Bully: Scholarship Edition
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Basta un “pizzino” per riassumere la versione Pc di Bully: Scholarship Edition (SE) per avvisare gli incauti acquirenti che vanno incontro ad una delusione grafica e per spiegare che questo sistema di controllo é macchinoso. La formula originale resta intatta, ma il tempo é passato e la fame di novità ritorna a farsi sentire. Senza aggiornamenti o diversivi anche un grande marchio di successo può sperimentare il significato della parola Waterloo.
IDENTIKIT
La vita quotidiana di un bullo, cioé un teppistello in formato adolescente, nella peggio scuola/riformatorio degli Usa é diventato il soggetto di un videogioco di culto. Non c'é voluta troppa fantasia. E' bastato far vestire al tipico protagonista di Gta calzoni e maglietta da college per poi trasferire la giungla urbana nel mondo di un college americano. Il tasso di violenza resta alto, così come l'incentivo a delinquere di traduce nella spinta a combinare marachelle tra piccole gang scolastiche in lotta per guadagnare prestigio, rubarsi le ragazze e ammazzare il tempo invece di studiare. Ma questo romanzo di avventure giovanili dove la morale é appesa per piedi all'albero del vizio il finale é scontato - portare il piccolo, sconosciuto bullo a primeggiare nell'arte della violenza spicciola. Siccome un cammello può passare per la cruna di un ago, così Jimmy Hopkins, un ragazzino tredicenne abbandonato dalla madre dai costumi troppo facili e depositato come un bagaglio ingombrante in un riformatorio dove la chiave dell'uscita sembra andata persa, non perde la libertà di scegliere, anche se il menu offre solo azioni criminose.
Ma la redenzione sgorga dai peggiori peccati e qui, in attesa che trascorri il tempo di detenzione/istruzione, il bullo può permettersi il lusso di buone azioni - ma sempre usando la violenza! Il primo punto di merito di Bully é emanciparsi dal mostro sacro di Gta e proporre anche un corso d'azione che mira al bene, pur sfruttando il male. Infatti la struttura di gioco é modellata sul concetto del “sandbox game”, ovvero quel gioco che permette una molteplicità di soluzioni per arrivare alla meta finale. E' il giocatore che scrive ogni volta una pagina nuova scegliendo cosa fare. Basta coi giochi lineari dove inizio e fine sono uniti da un unico segmento a senso unico. Bully prevede momenti di lezione scolastica basati su minigiochi, spesso leggeri, talvolta più ardui da superare; classiche missioni tra bulli; un sistema di crediti che consente di acquistare oggetti ed armi, ovviamente adatte ad adolescenti; infine le canoniche occasioni di girare a zonzo, alias free-roaming, per sfogare la propria creatività bullesca. Su Ps2 e poi su Xbox360 la qualità grafica galleggiava su livelli decenti, anche se la nuova generazione di console avrebbe meritato una lavorazione grafica più adeguata. La localizzazione delle voci é sostituita dai sottotitoli. Però la preservazione dello spirito tutto americano di Bully fa afflosciare la passione videoludica.
IL BELLO
Dopo l'onda d'urto di Gta4 Bully non é un clone. Bully resta un prodotto specifico che vive di luce propria e rappresenta un valido esperimento per trapiantare una collaudata struttura di gioco al di fuori della sua matrice originaria. Perciò lo scenario scolastico acquista molto più senso pensando alla possibilità di seguire strategie di vita differenti, persino opposte. Diventare il re dei bulli é la via maestra per il futuro, ma oggi non vige nessun divieto di comportarsi come pare e piace. Il messaggio di Bully é questo: fai quello che vuoi. E' un bullismo positivo, che fa bene al gioco e al giocatore, libero dalle camicie di forza di giochi troppo rigidi e dalle solite maschere: super-eroe, mostro, criminale, stratega perfetto. Anche la varietà dei minigiochi, dentro e fuori le aule, insieme alle missioni costituisce un potente incentivo al divertimento in pillole ad effetto immediato. Si può giocare un quarto d'ora come due ore di seguito. E' un po' come giocare con i mattoncini Lego - dipende da cosa vuoi costruire.
