Bomberman

di Marco Modugno
Videogiochi e merendine. Cosa avranno mai in comune, a parte il prestarsi entrambi ad essere "divorati" in quantità industriale, mollemente adagiati sul divano di casa? La risposta è meno immediata di quanto uno possa pensare. Si tratta di prodotti di consumo basati sulla riuscita unione tra una formula semplice e un elevato grado di assuefazione e affezione al marchio.
Mi spiego, se una merendina ha un gusto, e magari anche un aspetto, accattivante, riesce a fidelizzare in poco tempo un'intera generazione, sopravvivendo nel tempo e tramandando la sua fama di padre in figlio, superando a testa alta perfino i delicati equilibri del marketing moderno, che permettono ad un prodotto di bruciarsi la fama e il successo nell'arco di una sola stagione.
Non siete d'accordo? Pensate allora ad un celebre snack di cioccolato e pan di spagna arrotolato su sé stesso come una spirale (ai miei tempi era pubblicizzato da un buffo capo indiano dal nome di Toro Farcito...). O ad un altro soffice e sormontato da una glassa punteggiata di piccoli e candidi chicchi di zucchero. Se non avete capito di cosa parlo, o siete allergici ai dolci, oppure appena sbarcati dall'astronave dei Covenant di Halo.


La stessa cosa vale per i videogiochi. Ci sono titoli sui quali vengono investite risorse monetarie immense che, per colpa di un gameplay poco immersivo o di una formula pubblicitaria poco efficace cadono nel dimenticatoio dopo pochi mesi. E altri che, per chissà quale ragione, sembrano sopravvivere a sé stessi per decenni, riciclando efficacemente una formula sempre uguale a sé stessa ma efficace al punto di conquistare il gradimento di intere generazioni di giocatori.
A volte il merito può essere del testimonial del gioco, come nei casi di Mario o di Sonic, pronto a diventare una vera e propria mascotte per un'intera piattaforma o casa di produzione. In altri casi, invece, è proprio la formula stessa del gioco, semplice e accattivante, a fare la differenza nel tempo, trasformando una buona idea in un vero e proprio classico del genere.
E' il caso di Bomberman, franchise Konami del 1985 che ha superato i quattro lustri d'età senza mostrare acciacchi o segni di vecchiaia. E questo nonostante un gameplay praticamente immutato e una trama sottile come le pareti di carta di una casa tradizionale giapponese.
Dopo aver conquistato l'apprezzamento di schiere di videogiocatori su generazioni di console, a partire dalla mitica NES, al punto che molti, anche oggi, lo giocano in Java sul pc, dopo aver scaricato uno dei mille client gratuiti disponibili in rete, il titolo targato Hudson approda oggi con successo sulla PSP, beneficiando di una formula classica di gioco, pur arricchita di alcune godibili novità che non mancheranno di stimolare all'acquisto gli appassionati del marchio.

Poco da dire sulla trama, appena sfumata, che impone al nostro protagonista, il solito robottino con la testa a forma di monitor e l'antennina, di liberare un intero sistema di pianeti dall'invasione delle perfide, ancorché buffe, creature di un misterioso cattivone.
D'altronde l'utente medio di un gioco che ricalca, aggiornandolo, un gameplay essenziale e allo stesso tempo immersivo, che affonda le sue radici in titoli "antichi" come Pac-Man e Dig Dug, non è certo alla ricerca di canovacci tolkieniani che facciano da sfondo alle sue partite.
Bombe, bombette e bomboni, infatti, costituiscono le variazioni sul tema del gioco dalla sua nascita in poi. E questo porting, lo ripetiamo fino a sgolarci, non fa eccezione all'impostazione classica, che prevede un labirinto composto di blocchi indistruttibili, e di altri che possono essere fatti saltare in aria, più o meno gremito di fastidiose creature il cui solo contatto spedirebbe il nostro alter ego nel paradiso dei tubi catodici.


Imperativo, allora, entro un tempo stabilito, distruggere abbastanza blocchi da aprirci la strada verso i nostri nemici, consentendoci di ripulire da essi il livello e di svelare l'uscita che ci consentirà di completarlo.
Tutta qui l'ardua impresa, da compiere ovviamente a suon di bombe, se non fosse che spesso e volentieri i blocchi che distruggeremo nasconderanno oltre 18 tipi diversi di power up, da quelli che aumentano la nostra velocità a quelli che ci consentono di spedire con un calcio uno dei nostri ordigni, dritto tra le gambe del nemico di turno.
A differenza di altri titoli della serie, dove i poteri speciali si attivavano immediatamente, la versione PSP ci consente di accumularli per richiamarli poi all'abbisogna, attivando con i tasti dorsali un menu che appare su un lato dello schermo, sfruttando la larghezza del monitor della console tascabile.

Il canonico boss di fine livello caratterizza l'ultimo dei dieci scontri necessari a "liberare " uno degli altrettanti pianeti, per un totale di 100 livelli "classici" in isometrica, cui se ne aggiungono una cinquantina in 3D, sbloccabili solo completando la campagna principale.
Completa il quadro il multiplayer, disputabile solo in locale. Non è infatti presente nessuna opzione per giocare via internet. Valida però la scelta di consentire fino a 4 giocatori di scontrarsi, ciascuno con la propria console ma sfruttando tutti un'unica copia del gioco.
Come? Non ho parlato di aspetti squisitamente tecnici? Eppure mi pareva di essere stato chiaro. Qui si parla di Bomberman, non di Halo 3, e la grafica e il sonoro, squisitamente retrò e praticamente uguali a quelli del capostipite di più di vent'anni fa, non dovrebbero nemmeno essere oggetto di discussione. Un po' come se andaste a cianciare di ABS, sospensioni intelligenti e rimappatura della centralina a quel signore che incontrate sempre dal benzinaio, orgoglioso possessore di una Mercedes Pagoda SL del 1963.
Adatto a grandi e piccoli, ai veterani come ai neofiti, il titolo Konami si presenta al pubblico Sony con gli stessi pregi (e difetti: se odiate i labirynth game, le musichette ripetitive alla nausea e le creaturine assassine tipiche del filone, lasciatelo perdere) dei suoi predecessori. Provarlo comporta il rischio elevato di assuefazione. Sappiatelo, prima di mettere mano al portafogli.