da un Nintendo NES, per non parlare degli intermezzi sparatutto di Shadows of the Damned. Proprio questi ultimi ci riportano ad un'estetica 2D che si rifà all'animazione in stile “Monty Python” con parti mobili: vere e proprie marionette di cartone come si vedevano tanti anni fa nei cortometraggi animati dell'est europa.
La storia é molto semplice. In un regno lontano c'é una principessa, e noi interpreteremo un cavaliere che correrà da lei tra mille pericoli. Se però avremo la pazienza di ascoltare la storia del narratore prima di iniziare a giocare, verremo subito a sapere un piccolo, bizzarro particolare: la principessa é in realtà una folle despota sanguinaria che farebbe impallidire il principe Vlad, e sarà nostro compito ucciderla barbaramente per riportare la pace. Il gioco si apre all'interno di un vecchio albergo fatiscente, e nei panni di un uomo debole e lento raccoglieremo la spada magica che da il titolo al gioco, la quale ci trasformerà in un possente e veloce cavaliere. La spada infatti é abitata dallo spirito di Elleboro Nero (come il fiore mortale che secondo gli antichi guariva la follia), una sorta di bambina volante che vuole a tutti i costi uccidere la principessa. E noi, forti del suo potere, l'accontenteremo.
Il tutto si svolge come una sorta di rappresentazione teatrale su di un palcoscenico, con gli sfondi che vengono sostituiti in tempo reale mentre avanziamo. Lo scorrimento dello schermo é, nelle intenzioni, uno “scivolamento” della scenografia, un po' come accadeva nel vecchio Dynamite Headdy per Megadrive. Ma mentre il platform Tresure sfruttava al massimo questa intuizione, in Black Knight Sword presto vi dimenticherete di tal particolare, considerandolo un normale arcade: solo in determinati frangenti il gimmick tornerà a farvi riconsiderare lo spazio effettivo in cui si svolge l'azione. In rari casi, soprattutto nei livelli avanzati, i fondali ci offriranno paesaggi sconfinati che si estendono a perdita d'occhio. Ma basta muovere lo stick destro per inclinare la visuale ed ecco che l'inganno viene a galla: siamo sempre su quel piccolo palcoscenico, e gli estesi orizzonti non sono altro che sagome di cartone dipinte che si stagliano su di un telo a pochi centimetri dal protagonista. Suda, forse inconsapevolmente, mette a nudo la finzione scenica rappresentata sui nostri schermi dalle superproduzioni videoludiche: per quanto sembrino mondi più o meno verosimili, si tratta sempre di poligoni e pixel messi lì apposta per noi.
Tra salti, doppi salti affondi a corto raggio nelle otto direzioni, schivate all'indietro e alcuni poteri da acquisire avanzando, il gioco appare una sorta di incrocio tra Ghosts'n'Goblins, Castlevania (il classico, non i recenti metroidiani) e tutti quei giochini action che fioccavano sugli 8 ed i 16 bit vent'anni or sono: Sword and the Rose, Fire & Brimstone, Astro Marine Corps... Tutti avevano in comune quel pizzico di esplorazione libera che mancava ai coin-op e soprattuto degli HUD di dimensioni considerevoli, replicati in questa sede dalle “quinte” del teatro virtuale di Black Knight Sword. Ma il gioco, benché già impegnativo e lungo grazie all'ottima implementazione del “new game +”, é solo l'antipasto del notevole Arcade Mode da sbloccare: i livelli diverranno più brevi e saranno pieni zeppi di avversari, non potremo continuare una volta esaurite le vite ed avremo uno stretto limite di tempo per finire il tutto. Relegata al semplice ruolo di extra, per non intimidire l'utenza attuale, questa modalità mostra una compattezza ed un level design di altissimo livello. E' a tutti gli effetti un Ghosts'n'Goblins moderno, dove solo provando e riprovando riusciremo ad arrivare alla fine.