Bully é stato anche additato come gioco che istiga i minorenni alla violenza. E' la solita retorica che ripete la formula videogiochi uguale violenza. Bully é un gioco circondato di violenza, proprio come la realtà. Ma é una violenza ingabbiata dentro ad un'istituzione che pretende di essere una caserma per piegare la schiena a ragazzini inermi. E' naturale che la reazione sia la violenza, per il semplice fatto che la violenza degli educatori é essa stessa un fatto intollerabile. Ma é il contesto americano del college, dove i ragazzini iniziano già a vivere autonomamente, dopo aver lasciato casa e famiglia. Bully non é la scuola italiana. Da noi le aule sono solo un momento in cui transita la complessa vita degli adolescenti, divisi tra divertimento, famiglia, sport e strada. Qui tutti questi momenti sono concentrati nel college e perciò generano una tensione a cui gli studenti rispondono usando le mani. Bully e il suo infelice protagonista é il teorema che dimostra come la violenza nasca da una storia di sofferenze e disagio che, in questo caso, nasce fuori dalla scuola.
IL BRUTTO
Pochi secondi dopo l'installazione e spariscono i ricordi della versione Xbox360. Viene l'istinto di controllare il calendario del pc per verificare che siamo nel 2008. Sì, corre l'anno 2008. Ma le lancette di questo Bully si sono fermate. La versione Pc fa crollare le mascelle per l'anzianità dell'architettura grafica, per l'assenza di miglioramenti tecnici, per la mancanza di opzioni di settaggio - abbiamo schede grafiche mostruose che urlano per esibire la loro potenza e ci ritroviamo un grande gioco come Bully che mette guinzaglio e museruola ai nostri mostri grafici? Bully nasce sulla storica Ps2 col sottotitolo: “Canis canem edit”, dove fa scuola e infiamma la polemica, si tuffa nell'Xbox360 per replicare il grande successo con “scholarship edition” ma poi arriva nell'hard disk dei pc e rischia un'inaspettata débacle. Il modesto hardware della Ps2 conserva la sua gloria.
Eppure la software house che ha effettuato il porting su Pc é la stessa della versione Xbox360. Ma non finisce qui. Il sistema di controllo sembra tarato sul controller dell'Xbox 360. Quindi si annunciano tempi duri per l'accoppiata tastiera e mouse. Il risultato é un controllo legnoso, dove ogni dito é occupato su un tasto particolare, costringendo la mano sulla tastiera ad assumere una posizione tesa e scomoda. La fisica del videogiocatore é un fattore importante, come spiega qualunque manuale del piccolo programmatore. Un ripasso dei fondamentali non farebbe male. Sarebbe utile per scoprire che anche il multiplayer é un aspetto gradito del gioco e non va dimenticato fuori. Per quanto numerose siano le occasioni di gioco in singolo, una dimensione multiplayer o, azzardando, una modalità cooperativa, avrebbero ringiovanito l'entusiasmo dei giocatori ormai veterani di Bully.
COSA MANCA
C'é una premessa che ammazza ogni aspettativa. Questo é un porting. E' come parlare della traduzione di un testo. Non stiamo parlando di una creazione originale. Inoltre sono passati ben due anni dal primo Bully per Ps2. Quindi ogni aspettativa, legittima o meno, non ha gran voce in capitolo. Detto questo, siccome il consumatore non é una macchina sputa soldi ma possiede un barlume di spirito critico, sarebbe stato interessante provare un'evoluzione esistenziale di Bully - magari un Jimmy Hopkins uscito dalla sua prigione scolastica che entra nel mondo del lavoro oppure viene rispedito in un altro centro d'accoglienza per giovani disadattati. Bastava anche introdurre nuovi personaggi, nuovi contenuti e nuove missioni. Insomma bastava usare la voce del verbo novità. Sarebbe stato tutto materiale per un Bully 2 che forse non vedrà mai la luce. Sempre col forse, anche questo Bully sballotato tra piattaforme diverse e un invecchiamento precoce continua ad allettare i videogiochi perché nel suo genere finora é insuperato. Ma con questa tendenza a fotocopiare il solito materiale, questo primato non durerà a lungo.
