Bully: Scholarship Edition
di
AAA aspirante teppista cercasi. Rinomata società video ludica ricerca personale per incarico di responsabilità. Richiesta giovanissima età e predisposizione alla cattiva condotta. Astenersi perditempo moralisti.
PIERINO DARK
Un videogioco su Pierino la peste? Ecco Bully, risultato della sottrazione del bonario alone scolaresco e dell'addizione di un surplus di violenza spicciola, quella sbattuta sui telegiornali che fanno alzare il ciglio ai feticisti del moralismo con la bacchetta in mano. Abbasso la "squola", viva le bombolette spray per insozzare le pareti delle aule e fare aeroplani con le pagine di Comencini. Pierino in versione cattiva, cattivissima. Quasi umana.
ORE 9 APPELLO
Giggi il bullo, si direbbe da noi. Dove invece regna l'hamburger al posto del panino con la mortadella, il bulletto non é un mascalzone latino ma la taglia extra-small del futuro delinquente urbano. Tutto bullismo e niente buonismo. Qui il protagonista é unico e risucchia come una spugna assorbente lo stereotipo del ragazzino palleggiato di famiglia adottiva in famiglia adottiva fino a quando lo sfondamento della soglia di sopportazione non fa precipitare il giovanissimo malcapitato in un riformatorio travestito da scuola.
Per visualizzare il nostro Bully basta pensare alla testa di Bruce Willis sul corpo di Arnold, l'uomo-bambino più famoso dei telefilm anni ottanta. Un nano pelato non é un'immagine stimolante, però esprime la ruvidità di un'esistenza trascorsa in una galera senza sbarre. Dieci e lode agli studi grafici per aver realizzato un espressivo profilo di Bully, con occhi gonfi di rancore su un volto già scavato dalla vita e dalle botte. Innocenza zero. La fauna umana che circonda Bully é degna di un romanzo di Dickens: torve figure autoritarie, frotte di miserabili senza nome, professori sadici, compagni di sventura scaltri quanto disperati. Una massa di topolini che squittiscono e rantolano nella loro gabbia comune.
IL MANUALE DEL GIOVANE TEPPISTA
Anche a occhi chiusi immagino la manina alzata del secchione nel primo banco che chiede: “ma non é già uscito su Ps2?”. Tipica risposta del prof. mansueto: sì, bravo figliolo, ma questa é la versione per Xbox 360 con più missioni, più personaggi, più contenuto. Insomma un “più” che alla fine non cambia “più” di tanto. Capito ora? Non é bello imboscarsi davanti all'evidenza: se questo Bully é per tre quarti un clone del Bully Ps2, entrambi sono figli dello stesso dio: GTA, perché rappresentano un'applicazione localizzata all'universo scolastico-trattino-adolescenziale di un format di gioco davanti a cui siamo tutti devotamente inginocchiati. Sempre marketing? Comunque vincente.
Richiuso il libro delle domande impossibili, é ora di mettere alla prova i polpastrelli con il controller. Come nelle creazioni Rockstar più che il protagonista conta il suo mondo, che é strutturato anzitutto in senso geografico, coi suoi spazi, i suoi volumi, i suoi percorsi. La prima azione é muoversi e il primo comandamento é imparare a conoscere la geografia del gioco. Il dormitorio, le aule, i sorveglianti, i nascondigli e così via. Una volta che l'orientamento non é più un problema, inizia il vero divertimento. La vita quotidiana di un ragazzino abbandonato dalla famiglia dentro ad un college-lager si trasforma in un gioco. Sveglia alle 8.00 e alle 23.00 tutti a nanna. Poi una lezione al mattino e una al pomeriggio, con compito in classe e voto. Acqua fresca.
Fuori dagli orari si tiene la vera, dura lezione per Bully: coltivare il proprio talento per diventare un provetto teppista scolastico. Tutto quanto contempla la maleducazione, la violenza, il furto, il danno alla proprietà é materia d'insegnamento. Niente maestri, solo avversari, spesso ostili. L'esame? La sopravvivenza, un gioco in cui uno solo vince, cioé resta in piedi. Il voto? Il rispetto, l'obbedienza estorta con la violenza, la minaccia, lo sguardo prepotente. Bastardi dentro.
