Burnout Dominator
di
Francesco Romagnoli
Tutti gli sguardi sono incollati sull'ardua lotta che ha come protagoniste le console next-gen, ora scese finalmente tutte in campo. Ma mentre osserviamo questa tenzone, che avvantaggia noi consumatori mediante la competizione, sul mercato escono ancora titoli per le console next-gen, in particolar modo per la PS2, la console che più di tutte, data la sua ampia base installata, non vuole mollare nemmeno un po'.
Burnout dominator è un capitolo sviluppato espressamente per la cara "vecchia" PS2. "Dominator" non è il titolo che troveremo anche sui prossimi capitoli che si presenteranno su PS3 e 360. A giudicare dalla grafica non si direbbe: è talmente ben fatto il comparto tecnico che sembra pronto per sbarcare sulla nuova generazione. Ottima soprattutto la gestione dei colori e l'effetto blur che riesce a ricreare un senso di velocità notevole. Vale la pena davvero spolverare il cavo RGB e cercar di far girare il tutto a 60hz. Per quanto riguarda la meccanica di gioco invece ci troviamo davanti al "solito" burnout, ma con due caratteristiche in meno. Non tutte le privazioni però si rivelano negative. In questo caso ce n'è anche una positiva. Ci riferiamo alla cosiddetta "palla da biliardo" del precedente capitolo. Quella caratteristica che permetteva al giocatore di investire qualsiasi auto del traffico cittadino per scaraventarla addosso agli avversari ed effettuare così dei takedown. Era sicuramente la particolarità che meno ci aveva convinto di Burnout Revenge: rendeva il gioco troppo "flipperoso", non si percepiva l'adrenalina dei vecchi episodi legata al massimo affinamento dei riflessi, a quel sesto senso di precarietà che si andava a creare per acquisire i superpoteri necessari ad evitare anche l'imprevedibile.
Ora le auto del traffico cittadino sono degli ostacoli belli solidi: schivarle ci frutta punti e turbo, mentre centrarle in pieno scatenerà un incidente spettacolare, oltre alla conseguente perdita di tempo. L' "aftertouch" consentirà poi di muoversi in aria durante il ralenty dopo il crash per cercare di coinvolgere le auto rivali e limitare i danni. Insomma, il muoversi in mezzo al traffico torna a dare brividi continui e a mantenere uno stato di continua tensione,che si era attenuato molto nell'ultimo capitolo, sin troppo "rimbalzoso". Questa quindi la riteniamo una mancanza positiva, mentre abbiamo gradito meno la scomparsa della modalità scontro: quella che ci faceva affrontare gli incroci più pericolosi nel tentativo di creare il maggior numero di danni coinvolgendo quanti più veicoli possibile. Una modalità che aiutava non poco a variare l'offerta del gioco.
Non che ci si annoi, dato che ogni stage prevede l'esecuzione di compiti diversi: in una gara per ricevere le medaglie si deve semplicemente vincere la gara, in un'altra si deve eseguire un certo numero di takedown, oppure ancora fare un tot di derapata per sbloccare i veicoli e via dicendo.
Alla fine si tratta sempre di spingere l'acceleratore verso l'orizzonte, ma nel farlo almeno cambia il tipo di manovre da svolgere e i particolari a cui prestare attenzione. Così si prosegue attraverso la modalità principale, sbloccando le varie auto e le varie classi, ovviamente in un crescendo che ci porterà a toccare i bolidi più desiderabili solo verso la fine. Come al solito i modelli delle auto sono inventati, almeno parzialmente.
Nel senso che riprendono particolari derivanti da modelli reali più o meno famosi e vengono mischiati tra loro. La realizzazione grafica non è male, e ovviamente le auto danno il meglio quando si tratta di disintegrarsi (anche se non ci si stupisce più di fronte a questo aspetto tecnico). L' intelligenza artificiale invece non colpisce granchè. Le auto avversarie pensano a far la loro gara e solo in certi casi, se gli capitate a tiro, cercano di buttarvi fuori. Il modo in cui li recuperate fa sospettare fortemente un effetto elastico tipico di questo genere.