Ma torniamo al gioco principale: Nemici bizzarri come testoni muniti di arti, villici bicefali e lupi irsuti ci sbarreranno la strada fino al boss di turno, elargendo cuori umani pulsanti (la moneta del gioco) alla loro sanguinosa sconfitta ed utilizzando talvolta schemi d'attacco elaborati e non troppo prevedibili. I boss fanno molto Castlevania nella loro maestosa semplicità, ed in molti casi ci costringeranno ad utilizzare estensivamente la schivata all'indietro (giù + salto) per non fare una brutta fine. Lungo la strada saranno presenti anche dei “mini boss” o potrà capitare che, come nella miglior tradizione arcade, guardiani già sconfitti si ripresenteranno nelle vesti di mini boss. Ma non é tutto qui, aspettatevi qualche piccola sorpresa nel corso dell'avventura, come improvvisi cambi di direzione nel gameplay o sezioni avolse dal contesto platform-action. Gli stage sono solo cinque, ma abbiamo anche due ottime modalità extra (la già citata Arcade e la Challenge), oltre a tre livelli di difficoltà e soprattutto una sfida piuttosto alta già a Normal: se escludiamo il primo capitolo, più introduttivo che altro, gli altri sono decisamente lunghi e impegnativi. Non é presente il salvataggio automatico ma c'é quello manuale, che registrerà su HDD la nostra posizione e status dell'ultimo checkpoint raggiunto. Abbiamo solo 3 vite a disposizione ma potremo acquistarne altre nel negozio, ed al Game Over potremo decidere se tornare al menu per poi riprendere dal salvataggio o se ricominciare l'intero livello daccapo con punteggio ed equipaggiamento azzerati. Inutile dire che quest'ultima opzione é sconsigliabile, in quanto i livelli avanzati sono praticamente impossibili senza aver potenziato a dovere il personaggio.
Non mancano i negozi, rappresentati qui da occhi volanti che hanno mani umane al posto delle ali e che ci venderanno energia, potenziamenti della barra vitale, armature più resistenti, vite extra, attacchi magici di riserva ed altro. L'estetica di questi esseri, con bocche ed occhi ostentati su corpi circolari rotanti fanno molto “simbologia esoterica”. Assieme allo stile grafico china & matita, alla palette lugubre ed alle animazioni in stile marionetta (come accennavamo poc'anzi) il tutto concorre a ricreare un'estetica degna di antichi testi occulti, tarocchi, o da libro illustrato maledetto. Le ombre proiettate da oggetti e nemici sulle scenografie artificiali non sono solo un accorgimento cosmetico: talvolta possono rivelare la presenza di oggetti posti al di fuori della portata visiva, come ad esempio le “teste di gatto” meno visibili o dei nemici in agguato. La grafica alterna elementi 2D a modelli 3D, come i forni a microonde che fanno le veci di moderni forzieri. Il risultato é pregevole, ma per via dell'estrema stranezza del mix e dei lugubri colori, pochi apprezzeranno il fattore estetico del gioco. Tra volti deformi ed ambienti tetri il gioco ci ha ricordato tra gli altri il vecchio The Dark Eye della iNscape, inquietante avventura grafica ispirata ai racconti di E.A.Poe.
Tra un livello e l'altro ci verranno mostrate delle illustrazioni, accompagnate dalla voce narrante. Apparentemente questi intermezzi non hanno nulla a che vedere con la trama, ma le macabre favole che ci raccontano hanno un significato che starà a noi scoprire alla fine di ogni livello e, più compiutamente, alla fine del gioco. Suda ci offre un mondo delle fiabe corrotto, una sorta di limbo ultraterreno dove si muovono le inquietudini umane. Il bene ed il male si scambiano i ruoli e giocano con il subconscio del pubblico, posto davanti ad un palcoscenico tanto surreale e folle quanto disturbante. La grafica, interamente realizzata a mano, mostra sprazzi di genialità alternati ad incertezze di natura quasi amatoriale: questo ci ha ricordato il tripudio splatter-naif dello straordinario gioco indie Weapon of Choice, dove un'improbabile invasione aliena era una mera scusa per mostrarci incredibili aberrazioni visive vergate con mano incerta, da distruggere a suon di laser e missilate in perfetto stile Contra.
