Brink
di
Giuseppe Schirru
Pensi a Bethesda, garanzia di qualità, e la mente viene tappezzata da immagini di The Elder Scrolls, Fallout 3, il suo seguito e compagnia cantante. Poi ricontrolli il curriculum vitae di Splash Damage, i paparini di Enemy Territory, e ti rendi conto che la loro monogamia nei confronti dell'fps é seconda solo a quella di Bungie. Il sodalizio tra Bethesda e SD nasceva con le più rosee aspettative e con l'impegno di freschezza e innovazione sbandierati ai quattro venti come caratteristiche salienti. Eppur qualcosa non torna.
Brink é uno sparatutto in prima persona che basa la quasi interezza del suo essere (giusto il 99%) sull'esperienza multiplayer online, in un confronto a squadre che spinge naturalmente a un'accurata collaborazione tra compagni e che trova nei vari Team Fortress e Quake Wars i suoi colleghi più prossimi. Ed é bene che al lettore sia subito confidato un segreto di non poco conto: Brink, in single player, é un pugno nella stomaco dato con forza pugilistica. Non solo per l'impostazione di base del gioco che svilisce completamente l'esperienza in solitaria rendendola asettica, priva di trama e mordente, ripetitiva, ma soprattutto per la micidiale stupidità di compagni d'armi sprovveduti che sembrano inseriti in un contesto a loro ameno e non hanno ben chiaro che combinare, rendendo quindi l'esperienza al più sgradevole.
Qualche ulteriore puntualizzazione é comunque necessaria: nel tentativo di votarsi al multiplayer e omettere una campagna in singolo degna di questo nome, si é plasmata quest'ultima secondo meccaniche alla "Unreal", limitate cioé al completamento delle medesime missioni presenti nel multigiocatore mediante l'utilizzo dei bot. Ma Brink é un titolo votato al multiplayer, e sebbene il lettore debba essere informato della pochezza della campagna in solitaria (che definire campagna é di per sé erroneo), é bene comunque precisare che la sua scarsa qualità inciderà tanto quanto sul voto finale. Brink é nato per le botte in compagnia e sotto quest'ottica dev'essere recensito.
Anche la pseudo trama che fa da accessorio alle battaglie risulta niente più che un pretesto per chiarire il motivo degli scontri tra le fazioni in gioco. Lo scenario é garantito da Ark, isola artificiale costruita nel futuro come fiorente casa di artisti e pensatori. Ora, schiava dello stesso isolazionismo che avrebbe dovuto preservarla dalle influenze esterne é caduta in rovina ed é divenuta teatro di scorribande e battaglie tra due opposte fazioni, la resistenza e la sicurezza, in lotta per il predominio degli avamposti e delle scorte. Tutto condito da filmati che ci presentano anonimi personaggi che non faticheremo a rimuovere ben presto dalla memoria per concentrarci solo ed esclusivamente su sparatorie ed obiettivi. Niente che faccia gridare allo scandalo, si intende, d'altronde Brink non é certo il primo fps a percorrere questa strada. É lecito attendersi però che il multiplayer sia necessariamente dotato di una qualità tale da sopperire all'assenza sopraccitata.
Brink strizza l'occhio a Mirror's Edge? Il paragone con il gioco EA é saltato fuori più volte nel corso della gestazione e non risulta fuori luogo più per apparenza che non per sostanza. La grande innovazione del titolo dovrebbe infatti constare nell'interazione fisico-atletica con le mappe di gioco. Molti di voi sicuramente conosceranno il Parkour, quella disciplina filosofica-sportiva che vede i suoi performers immergersi profondamente nelle città dominandone le varie superfici con salti, capriole e percorsi alternativi su tetti, ringhiere, pilastri, e tutte quelle strutture architettoniche che escono dal loro contesto abituale diventando superfici percorribili. Ebbene lo sparatutto Splash Damage offre al giocatore delle mappe di gioco disseminate di ostacoli come cataste di casse, container, ringhiere, appigli vari da utilizzare come scorciatoie e al tempo stesso come rapide vie di fuga per sfuggire dai proiettili nemici. Una feature questa che a conti fatti aggiunge poco o nulla alle dinamiche di gioco: guadagnare qualche millisecondo per raggiungere un obiettivo, non cambia di una virgola l'esito del combattimento; diverso é utilizzarla per raggiungere zone altrimenti inaccessibili della mappa.