Altre modalità? Poca roba. C'è la "sfida record" che non è altro che una solta di libera scelta della gara con libera scelta delle condizioni. Una sorta di "free running" settabile a piacere.
La scritta "multyplayer" inoltre ci illude: infatti non c'è alcun tipo di modalità on-line, come speravamo. Presente invece un semplice split-screen a due, che diventa a quattro passandosi il joypad...scenette queste inaccettabili nell'attuale scenario del videogioco che vede il gaming online come una risorsa in grado di approfondire il divertimento in maniera importantissima.
Cambiando totalmente discorso spendiamo due parole sull'audio. Come EA ci ha abituato, la soundtrack pullula di nomi famosi a volte interessanti, altre volte meno (Avril Lavigne!!). Il numero di brani non è copioso come in passato, ma la scelta è appropriata.
Insomma da qualsiasi aspetto si parta per analizzare questo gioco si ha la netta sensazione che si tratti più di un'espansione che non di un vero seguito: raccoglie un po' tutti gli aspetti dei vecchi Burnout (tranne i due esposti sopra) e cerca di mischiarli al meglio, senza cercare l'eccellenza assoluta in ogni campo.
Massimo risultato con il minimo sforzo? In parte l'idea pare riuscita, ed il risparmio realizzato. C'è da dire però che la serie inizia ad accusare un certo senso di già visto, fattore che gli appassionati sentiranno di meno mentre chi non ha mai amato la serie non comincerà certo da questo capitolo.
C'è da dire che il gioco rimane divertente sin da subito, per via della sua immediatezza. Bello da vedere e facile da giocare: un paradigma imprescindibile in casa EA.
Ma si comincia a sentire la fase calante, e qualche novità sarà d'uopo inserirla...a farlo ci penseranno probabilmente i nuovi capitoli per Next-Gen.
Burnout dominator è un capitolo sviluppato espressamente per la cara "vecchia" PS2. "Dominator" non è il titolo che troveremo anche sui prossimi capitoli che si presenteranno su PS3 e 360. A giudicare dalla grafica non si direbbe: è talmente ben fatto il comparto tecnico che sembra pronto per sbarcare sulla nuova generazione. Ottima soprattutto la gestione dei colori e l'effetto blur che riesce a ricreare un senso di velocità notevole. Vale la pena davvero spolverare il cavo RGB e cercar di far girare il tutto a 60hz. Per quanto riguarda la meccanica di gioco invece ci troviamo davanti al "solito" burnout, ma con due caratteristiche in meno. Non tutte le privazioni però si rivelano negative. In questo caso ce n'è anche una positiva. Ci riferiamo alla cosiddetta "palla da biliardo" del precedente capitolo. Quella caratteristica che permetteva al giocatore di investire qualsiasi auto del traffico cittadino per scaraventarla addosso agli avversari ed effettuare così dei takedown. Era sicuramente la particolarità che meno ci aveva convinto di Burnout Revenge: rendeva il gioco troppo "flipperoso", non si percepiva l'adrenalina dei vecchi episodi legata al massimo affinamento dei riflessi, a quel sesto senso di precarietà che si andava a creare per acquisire i superpoteri necessari ad evitare anche l'imprevedibile.
Ora le auto del traffico cittadino sono degli ostacoli belli solidi: schivarle ci frutta punti e turbo, mentre centrarle in pieno scatenerà un incidente spettacolare, oltre alla conseguente perdita di tempo. L' "aftertouch" consentirà poi di muoversi in aria durante il ralenty dopo il crash per cercare di coinvolgere le auto rivali e limitare i danni. Insomma, il muoversi in mezzo al traffico torna a dare brividi continui e a mantenere uno stato di continua tensione,che si era attenuato molto nell'ultimo capitolo, sin troppo "rimbalzoso". Questa quindi la riteniamo una mancanza positiva, mentre abbiamo gradito meno la scomparsa della modalità scontro: quella che ci faceva affrontare gli incroci più pericolosi nel tentativo di creare il maggior numero di danni coinvolgendo quanti più veicoli possibile. Una modalità che aiutava non poco a variare l'offerta del gioco.