L'atmosfera di Black Knight Sword é rafforzata da un comparto sonoro decisamente singolare: linee melodiche compiute si alternano a tappeti sonori dissonanti e litanie cacofoniche. Non da meno gli effetti (lamenti, strane voci, suoni quasi fastidiosi) e soprattutto il doppiaggio. Se infatti la versione inglese presenta un narratore decisamente serio e dalla voce profonda, il cui effetto “diabolico” é rafforzato dal riverbero, nella versione italiana abbiamo una voce molto più strana. Si tratta di un attore che si esprime con una pronuncia singolare, si può notare una certa monotonia nell'inflessione (come se lui stesso non capisse cosa dica) ed un lievissimo accento straniero, quasi impercettibile. Si tratta certamente di un doppiatore incaricato di coprire più lingue, espediente utilizzato per ridurre i costi di localizzazione come già visto altre volte in passato. Ci viene in mente l'osceno Portal Runner di 3DO (dove il risultato era esilarante anche per via di un paio di gaffe della doppiatrice iberica) ma stavolta il risultato é quasi apprezzabile: come accadde per l'ormai epico G-Man di Half Life 2, interpretato con uno strano accento ed una cadenza quasi robotica, il doppiaggio scadente di Black Knight Sword spesso contribuisce ad alimentare il senso di inquietudine trasmesso dal gioco, anziché distruggerlo.
Black Knight Sword é solo l'ultima delle sue creazioni, e si discosta notevolmente dalle precedenti produzioni Grasshopper Manufacture. Innanzitutto stavolta viene abbandonata la terza dimensione, abbracciando un'estetica ed uno stile di gioco assimilabile a classici arcade come Ghosts'n'Goblins e similari. Già in passato Suda aveva mostrato una certa affezione verso il gaming d'annata, infatti i minigame di No More Heroes 2 sembravano uscire direttamente da un Nintendo NES, per non parlare degli intermezzi sparatutto di Shadows of the Damned. Proprio questi ultimi ci riportano ad un'estetica 2D che si rifà all'animazione in stile “Monty Python” con parti mobili: vere e proprie marionette di cartone come si vedevano tanti anni fa nei cortometraggi animati dell'est europa.
La storia é molto semplice. In un regno lontano c'é una principessa, e noi interpreteremo un cavaliere che correrà da lei tra mille pericoli. Se però avremo la pazienza di ascoltare la storia del narratore prima di iniziare a giocare, verremo subito a sapere un piccolo, bizzarro particolare: la principessa é in realtà una folle despota sanguinaria che farebbe impallidire il principe Vlad, e sarà nostro compito ucciderla barbaramente per riportare la pace. Il gioco si apre all'interno di un vecchio albergo fatiscente, e nei panni di un uomo debole e lento raccoglieremo la spada magica che da il titolo al gioco, la quale ci trasformerà in un possente e veloce cavaliere. La spada infatti é abitata dallo spirito di Elleboro Nero (come il fiore mortale che secondo gli antichi guariva la follia), una sorta di bambina volante che vuole a tutti i costi uccidere la principessa. E noi, forti del suo potere, l'accontenteremo.
Il tutto si svolge come una sorta di rappresentazione teatrale su di un palcoscenico, con gli sfondi che vengono sostituiti in tempo reale mentre avanziamo. Lo scorrimento dello schermo é, nelle intenzioni, uno “scivolamento” della scenografia, un po' come accadeva nel vecchio Dynamite Headdy per Megadrive. Ma mentre il platform Tresure sfruttava al massimo questa intuizione, in Black Knight Sword presto vi dimenticherete di tal particolare, considerandolo un normale arcade: solo in determinati frangenti il gimmick tornerà a farvi riconsiderare lo spazio effettivo in cui si svolge l'azione. In rari casi, soprattutto nei livelli avanzati, i fondali ci offriranno paesaggi sconfinati che si estendono a perdita d'occhio. Ma basta muovere lo stick destro per inclinare la visuale ed ecco che l'inganno viene a galla: siamo sempre su quel piccolo palcoscenico, e gli estesi orizzonti non sono altro che sagome di cartone dipinte che si stagliano su di un telo a pochi centimetri dal protagonista. Suda, forse inconsapevolmente, mette a nudo la finzione scenica rappresentata sui nostri schermi dalle superproduzioni videoludiche: per quanto sembrino mondi più o meno verosimili, si tratta sempre di poligoni e pixel messi lì apposta per noi.