IDENTIKIT
La vita quotidiana di un bullo, cioé un teppistello in formato adolescente, nella peggio scuola/riformatorio degli Usa é diventato il soggetto di un videogioco di culto. Non c'é voluta troppa fantasia. E' bastato far vestire al tipico protagonista di Gta calzoni e maglietta da college per poi trasferire la giungla urbana nel mondo di un college americano. Il tasso di violenza resta alto, così come l'incentivo a delinquere di traduce nella spinta a combinare marachelle tra piccole gang scolastiche in lotta per guadagnare prestigio, rubarsi le ragazze e ammazzare il tempo invece di studiare. Ma questo romanzo di avventure giovanili dove la morale é appesa per piedi all'albero del vizio il finale é scontato - portare il piccolo, sconosciuto bullo a primeggiare nell'arte della violenza spicciola. Siccome un cammello può passare per la cruna di un ago, così Jimmy Hopkins, un ragazzino tredicenne abbandonato dalla madre dai costumi troppo facili e depositato come un bagaglio ingombrante in un riformatorio dove la chiave dell'uscita sembra andata persa, non perde la libertà di scegliere, anche se il menu offre solo azioni criminose.
Ma la redenzione sgorga dai peggiori peccati e qui, in attesa che trascorri il tempo di detenzione/istruzione, il bullo può permettersi il lusso di buone azioni - ma sempre usando la violenza! Il primo punto di merito di Bully é emanciparsi dal mostro sacro di Gta e proporre anche un corso d'azione che mira al bene, pur sfruttando il male. Infatti la struttura di gioco é modellata sul concetto del “sandbox game”, ovvero quel gioco che permette una molteplicità di soluzioni per arrivare alla meta finale. E' il giocatore che scrive ogni volta una pagina nuova scegliendo cosa fare. Basta coi giochi lineari dove inizio e fine sono uniti da un unico segmento a senso unico. Bully prevede momenti di lezione scolastica basati su minigiochi, spesso leggeri, talvolta più ardui da superare; classiche missioni tra bulli; un sistema di crediti che consente di acquistare oggetti ed armi, ovviamente adatte ad adolescenti; infine le canoniche occasioni di girare a zonzo, alias free-roaming, per sfogare la propria creatività bullesca. Su Ps2 e poi su Xbox360 la qualità grafica galleggiava su livelli decenti, anche se la nuova generazione di console avrebbe meritato una lavorazione grafica più adeguata. La localizzazione delle voci é sostituita dai sottotitoli. Però la preservazione dello spirito tutto americano di Bully fa afflosciare la passione videoludica.
IL BELLO
Dopo l'onda d'urto di Gta4 Bully non é un clone. Bully resta un prodotto specifico che vive di luce propria e rappresenta un valido esperimento per trapiantare una collaudata struttura di gioco al di fuori della sua matrice originaria. Perciò lo scenario scolastico acquista molto più senso pensando alla possibilità di seguire strategie di vita differenti, persino opposte. Diventare il re dei bulli é la via maestra per il futuro, ma oggi non vige nessun divieto di comportarsi come pare e piace. Il messaggio di Bully é questo: fai quello che vuoi. E' un bullismo positivo, che fa bene al gioco e al giocatore, libero dalle camicie di forza di giochi troppo rigidi e dalle solite maschere: super-eroe, mostro, criminale, stratega perfetto. Anche la varietà dei minigiochi, dentro e fuori le aule, insieme alle missioni costituisce un potente incentivo al divertimento in pillole ad effetto immediato. Si può giocare un quarto d'ora come due ore di seguito. E' un po' come giocare con i mattoncini Lego - dipende da cosa vuoi costruire.
