Bulletstorm

di Luca Gambino
Iniziamo subito con una premessa: se cercate anche un minimo di profondità da un gioco come Bulletstorm potete smettere di leggere questo articolo (e magari vi fate anche un bel regalo...). Lasciate perdere, perché al contrario di quanto detto dai People Can Fly (sfruttando la grancassa di Epic), nel corso dello sviluppo, Bulletstorm é quanto di più simile ad un tracciato cerebrale piatto si sia visto nel corso degli ultimi anni. Una specie di incrocio tra Serious Sam e Duke Nukem, insomma. Un fisico “pompato” di steroidi su un cervello che persino “Aigor “ si sarebbe rifiutato di portare al dotto Victor Von Frankenstin (lo scrivo come lo leggo).



Detto questo, Bulletstorm é un gran bel gioco, divertente e impegnativo pur nella sua completa ignoranza? Si. E' in grado di garantirvi un sistema di combattimento sufficientemente profondo da garantirvi novità a getto continuo anche dopo diverse ore di gioco? Si. A questo punto la recensione potrebbe anche finire qui perché chi é alla ricerca di un gioco avente tali requisiti ha già avuto le risposte desiderate alle “domande chiave”. People can Fly ha però fatto qualcosa in più inserendo, é vero, una traccia narrativa che vi vede contrapposti a tale generale Sarrano, nel tentativo di far luce su alcuni eventi dove siete stati bellamente utilizzati a mò di burattino. Giusto una sottile linea lungo il percorso che unisce l'inizio e la fine del gioco, per darvi l'idea di avere un ruolo all'interno di una storia ma davvero niente di più.

Dopo un inizio stentato, dove Bulletstorm si presenta come un qualsiasi altro shooter in prima persona (perdendo nel confronto), ecco che il gioco inizia a decollare, mettendovi nelle condizioni ideali di sfruttare al meglio un sistema di combattimento al contempo profondo e originale. Il ritrovamento di un particolare “cappio” elettronico sarà la prima chiave di volta che vi permetterà di dare veramente inizio alle danze. Tramite questo particolare accessorio potrete attirare verso di voi i vostri avversari con la successiva possibilità di sferrare un potente calcio per rispedirli al mittente e, al contempo, centrarli comodamente con una qualsiasi delle vostre armi. Oppure ancora potrete catturarli e farli schiantare contro qualche elemento dello scenario, sia esso un muro, una pianta ricolma di spine acuminate o un qualsiasi altro oggetto possa in qualche modo trafiggere il malcapitato.





Ogni azione spettacolare sarà ricompensata con dei particolari “punti” che potranno poi essere spesi per upgradare non solo il cappio stesso ma anche le armi in vostro possesso. Queste ultime (la cui forgia ricorda da vicino le armi di Gears of War) svariano dal classico mitra, al fucile da cecchino o al fucile a canne mozze che, manco a dirlo, consentirà mutilazioni “chirurgiche” dei vostri avversari. E' da segnalare infatti l'ottimo sistema di rilevamento dell'impatto che permette non solo di centrare specifici arti del malcapitato di turno (utile soprattutto per frenarne la corsa), ma anche di colpirlo addirittura alla gola (ottenendo il premio “reflusso faringeo”). Insomma, l'apoteosi del “killaggio” di vecchia scuola.

A questo si devono unire anche le possibilità “creative” che portano in dote alcune delle armi che sbloccheremo nel nostro cammino o, ancora, la possibilità di poter interagire niente meno che con un dinosauro gigante, oltre che ovviamente alle più classiche sezioni di combattimento “su binari” diventati ormai un appuntamento irrinunciabile di qualsiasi FPS moderno. Ma sono proprio le possibilità di “interpretazione” del gameplay a risultare la carta vincente di Bulletstorm. Un gameplay che si apre a ventaglio nei confronti del giocatore lasciandogli la possibilità di incedere sbarazzandosi in modo molto ordinario delle orde di nemici che gli si parano davanti, oppure dare fondo alle svariate combinazioni di armi e opportunità date da un combat system assolutamente ben calibrato.