A SCUOLA DI VANDALISMO
Analizzare la struttura di gioco di un titolo targato Rockstar significa indossare l'uniforme del sacerdote e celebrare un santo rito. Inutile riscaldare la solita broda. Premo il tasto dell'avanzamento veloce e arrivo al finale: la messa é finita, andate in pace, game over. Invece é utile prendere l'evidenziatore e sottolineare le specificità. Uno. Tutto a base di combattimento. Alias scazzottate. In breve tempo arrivano anche le altre armi, come fionda, petardi, miscele puzzolenti... Però, come recita la celebre canzone, con le mani puoi dire di sì – e anche di no. Due. I soldi contano solo come risorsa estrema, perché l'universo di Bully segue le proprie leggi che non coincidono completamente col mondo degli uomini.
Tre. La fedeltà vale fino al giorno dopo. I compagni internati nel collegio-lager sono uno strumento che va usato e gettato. Bully riuscirà a realizzarsi premendo l'acceleratore sull'egoismo. Canis canem edit! Quattro. Talvolta la noia dello girare a zonzo in cerca di bravate e il rigore ferreo delle missioni diventano il martello e l'incudine che schiacciano il giocatore. Quattro bis. Il giocatore distratto potrebbe ritrovarsi come un bambino spaesato davanti alla vetrina del gelataio – che gusto scegliere? Traduzione: cosa fare? Lezioni, missioni e poi quello che ti pare. Tana carne al fuoco. Forse troppa? Forse troppo uguale? Fine del referto. Punto.
Post Scriptum: per essere gustato Bully richiede un certo tempo, sia per padroneggiare il sistema di comandi, movimenti e interazioni, sia per occupare il tempo in modo più articolato di una rissa con fuga annessa. Insomma, é un prodotto confezionato per gli adolescenti. Però gli adolescenti col cervello da neonato sono pregati di rivolgere altrove la loro attenzione. Consigli per gli acquisti.
NON E' IL PAESE DELLE MERAVIGLIE
Il collegio é un'inquietante architettura che incarna il luogo del supplizio, sinistramente simile ad un campo di internamento. Come ina nebbiolina invisibile aleggia quel senso della separazione tra dentro e fuori che é il marchio di tutti i luoghi dove le figure sociali devianti (criminali, pazzi) sono rinchiuse per essere segregate dalla società e dalla realtà. All'interno si dipana un dedalo di stanze, corridoi, aule e nascondigli che sono il terreno di gioco. Bully non é un gioco foto-realistico ma la cura dei particolari e la completezza degli scenari offrono un quadro grafico nitido. Niente orgasmo visivo, prego!
I piaceri della grafica di nuova generazione devono sopportare la cintura di castità di una struttura visiva residuata dalla vecchia gloria della Ps2, che però svolge con onore il suo servizio. Pietà per il frame-rate che é rimasto di vecchia, vecchissima generazione. Musica maestro! Nelle prima battute il sottofondo musicale é così tetro che il pentagramma suona i rintocchi di una campana a morto e la melodia é un becchino che accompagna il suo cliente all'ultima destinazione. Ma appena scatta una missione i toni lugubri si smorzano per far posto ad un ritmo vivace e scanzonato. Ritmo! Anche i timpani ostruiti da cerume settimanale si accorgeranno che Bully é orfano di una vera colonna sonora, cucendo insieme un susseguirsi di melodie basilari che scandiscono l'azione. Peccato.
LAST MINUTE
Prima che suoni la campanella, c'é ancora qualche riga per una di quelle noiose lezioni di morale/religione che puntualmente andavano disertate – ma adesso é qui che si “gioca” il voto finale di Bully. Appunto: é solo un gioco? Bully é stato marchiato con l'infamia del videogioco che scatena ondate di violenza tra gli innocenti fanciulli. Ovviamente le schiere di intransigenti paladini del comune senso della morale non hanno neppure sfasciato la scatola per provarlo. Troppo sudore sulla fronte. E poi venire sbugiardati dai fatti é un rischio che fa paura. E' un peccato, perché una prova empirica avrebbe dimostrato anche ai più scettici che Bully consente una libertà d'azione che non é interamente finalizzata a fare del male gratuito.
C'é uno spazio, sebbene ridotto, per seguire una condotta che usa la violenza come mezzo per un fine che non é un'altra violenza. Proteggere un compagno, recuperare un furto, difendersi. Il moralismo a basso costo vuol fare come Mosé che divide le acque: da una parte i giusti, dall'altra tutti i malvagi. Purtroppo oggi non é più così e anche chi ha le mani sporche, non é detto che le abbia usate per sporcarsi la coscienza. Campanella!