Tra salti, doppi salti affondi a corto raggio nelle otto direzioni, schivate all'indietro e alcuni poteri da acquisire avanzando, il gioco appare una sorta di incrocio tra Ghosts'n'Goblins, Castlevania (il classico, non i recenti metroidiani) e tutti quei giochini action che fioccavano sugli 8 ed i 16 bit vent'anni or sono: Sword and the Rose, Fire & Brimstone, Astro Marine Corps... Tutti avevano in comune quel pizzico di esplorazione libera che mancava ai coin-op e soprattuto degli HUD di dimensioni considerevoli, replicati in questa sede dalle “quinte” del teatro virtuale di Black Knight Sword. Ma il gioco, benché già impegnativo e lungo grazie all'ottima implementazione del “new game +”, é solo l'antipasto del notevole Arcade Mode da sbloccare: i livelli diverranno più brevi e saranno pieni zeppi di avversari, non potremo continuare una volta esaurite le vite ed avremo uno stretto limite di tempo per finire il tutto. Relegata al semplice ruolo di extra, per non intimidire l'utenza attuale, questa modalità mostra una compattezza ed un level design di altissimo livello. E' a tutti gli effetti un Ghosts'n'Goblins moderno, dove solo provando e riprovando riusciremo ad arrivare alla fine.
Ma torniamo al gioco principale: Nemici bizzarri come testoni muniti di arti, villici bicefali e lupi irsuti ci sbarreranno la strada fino al boss di turno, elargendo cuori umani pulsanti (la moneta del gioco) alla loro sanguinosa sconfitta ed utilizzando talvolta schemi d'attacco elaborati e non troppo prevedibili. I boss fanno molto Castlevania nella loro maestosa semplicità, ed in molti casi ci costringeranno ad utilizzare estensivamente la schivata all'indietro (giù + salto) per non fare una brutta fine. Lungo la strada saranno presenti anche dei “mini boss” o potrà capitare che, come nella miglior tradizione arcade, guardiani già sconfitti si ripresenteranno nelle vesti di mini boss. Ma non é tutto qui, aspettatevi qualche piccola sorpresa nel corso dell'avventura, come improvvisi cambi di direzione nel gameplay o sezioni avolse dal contesto platform-action. Gli stage sono solo cinque, ma abbiamo anche due ottime modalità extra (la già citata Arcade e la Challenge), oltre a tre livelli di difficoltà e soprattutto una sfida piuttosto alta già a Normal: se escludiamo il primo capitolo, più introduttivo che altro, gli altri sono decisamente lunghi e impegnativi. Non é presente il salvataggio automatico ma c'é quello manuale, che registrerà su HDD la nostra posizione e status dell'ultimo checkpoint raggiunto. Abbiamo solo 3 vite a disposizione ma potremo acquistarne altre nel negozio, ed al Game Over potremo decidere se tornare al menu per poi riprendere dal salvataggio o se ricominciare l'intero livello daccapo con punteggio ed equipaggiamento azzerati. Inutile dire che quest'ultima opzione é sconsigliabile, in quanto i livelli avanzati sono praticamente impossibili senza aver potenziato a dovere il personaggio.
Non mancano i negozi, rappresentati qui da occhi volanti che hanno mani umane al posto delle ali e che ci venderanno energia, potenziamenti della barra vitale, armature più resistenti, vite extra, attacchi magici di riserva ed altro. L'estetica di questi esseri, con bocche ed occhi ostentati su corpi circolari rotanti fanno molto “simbologia esoterica”. Assieme allo stile grafico china & matita, alla palette lugubre ed alle animazioni in stile marionetta (come accennavamo poc'anzi) il tutto concorre a ricreare un'estetica degna di antichi testi occulti, tarocchi, o da libro illustrato maledetto. Le ombre proiettate da oggetti e nemici sulle scenografie artificiali non sono solo un accorgimento cosmetico: talvolta possono rivelare la presenza di oggetti posti al di fuori della portata visiva, come ad esempio le “teste di gatto” meno visibili o dei nemici in agguato. La grafica alterna elementi 2D a modelli 3D, come i forni a microonde che fanno le veci di moderni forzieri. Il risultato é pregevole, ma per via dell'estrema stranezza del mix e dei lugubri colori, pochi apprezzeranno il fattore estetico del gioco. Tra volti deformi ed ambienti tetri il gioco ci ha ricordato tra gli altri il vecchio The Dark Eye della iNscape, inquietante avventura grafica ispirata ai racconti di E.A.Poe.