Bully é stato anche additato come gioco che istiga i minorenni alla violenza. E' la solita retorica che ripete la formula videogiochi uguale violenza. Bully é un gioco circondato di violenza, proprio come la realtà. Ma é una violenza ingabbiata dentro ad un'istituzione che pretende di essere una caserma per piegare la schiena a ragazzini inermi. E' naturale che la reazione sia la violenza, per il semplice fatto che la violenza degli educatori é essa stessa un fatto intollerabile. Ma é il contesto americano del college, dove i ragazzini iniziano già a vivere autonomamente, dopo aver lasciato casa e famiglia. Bully non é la scuola italiana. Da noi le aule sono solo un momento in cui transita la complessa vita degli adolescenti, divisi tra divertimento, famiglia, sport e strada. Qui tutti questi momenti sono concentrati nel college e perciò generano una tensione a cui gli studenti rispondono usando le mani. Bully e il suo infelice protagonista é il teorema che dimostra come la violenza nasca da una storia di sofferenze e disagio che, in questo caso, nasce fuori dalla scuola.
IL BRUTTO
Pochi secondi dopo l'installazione e spariscono i ricordi della versione Xbox360. Viene l'istinto di controllare il calendario del pc per verificare che siamo nel 2008. Sì, corre l'anno 2008. Ma le lancette di questo Bully si sono fermate. La versione Pc fa crollare le mascelle per l'anzianità dell'architettura grafica, per l'assenza di miglioramenti tecnici, per la mancanza di opzioni di settaggio - abbiamo schede grafiche mostruose che urlano per esibire la loro potenza e ci ritroviamo un grande gioco come Bully che mette guinzaglio e museruola ai nostri mostri grafici? Bully nasce sulla storica Ps2 col sottotitolo: “Canis canem edit”, dove fa scuola e infiamma la polemica, si tuffa nell'Xbox360 per replicare il grande successo con “scholarship edition” ma poi arriva nell'hard disk dei pc e rischia un'inaspettata débacle. Il modesto hardware della Ps2 conserva la sua gloria.
Eppure la software house che ha effettuato il porting su Pc é la stessa della versione Xbox360. Ma non finisce qui. Il sistema di controllo sembra tarato sul controller dell'Xbox 360. Quindi si annunciano tempi duri per l'accoppiata tastiera e mouse. Il risultato é un controllo legnoso, dove ogni dito é occupato su un tasto particolare, costringendo la mano sulla tastiera ad assumere una posizione tesa e scomoda. La fisica del videogiocatore é un fattore importante, come spiega qualunque manuale del piccolo programmatore. Un ripasso dei fondamentali non farebbe male. Sarebbe utile per scoprire che anche il multiplayer é un aspetto gradito del gioco e non va dimenticato fuori. Per quanto numerose siano le occasioni di gioco in singolo, una dimensione multiplayer o, azzardando, una modalità cooperativa, avrebbero ringiovanito l'entusiasmo dei giocatori ormai veterani di Bully.
COSA MANCA
C'é una premessa che ammazza ogni aspettativa. Questo é un porting. E' come parlare della traduzione di un testo. Non stiamo parlando di una creazione originale. Inoltre sono passati ben due anni dal primo Bully per Ps2. Quindi ogni aspettativa, legittima o meno, non ha gran voce in capitolo. Detto questo, siccome il consumatore non é una macchina sputa soldi ma possiede un barlume di spirito critico, sarebbe stato interessante provare un'evoluzione esistenziale di Bully - magari un Jimmy Hopkins uscito dalla sua prigione scolastica che entra nel mondo del lavoro oppure viene rispedito in un altro centro d'accoglienza per giovani disadattati. Bastava anche introdurre nuovi personaggi, nuovi contenuti e nuove missioni. Insomma bastava usare la voce del verbo novità. Sarebbe stato tutto materiale per un Bully 2 che forse non vedrà mai la luce. Sempre col forse, anche questo Bully sballotato tra piattaforme diverse e un invecchiamento precoce continua ad allettare i videogiochi perché nel suo genere finora é insuperato. Ma con questa tendenza a fotocopiare il solito materiale, questo primato non durerà a lungo.