Basterà questo a tenere alto l'interesse? Cos'altro ha da offrire il titolo che abbiamo tra le mani? Anzitutto un'ampia caratterizzazione dei personaggi, sia a livello estetico che per quel che concerne abilità, armamentario, accessori grazie a un editor permissivo fino all'inverosimile. Scelta la faccia, presa da un campionario di volti deformed che estremizza caratteristiche somatiche come la forma del viso, il naso e l'espressione, selezionati i tatuaggi su corpo e viso, si passerà alla scelta degli abiti, dei tagli di capelli, peluria facciale e accessori, offrendoci la possibilità di cambiare look man mano che si sale di livello. Accumulando esperienza si sbloccheranno anche le caratteristiche più pratiche, come le abilità, gli accessori per le armi (mirini, impugnature, silenziatori) e le varie corporature che influiranno su fattori come la resistenza al piombo, la stamina e soprattutto la mobilità. I soggetti più grossi, veri e propri energumeni, avranno dalla loro una enorme resistenza ma non potranno eseguire le manovre più atletiche che saranno invece appannaggio degli individui più longilinei a loro volta penalizzati in termini di quantità di proiettili incassabili.
Scelte le caratteristiche personali bisognerà poi, prima di gettarsi nella mischia, selezionare una delle quattro classi presenti, soldato, medico, ingegnere e agente. Questo fattore coincide con il vero e proprio fulcro del gioco. Il bilanciamento di questi quattro ruoli, la sapiente osservanza di oneri e onori delle suddette classi e un pizzico di coordinazione e tattica delimitano il sottile limite tra il successo di una missione o il più cocente dei fallimenti. Ciò significa che una squadra composta esclusivamente di soldati non va lontano, e che se i medici si limitano a sparare senza curare i compagni si andrà prematuramente e dolorosamente verso la sconfitta. Otto le mappe, da affrontare nel più classico degli "attacco & difesa" tra sicurezza e resistenza. In ciascuna mappa cambiano gli obiettivi ma non il succo. Le missioni saranno suddivise in due fasi con gli attaccanti e difensori che si contenderanno degli avamposti, con i primi che avranno dei macro-obiettivi da portare a termine (recupero di un oggetto, un ostaggio o quant'altro), prima di darsi alla fuga e i secondi intenti ad impedire ogni sortita avversaria.
Cosa c'é di veramente innovativo, nuovo e fresco in tutto ciò? Poco o niente dato che quasi tutte le feature presenti sono mutuate da altri giochi del medesimo genere. Assenza di campagna di rilievo, trama inconsistente e pretestuosa, scarsa innovazione: deve filare tutto dannatamente liscio per catturare l'interesse dei più. E invece si cade miseramente proprio nella caratteristica più importante, ovvero i server di gioco, che su console, come magia, non ci sono. La versione in analisi é infatti quella per Xbox 360 che, pari a quella PS3 (non testabile al momento) e a differenza di quella PC, si basa su sistema host e non su server dedicati, senza alcuna possibilità di filtrare le partite gestite da americani da quelle europee. Il risultato é l'alta probabilità di ritrovarsi in partite afflitte da un lag talmente pesante da renderle ingiocabili.
Si salverà almeno il lato tecnico? No, o almeno non del tutto, e citare l'utilizzo dell'iD Tech 4 in versione pompata non può che essere calunnioso nei confronti del pur caro e vetusto motore grafico. Visivamente il gioco non é al passo coi tempi e i limiti hardware di Xbox 360 non giustificano tali e poderosi colpi di cesoia a ciascuno degli elementi che troviamo a schermo rispetto alla versione PC. A partire dalle texture slavatissime e in bassa definizione, per continuare con le strutture poligonali e coi fondali scarni e poco appaganti. Le sessioni di resa migliore sono purtroppo le cutscene, seguite a ruota dalle fasi di personalizzazione del nostro alter ego, che ingrandito e su sfondo bianco da il meglio di sé esibendo una realizzazione più che discreta. In generale in partita i personaggi sono anche gli elementi che più saltano all'occhio. Purtroppo però la scarsa fluidità delle animazioni, il poco adeguato uso dei filtri e i singhiozzi del motore grafico causa di frame rate instabile, pop up e aliasing come se piovesse fanno sfigurare Brink anche nel diretto confronto con produzioni non recentissime. Anche il comparto audio non convince, specie per il poco espressivo doppiaggio (per non dire pietoso) e gli effetti sonori da far rabbrividire.
