Brothers in Arms: Hell's Highway

di Marco Modugno
Fin qui nulla di nuovo rispetto alla formula dei precedenti capitoli, se non fosse per l'aggiunta di armi pesanti, come l'impareggiabile bazooka ribattezzato “Stella” da Jasper, ineguagliato nel tiro controcarro e antibunker, la mitragliatrice Browning calibro .30 e altre chicche che non voglio svelare per non rovinarvi il gusto di scoprirle da soli. Le novità, infatti, a prescindere da uno schema di gioco che riprende ovviamente i punti di forza dei predecessori, regalandoci un po' più di libertà di movimento nello scenario (i muretti e le siepi invalicabili, però, sono ancora troppe...), sono parecchie (una ve la dico subito: potrete aumentare il punteggio di Live Achievements scoprendo in giro per le mappe tutti i graffiti incisi sui muri degli edifici dai soldati alleati impegnati nella campagna!).

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A partire una grafica davvero next-gen, che regala ai nostri occhi ormai viziati situazioni fotorealistiche davvero eccezionali, ancor più godibili se si dispone di un televisore HD come si deve. I volti segnati, le armi e le uniformi inzaccherate, gli edifici butterati dai colpi, le corazze dei mezzi e gli elmetti scavati dalle mancate penetrazioni e con la vernice scrostata e graffiata sono riprodotti ad un livello di dettaglio eccezionale. Il tutto al prezzo di pochissimi rallentamenti nelle scene più concitate. Nulla che la nostra Xbox 360 (ma mi raccomando, tenetela al fresco!) non possa gestire in scioltezza, comunque. Belle anche le esplosioni, gli effetti blur che riproducono la messa a fuoco di oggetti vicini e lontani ed il movimento e le fiammate degli spari, accompagnate da effetti sonori di ottimo livello.

Le armi di Brothers in Arms fanno il rumore che producono nella realtà, senza concessioni cinematografiche che tanto sottraggono al realismo di un gioco con pretese storiche come questo. Al top anche le musiche, degne di un kolossal, ed il doppiaggio dei personaggi, spesso latori di un linguaggio crudo che rispecchia meglio che in tanti concorrenti l'effettivo frasario adottato dalle truppe combattenti in zona d'operazioni. Gli scambi di battute, i flashback vissuti da Baker durante i quali rivede i volti dei commilitoni morti in azione, le discussioni tra i soldati nell'intervallo tra un'azione e l'altra portano alla luce il volto autentico dei protagonisti, esseri umani con le loro debolezze e i loro vizi piuttosto che eroi senza macchia e senza paura da film di guerra anni Quaranta.

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Siamo arrivati al punto. BIA: HH impartisce una sterzata piuttosto brusca sul piano dei contenuti, mostrandoci ancor più dei predecessori una guerra “sporca e cattiva” dove le pallottole, quando colpiscono alla testa, fanno volare via spruzzi di sangue e materia cerebrale al rallentatore e le granate, esplodendo, fanno a pezzi i malcapitati che sono investiti in pieno da schegge ed onda d'urto. I corpi di amici e nemici vengono straziati non meno di quanto accade alle strutture difensive (palizzate e sacchetti di sabbia cedono alla violenza di proiettili e cannonate, costituendo nulla più di un riparo temporaneo da abbandonare al più presto), regalando al giocatore sensazioni forti che hanno imposto il divieto di vendita ai minori del gioco in tutti i Paesi in cui é distribuito.

Personalmente non sono un appassionato della violenza gratuita e del sangue, che pare scorrere in flussi sempre più abbondanti nei videogiochi, per colpa di un sensazionalismo cercato a tutti i costi, di una perpetua sfida alla censura e del tentativo di scalfire lo stomaco sempre più indurito dei giovani, maggiori utenti di videogiochi. Stavolta, però, avendo cognizione precisa di cosa accada su un campo di battaglia autentico, o di quale sia il linguaggio adoperato dalle truppe combattenti quando sono al fronte, non posso che pronunciarmi con netto favore sulla scelta di Gearbox. Realismo storico non significa soltanto ricostruire con dovizia di particolari l'incendio notturno di Eindhoven, seguito al bombardamento tedesco del 19 settembre 1944, o riprodurre alla perfezione il tintinnio della piastrina del Garand quando viene espulsa dall'estrattore del fucile.

Ben venga dunque che chi gioca si senta coinvolto in prima persona, provando magari una sensazione di disagio quando una granata lanciata dal suo alter ego digitale fa schizzare via le membra divelte dei mitraglieri nemici, o sghignazzando per una battuta spinta di un commilitone, sulla stessa linea delle colorite imprecazioni in cui anche noi ci cimentiamo nel silenzio del nostro salotto, quando un cecchino nemico c'impallina a due secondi dal checkpoint successivo. La guerra non é roba per ragazzini, sembrano affermare con forza i creativi di Gearbox e, guardando sui giornali le foto di bambini nei paesi del Terzo Mondo che imbracciano fucili d'assalto più grandi di loro, non mi sento di dare loro torto.

In ogni caso BIA: HH, che si propone come miglior capitolo della serie, per i motivi che ho appena scritto e per molti altri che, come in un'opera d'arte o in un pezzo di musica, non possono essere descritti ma solo vissuti e capiti in prima persona, resta un gioco.

Ecco allora, a completare la trama single-player, accurata, coinvolgente ed in grado di tenere occupati anche i più accaniti tra di voi per un numero ragionevole di ore, un comparto multiplayer di tutto rispetto, nell'ambito del quale potrete confrontarvi con un numero massimo di ben 19 avversari umani. La modalità di gioco multigiocatore non contiene, a dir la verità, nessuna opzione davvero rivoluzionaria e innovativa. E dopo aver goduto la splendida campagna in singolo vi sembrerà forse poca cosa. Però ci si diverte ed una partita con gli amici di rete può diventare la scusa, allora, per rimanere ancora qualche ora in compagnia di un gioco che, ne sono certo, non mancherà di appassionare e toccare l'anima anche dei videogiocatori più induriti, se sapranno avvicinarcisi con lo spirito giusto. Di questi tempi, scusatemi se é poco.