Non che ci si annoi, dato che ogni stage prevede l'esecuzione di compiti diversi: in una gara per ricevere le medaglie si deve semplicemente vincere la gara, in un'altra si deve eseguire un certo numero di takedown, oppure ancora fare un tot di derapata per sbloccare i veicoli e via dicendo.
Alla fine si tratta sempre di spingere l'acceleratore verso l'orizzonte, ma nel farlo almeno cambia il tipo di manovre da svolgere e i particolari a cui prestare attenzione. Così si prosegue attraverso la modalità principale, sbloccando le varie auto e le varie classi, ovviamente in un crescendo che ci porterà a toccare i bolidi più desiderabili solo verso la fine. Come al solito i modelli delle auto sono inventati, almeno parzialmente.
Nel senso che riprendono particolari derivanti da modelli reali più o meno famosi e vengono mischiati tra loro. La realizzazione grafica non è male, e ovviamente le auto danno il meglio quando si tratta di disintegrarsi (anche se non ci si stupisce più di fronte a questo aspetto tecnico). L' intelligenza artificiale invece non colpisce granchè. Le auto avversarie pensano a far la loro gara e solo in certi casi, se gli capitate a tiro, cercano di buttarvi fuori. Il modo in cui li recuperate fa sospettare fortemente un effetto elastico tipico di questo genere.
Altre modalità? Poca roba. C'è la "sfida record" che non è altro che una solta di libera scelta della gara con libera scelta delle condizioni. Una sorta di "free running" settabile a piacere.
La scritta "multyplayer" inoltre ci illude: infatti non c'è alcun tipo di modalità on-line, come speravamo. Presente invece un semplice split-screen a due, che diventa a quattro passandosi il joypad...scenette queste inaccettabili nell'attuale scenario del videogioco che vede il gaming online come una risorsa in grado di approfondire il divertimento in maniera importantissima.
Cambiando totalmente discorso spendiamo due parole sull'audio. Come EA ci ha abituato, la soundtrack pullula di nomi famosi a volte interessanti, altre volte meno (Avril Lavigne!!). Il numero di brani non è copioso come in passato, ma la scelta è appropriata.
Insomma da qualsiasi aspetto si parta per analizzare questo gioco si ha la netta sensazione che si tratti più di un'espansione che non di un vero seguito: raccoglie un po' tutti gli aspetti dei vecchi Burnout (tranne i due esposti sopra) e cerca di mischiarli al meglio, senza cercare l'eccellenza assoluta in ogni campo.
Massimo risultato con il minimo sforzo? In parte l'idea pare riuscita, ed il risparmio realizzato. C'è da dire però che la serie inizia ad accusare un certo senso di già visto, fattore che gli appassionati sentiranno di meno mentre chi non ha mai amato la serie non comincerà certo da questo capitolo.
C'è da dire che il gioco rimane divertente sin da subito, per via della sua immediatezza. Bello da vedere e facile da giocare: un paradigma imprescindibile in casa EA.
Ma si comincia a sentire la fase calante, e qualche novità sarà d'uopo inserirla...a farlo ci penseranno probabilmente i nuovi capitoli per Next-Gen.
Burnout Dominator
8
Voto
Redazione
Burnout Dominator
Burnout si affina, diventa più snello: si libera degli orpelli che lo rendevano sin troppo confusionario, anche se tra questi c'è pure la modalità "scontro" che aveva raccolto diversi consensi nelle passate edizioni. Insomma, un Burnout "acqua e sapone", concentrato nel buon confezionamento del prodotto (grafica e sonoro), limando all'essenziale la struttura di gioco e concentrandosi su quello che Burnout da sempre sa far meglio: divertire! Peccato solo per la mancanza dell'online. Dava un maggior senso alla conclusione della modalità principale, tuttavia non così corta né tanto meno facile da completare in modo perfetto.