Tra un livello e l'altro ci verranno mostrate delle illustrazioni, accompagnate dalla voce narrante. Apparentemente questi intermezzi non hanno nulla a che vedere con la trama, ma le macabre favole che ci raccontano hanno un significato che starà a noi scoprire alla fine di ogni livello e, più compiutamente, alla fine del gioco. Suda ci offre un mondo delle fiabe corrotto, una sorta di limbo ultraterreno dove si muovono le inquietudini umane. Il bene ed il male si scambiano i ruoli e giocano con il subconscio del pubblico, posto davanti ad un palcoscenico tanto surreale e folle quanto disturbante. La grafica, interamente realizzata a mano, mostra sprazzi di genialità alternati ad incertezze di natura quasi amatoriale: questo ci ha ricordato il tripudio splatter-naif dello straordinario gioco indie Weapon of Choice, dove un'improbabile invasione aliena era una mera scusa per mostrarci incredibili aberrazioni visive vergate con mano incerta, da distruggere a suon di laser e missilate in perfetto stile Contra.
L'atmosfera di Black Knight Sword é rafforzata da un comparto sonoro decisamente singolare: linee melodiche compiute si alternano a tappeti sonori dissonanti e litanie cacofoniche. Non da meno gli effetti (lamenti, strane voci, suoni quasi fastidiosi) e soprattutto il doppiaggio. Se infatti la versione inglese presenta un narratore decisamente serio e dalla voce profonda, il cui effetto “diabolico” é rafforzato dal riverbero, nella versione italiana abbiamo una voce molto più strana. Si tratta di un attore che si esprime con una pronuncia singolare, si può notare una certa monotonia nell'inflessione (come se lui stesso non capisse cosa dica) ed un lievissimo accento straniero, quasi impercettibile. Si tratta certamente di un doppiatore incaricato di coprire più lingue, espediente utilizzato per ridurre i costi di localizzazione come già visto altre volte in passato. Ci viene in mente l'osceno Portal Runner di 3DO (dove il risultato era esilarante anche per via di un paio di gaffe della doppiatrice iberica) ma stavolta il risultato é quasi apprezzabile: come accadde per l'ormai epico G-Man di Half Life 2, interpretato con uno strano accento ed una cadenza quasi robotica, il doppiaggio scadente di Black Knight Sword spesso contribuisce ad alimentare il senso di inquietudine trasmesso dal gioco, anziché distruggerlo.
Black Knight Sword
8
Voto
Redazione
Black Knight Sword
Dopo l'esperimento visto in Shadows of the Damned, Suda51 si dà totalmente al 2D con risultati altalenanti. Al di là di un'estetica pregevole, ricercata e bizzarra ma volutamente tetra e “fastidiosa”, Black Knight Sword ci offre un gameplay vecchia scuola estremamente impegnativo ed interessante. Più che i classici Castlevania o Ghosts'n'Goblins (di cui abbiamo un eccellente omaggio nell'Arcade Mode sbloccabile), il modello di partenza sembra quasi essere la ludoteca Amiga: fatta di action-platform dall'esplorazione più libera rispetto ai suddetti arcade, ma meno curata dal punto di vista del bilanciamento. La sfida é alta già a livello Normal, mentre il sistema di salvataggio poco user friendly, l'HUD di dimensioni generose e lo scorrimento ancorato ai 30FPS ricordano in tutto e per tutto molti giochi Amiga (anche se questa forte somiglianza é probabilmente del tutto involontaria). In sostanza abbiamo un titolo consigliato agli amanti del bizzarro, di Suda e della sfida senza compromessi, si astengano gli altri.