PIERINO DARK
Un videogioco su Pierino la peste? Ecco Bully, risultato della sottrazione del bonario alone scolaresco e dell'addizione di un surplus di violenza spicciola, quella sbattuta sui telegiornali che fanno alzare il ciglio ai feticisti del moralismo con la bacchetta in mano. Abbasso la "squola", viva le bombolette spray per insozzare le pareti delle aule e fare aeroplani con le pagine di Comencini. Pierino in versione cattiva, cattivissima. Quasi umana.
ORE 9 APPELLO
Giggi il bullo, si direbbe da noi. Dove invece regna l'hamburger al posto del panino con la mortadella, il bulletto non é un mascalzone latino ma la taglia extra-small del futuro delinquente urbano. Tutto bullismo e niente buonismo. Qui il protagonista é unico e risucchia come una spugna assorbente lo stereotipo del ragazzino palleggiato di famiglia adottiva in famiglia adottiva fino a quando lo sfondamento della soglia di sopportazione non fa precipitare il giovanissimo malcapitato in un riformatorio travestito da scuola.
Per visualizzare il nostro Bully basta pensare alla testa di Bruce Willis sul corpo di Arnold, l'uomo-bambino più famoso dei telefilm anni ottanta. Un nano pelato non é un'immagine stimolante, però esprime la ruvidità di un'esistenza trascorsa in una galera senza sbarre. Dieci e lode agli studi grafici per aver realizzato un espressivo profilo di Bully, con occhi gonfi di rancore su un volto già scavato dalla vita e dalle botte. Innocenza zero. La fauna umana che circonda Bully é degna di un romanzo di Dickens: torve figure autoritarie, frotte di miserabili senza nome, professori sadici, compagni di sventura scaltri quanto disperati. Una massa di topolini che squittiscono e rantolano nella loro gabbia comune.
IL MANUALE DEL GIOVANE TEPPISTA
Anche a occhi chiusi immagino la manina alzata del secchione nel primo banco che chiede: “ma non é già uscito su Ps2?”. Tipica risposta del prof. mansueto: sì, bravo figliolo, ma questa é la versione per Xbox 360 con più missioni, più personaggi, più contenuto. Insomma un “più” che alla fine non cambia “più” di tanto. Capito ora? Non é bello imboscarsi davanti all'evidenza: se questo Bully é per tre quarti un clone del Bully Ps2, entrambi sono figli dello stesso dio: GTA, perché rappresentano un'applicazione localizzata all'universo scolastico-trattino-adolescenziale di un format di gioco davanti a cui siamo tutti devotamente inginocchiati. Sempre marketing? Comunque vincente.
Richiuso il libro delle domande impossibili, é ora di mettere alla prova i polpastrelli con il controller. Come nelle creazioni Rockstar più che il protagonista conta il suo mondo, che é strutturato anzitutto in senso geografico, coi suoi spazi, i suoi volumi, i suoi percorsi. La prima azione é muoversi e il primo comandamento é imparare a conoscere la geografia del gioco. Il dormitorio, le aule, i sorveglianti, i nascondigli e così via. Una volta che l'orientamento non é più un problema, inizia il vero divertimento. La vita quotidiana di un ragazzino abbandonato dalla famiglia dentro ad un college-lager si trasforma in un gioco. Sveglia alle 8.00 e alle 23.00 tutti a nanna. Poi una lezione al mattino e una al pomeriggio, con compito in classe e voto. Acqua fresca.
Fuori dagli orari si tiene la vera, dura lezione per Bully: coltivare il proprio talento per diventare un provetto teppista scolastico. Tutto quanto contempla la maleducazione, la violenza, il furto, il danno alla proprietà é materia d'insegnamento. Niente maestri, solo avversari, spesso ostili. L'esame? La sopravvivenza, un gioco in cui uno solo vince, cioé resta in piedi. Il voto? Il rispetto, l'obbedienza estorta con la violenza, la minaccia, lo sguardo prepotente. Bastardi dentro.