Brink é uno sparatutto in prima persona che basa la quasi interezza del suo essere (giusto il 99%) sull'esperienza multiplayer online, in un confronto a squadre che spinge naturalmente a un'accurata collaborazione tra compagni e che trova nei vari Team Fortress e Quake Wars i suoi colleghi più prossimi. Ed é bene che al lettore sia subito confidato un segreto di non poco conto: Brink, in single player, é un pugno nella stomaco dato con forza pugilistica. Non solo per l'impostazione di base del gioco che svilisce completamente l'esperienza in solitaria rendendola asettica, priva di trama e mordente, ripetitiva, ma soprattutto per la micidiale stupidità di compagni d'armi sprovveduti che sembrano inseriti in un contesto a loro ameno e non hanno ben chiaro che combinare, rendendo quindi l'esperienza al più sgradevole.
Qualche ulteriore puntualizzazione é comunque necessaria: nel tentativo di votarsi al multiplayer e omettere una campagna in singolo degna di questo nome, si é plasmata quest'ultima secondo meccaniche alla "Unreal", limitate cioé al completamento delle medesime missioni presenti nel multigiocatore mediante l'utilizzo dei bot. Ma Brink é un titolo votato al multiplayer, e sebbene il lettore debba essere informato della pochezza della campagna in solitaria (che definire campagna é di per sé erroneo), é bene comunque precisare che la sua scarsa qualità inciderà tanto quanto sul voto finale. Brink é nato per le botte in compagnia e sotto quest'ottica dev'essere recensito.
Anche la pseudo trama che fa da accessorio alle battaglie risulta niente più che un pretesto per chiarire il motivo degli scontri tra le fazioni in gioco. Lo scenario é garantito da Ark, isola artificiale costruita nel futuro come fiorente casa di artisti e pensatori. Ora, schiava dello stesso isolazionismo che avrebbe dovuto preservarla dalle influenze esterne é caduta in rovina ed é divenuta teatro di scorribande e battaglie tra due opposte fazioni, la resistenza e la sicurezza, in lotta per il predominio degli avamposti e delle scorte. Tutto condito da filmati che ci presentano anonimi personaggi che non faticheremo a rimuovere ben presto dalla memoria per concentrarci solo ed esclusivamente su sparatorie ed obiettivi. Niente che faccia gridare allo scandalo, si intende, d'altronde Brink non é certo il primo fps a percorrere questa strada. É lecito attendersi però che il multiplayer sia necessariamente dotato di una qualità tale da sopperire all'assenza sopraccitata.
Brink strizza l'occhio a Mirror's Edge? Il paragone con il gioco EA é saltato fuori più volte nel corso della gestazione e non risulta fuori luogo più per apparenza che non per sostanza. La grande innovazione del titolo dovrebbe infatti constare nell'interazione fisico-atletica con le mappe di gioco. Molti di voi sicuramente conosceranno il Parkour, quella disciplina filosofica-sportiva che vede i suoi performers immergersi profondamente nelle città dominandone le varie superfici con salti, capriole e percorsi alternativi su tetti, ringhiere, pilastri, e tutte quelle strutture architettoniche che escono dal loro contesto abituale diventando superfici percorribili. Ebbene lo sparatutto Splash Damage offre al giocatore delle mappe di gioco disseminate di ostacoli come cataste di casse, container, ringhiere, appigli vari da utilizzare come scorciatoie e al tempo stesso come rapide vie di fuga per sfuggire dai proiettili nemici. Una feature questa che a conti fatti aggiunge poco o nulla alle dinamiche di gioco: guadagnare qualche millisecondo per raggiungere un obiettivo, non cambia di una virgola l'esito del combattimento; diverso é utilizzarla per raggiungere zone altrimenti inaccessibili della mappa.
Basterà questo a tenere alto l'interesse? Cos'altro ha da offrire il titolo che abbiamo tra le mani? Anzitutto un'ampia caratterizzazione dei personaggi, sia a livello estetico che per quel che concerne abilità, armamentario, accessori grazie a un editor permissivo fino all'inverosimile. Scelta la faccia, presa da un campionario di volti deformed che estremizza caratteristiche somatiche come la forma del viso, il naso e l'espressione, selezionati i tatuaggi su corpo e viso, si passerà alla scelta degli abiti, dei tagli di capelli, peluria facciale e accessori, offrendoci la possibilità di cambiare look man mano che si sale di livello. Accumulando esperienza si sbloccheranno anche le caratteristiche più pratiche, come le abilità, gli accessori per le armi (mirini, impugnature, silenziatori) e le varie corporature che influiranno su fattori come la resistenza al piombo, la stamina e soprattutto la mobilità. I soggetti più grossi, veri e propri energumeni, avranno dalla loro una enorme resistenza ma non potranno eseguire le manovre più atletiche che saranno invece appannaggio degli individui più longilinei a loro volta penalizzati in termini di quantità di proiettili incassabili.
