Bound

di Tommaso Alisonno
Una donna in palese stato interessante si fa accompagnare in auto fino a una casetta in riva al mare, ma anziché recarsi immediatamente alla porta preferisce prima fare una passeggiata sulla spiaggia. Lì si ferma più volte a pensare, aiutando i suoi ricordi con un quaderno in cui abbondano i disegni tracciati da una mano infantile. Immediatamente i suoi pensieri si trasformano in un mondo colorato e sfaccettato in cui la Principessa deve difendere il regno della Regina da un enorme Mostro, magari con l'assistenza di un Eroe che però fa il ritroso. Tra un salto, una piroetta e una corsa aggraziata inizia così il viaggio della Principessa tra i ricordi della donna.

Bound é un termine che in Inglese ha molti significati, e su questi giocano i ragazzi Plastic Studios: usato come sostantivo, la parola significa “limite”, soprattutto nel senso di “legame”, ma anche “salto”; il verbo “to bound”, parimenti, significa “legare” ma anche “saltare”; usato come aggettivo, infine, implica costrizione – “legato”, “costretto”, “obbligato”. Bound sono i legami familiari, ma anche gli aggraziati salti e evoluzioni che compiono le ballerine di danza classica.



Tutti questi significati si applicano alla perfezione al Platformer concepito dal team, che ci vede infatti impersonare la Principessa ballerina, con tanto di nastri legati ai polsi, impegnata in salti ed evoluzioni in un mondo che scaturisce dal passato familiare della donna sulla spiaggia. La protagonista potrà dunque camminare e correre, saltare, eseguire “la ruota” a mo' di schivata e passare sotto a qualche ostacolo con una capriola. Sebbene il mondo dei ricordi le anteponga spesso viticci aggressivi o altre forme di pericolo, la ragazza non avrà mosse “offensive”: al contrario, tenendo premuto il grilletto destro si circonderà di una barriera composta da nastri mentre esegue altri passi di danza, risultando per tutto il tempo invulnerabile alle aggressioni esterne.

“Tutto qui”, verrebbe da dire, ma sarebbe vero solo in parte. In effetti l'esperienza di gioco si riassume nel superare i cinque livelli, affrontabili nell'ordine che preferite (basta sfogliare le pagine del quaderno), cercando semplicemente di raggiungere il “ricordo” che si trova alla fine e scacciarne i demoni col potere della danza, per poi “tornare a casa” scivolando su un nastro. La presenza di qualche sporadico enigma, di due finali – selezionabili un attimo prima dei titoli di coda – di una modalità Time Attack sbloccabile dopo la prima run e di “cristalli” segreti nascosti qua e là cerca di aggiungere un po' di sostanza a un'esperienza di gioco in realtà estremamente semplice e lineare.
In tre ore Bound tocca temi scomodi, ma con grazia e delicatezza


Ma Bound vuol essere un titolo sperimentale, prima di tutto nell'impatto grafico che contrappone al mondo reale uno immaginario composto di forme semplici e texture piatte dai colori accesi, che si muovono però in maniera fluida: l'esempio più lampante, ma non certo l'unico, é quello della protagonista, dall'abito cangiante e sfaccettato ma dotata di una innegabile grazia nei movimenti. Dalla doppia anima anche il sonoro: per buona parte la Principessa danza in assenza di musica, mentre le accorate note di piano accompagnano solo i momenti topici della vicenda. Il gioco non ha doppiaggi propriamente detti – i personaggi si esprimono mediante versi inarticolati – ma i testi sono completamente tradotti in Italiano.

Sperimentale inoltre il metodo di narrazione: che la Principessa incarni la donna sulla spiaggia, vera protagonista, nel suo mondo immaginario di quando era bambina (quando, come insegna uno stereotipo, sognava di diventare una ballerina, tanto da vestire il tutù in casa) e che gli altri personaggi siano trasposizioni dei membri della sua famiglia che ha attraversato una crisi dietro l'altra, é palese sin dall'inizio. Che la protagonista metabolizzi solo da adulta questi pensieri in nome di una gioia più grande, come quella di diventare essa stessa madre, é un altro paio di maniche. I ricordi d'infanzia riprendono forma dai frammenti rimasti nella memoria solo quando osservati con calma e distacco, e le paure di una bambina diventano consapevolezza nella mente di un'adulta.

In meno di tre ore, forse due, Bound tocca temi pesanti e “scomodi”, ma lo fa con la stessa grazia e delicatezza con cui la Principessa attraversa i mondi frammentati, a metà tra Escher e Kandinsky, partoriti da una psiche in cerca di pace. Un gioco che sa far commuovere, soprattutto chi si é trovato in simili situazioni, ma che probabilmente non é effettivamente in grado di divertire: si tratta di un'esperienza onirica e profonda destinata a chi davanti allo schermo vuole “assimilare” una storia – non per niente sarà disponibile anche in VR – e non é in cerca di un vero e proprio gameplay. Sotto questo punto di vista, infatti, il titolo di Plastic Studios é decisamente troppo breve e semplice.