A SCUOLA DI VANDALISMO
Analizzare la struttura di gioco di un titolo targato Rockstar significa indossare l'uniforme del sacerdote e celebrare un santo rito. Inutile riscaldare la solita broda. Premo il tasto dell'avanzamento veloce e arrivo al finale: la messa é finita, andate in pace, game over. Invece é utile prendere l'evidenziatore e sottolineare le specificità. Uno. Tutto a base di combattimento. Alias scazzottate. In breve tempo arrivano anche le altre armi, come fionda, petardi, miscele puzzolenti... Però, come recita la celebre canzone, con le mani puoi dire di sì – e anche di no. Due. I soldi contano solo come risorsa estrema, perché l'universo di Bully segue le proprie leggi che non coincidono completamente col mondo degli uomini.
Tre. La fedeltà vale fino al giorno dopo. I compagni internati nel collegio-lager sono uno strumento che va usato e gettato. Bully riuscirà a realizzarsi premendo l'acceleratore sull'egoismo. Canis canem edit! Quattro. Talvolta la noia dello girare a zonzo in cerca di bravate e il rigore ferreo delle missioni diventano il martello e l'incudine che schiacciano il giocatore. Quattro bis. Il giocatore distratto potrebbe ritrovarsi come un bambino spaesato davanti alla vetrina del gelataio – che gusto scegliere? Traduzione: cosa fare? Lezioni, missioni e poi quello che ti pare. Tana carne al fuoco. Forse troppa? Forse troppo uguale? Fine del referto. Punto.
Post Scriptum: per essere gustato Bully richiede un certo tempo, sia per padroneggiare il sistema di comandi, movimenti e interazioni, sia per occupare il tempo in modo più articolato di una rissa con fuga annessa. Insomma, é un prodotto confezionato per gli adolescenti. Però gli adolescenti col cervello da neonato sono pregati di rivolgere altrove la loro attenzione. Consigli per gli acquisti.
NON E' IL PAESE DELLE MERAVIGLIE
Il collegio é un'inquietante architettura che incarna il luogo del supplizio, sinistramente simile ad un campo di internamento. Come ina nebbiolina invisibile aleggia quel senso della separazione tra dentro e fuori che é il marchio di tutti i luoghi dove le figure sociali devianti (criminali, pazzi) sono rinchiuse per essere segregate dalla società e dalla realtà. All'interno si dipana un dedalo di stanze, corridoi, aule e nascondigli che sono il terreno di gioco. Bully non é un gioco foto-realistico ma la cura dei particolari e la completezza degli scenari offrono un quadro grafico nitido. Niente orgasmo visivo, prego!
I piaceri della grafica di nuova generazione devono sopportare la cintura di castità di una struttura visiva residuata dalla vecchia gloria della Ps2, che però svolge con onore il suo servizio. Pietà per il frame-rate che é rimasto di vecchia, vecchissima generazione. Musica maestro! Nelle prima battute il sottofondo musicale é così tetro che il pentagramma suona i rintocchi di una campana a morto e la melodia é un becchino che accompagna il suo cliente all'ultima destinazione. Ma appena scatta una missione i toni lugubri si smorzano per far posto ad un ritmo vivace e scanzonato. Ritmo! Anche i timpani ostruiti da cerume settimanale si accorgeranno che Bully é orfano di una vera colonna sonora, cucendo insieme un susseguirsi di melodie basilari che scandiscono l'azione. Peccato.
LAST MINUTE
Prima che suoni la campanella, c'é ancora qualche riga per una di quelle noiose lezioni di morale/religione che puntualmente andavano disertate – ma adesso é qui che si “gioca” il voto finale di Bully. Appunto: é solo un gioco? Bully é stato marchiato con l'infamia del videogioco che scatena ondate di violenza tra gli innocenti fanciulli. Ovviamente le schiere di intransigenti paladini del comune senso della morale non hanno neppure sfasciato la scatola per provarlo. Troppo sudore sulla fronte. E poi venire sbugiardati dai fatti é un rischio che fa paura. E' un peccato, perché una prova empirica avrebbe dimostrato anche ai più scettici che Bully consente una libertà d'azione che non é interamente finalizzata a fare del male gratuito.
C'é uno spazio, sebbene ridotto, per seguire una condotta che usa la violenza come mezzo per un fine che non é un'altra violenza. Proteggere un compagno, recuperare un furto, difendersi. Il moralismo a basso costo vuol fare come Mosé che divide le acque: da una parte i giusti, dall'altra tutti i malvagi. Purtroppo oggi non é più così e anche chi ha le mani sporche, non é detto che le abbia usate per sporcarsi la coscienza. Campanella!