Scelte le caratteristiche personali bisognerà poi, prima di gettarsi nella mischia, selezionare una delle quattro classi presenti, soldato, medico, ingegnere e agente. Questo fattore coincide con il vero e proprio fulcro del gioco. Il bilanciamento di questi quattro ruoli, la sapiente osservanza di oneri e onori delle suddette classi e un pizzico di coordinazione e tattica delimitano il sottile limite tra il successo di una missione o il più cocente dei fallimenti. Ciò significa che una squadra composta esclusivamente di soldati non va lontano, e che se i medici si limitano a sparare senza curare i compagni si andrà prematuramente e dolorosamente verso la sconfitta. Otto le mappe, da affrontare nel più classico degli "attacco & difesa" tra sicurezza e resistenza. In ciascuna mappa cambiano gli obiettivi ma non il succo. Le missioni saranno suddivise in due fasi con gli attaccanti e difensori che si contenderanno degli avamposti, con i primi che avranno dei macro-obiettivi da portare a termine (recupero di un oggetto, un ostaggio o quant'altro), prima di darsi alla fuga e i secondi intenti ad impedire ogni sortita avversaria.
Cosa c'é di veramente innovativo, nuovo e fresco in tutto ciò? Poco o niente dato che quasi tutte le feature presenti sono mutuate da altri giochi del medesimo genere. Assenza di campagna di rilievo, trama inconsistente e pretestuosa, scarsa innovazione: deve filare tutto dannatamente liscio per catturare l'interesse dei più. E invece si cade miseramente proprio nella caratteristica più importante, ovvero i server di gioco, che su console, come magia, non ci sono. La versione in analisi é infatti quella per Xbox 360 che, pari a quella PS3 (non testabile al momento) e a differenza di quella PC, si basa su sistema host e non su server dedicati, senza alcuna possibilità di filtrare le partite gestite da americani da quelle europee. Il risultato é l'alta probabilità di ritrovarsi in partite afflitte da un lag talmente pesante da renderle ingiocabili.
Si salverà almeno il lato tecnico? No, o almeno non del tutto, e citare l'utilizzo dell'iD Tech 4 in versione pompata non può che essere calunnioso nei confronti del pur caro e vetusto motore grafico. Visivamente il gioco non é al passo coi tempi e i limiti hardware di Xbox 360 non giustificano tali e poderosi colpi di cesoia a ciascuno degli elementi che troviamo a schermo rispetto alla versione PC. A partire dalle texture slavatissime e in bassa definizione, per continuare con le strutture poligonali e coi fondali scarni e poco appaganti. Le sessioni di resa migliore sono purtroppo le cutscene, seguite a ruota dalle fasi di personalizzazione del nostro alter ego, che ingrandito e su sfondo bianco da il meglio di sé esibendo una realizzazione più che discreta. In generale in partita i personaggi sono anche gli elementi che più saltano all'occhio. Purtroppo però la scarsa fluidità delle animazioni, il poco adeguato uso dei filtri e i singhiozzi del motore grafico causa di frame rate instabile, pop up e aliasing come se piovesse fanno sfigurare Brink anche nel diretto confronto con produzioni non recentissime. Anche il comparto audio non convince, specie per il poco espressivo doppiaggio (per non dire pietoso) e gli effetti sonori da far rabbrividire.
Brink
6.5
Voto
Redazione
Brink
Brink non é certo un titolo privo di difetti, a partire da una realizzazione audiovisiva tutt'altro che al passo coi tempi. Appurato nel testo della recensione che l'innovazione non é certo di casa (nonostante i buoni auspici), non rimane che giungere a una triste conclusione: sfornando un'esperienza in singolo al più trascurabile, e con un comparto multiplayer non certo memorabile, Brink rimane un titolo come tanti, troppi altri. Una sorte molto diversa da quella che ci saremmo aspettati dal sodalizio tra Bethesda e Splash Damage.