Call of Cthulhu: Dark Corners of the Heart
di
INNSMOUTH, ANNI 20
Dopo un periodo di relativa calma, il mercato ludico pare essersi nuovamente interessato ad un filone in particolare, quello dei survival horror. Ne è una dimostrazione il fatto che UbiSoft si sia lanciata nell'impresa non da poco di portare sui nostri monitor le allucinanti atmosfere di una delle saghe più amate di Lovercraft, quei "Miti di Cthulhu" che tanto hanno appassionato ed appassionano tutt'ora i lettori di mezzo globo. Per quanti non ne fossero a conoscenza, Cthulhu è una divinità immaginaria creata dalla fantasia allucinata di Howard Phillips Lovercraft; nella complessa mitologia inventata dal prolifico scrittore, Cthulhu è il primo e più importante degli "Altri Dei", venuti dal cosmo, ed insediatisi sulla Terra quando ancora esistevano i Grandi Antichi. Spiegare in poche parole i complessi risvolti di un opera epica come quella a cui si ispira la nuova fatica dei signori della Bethesda Softworks è impossibile : in questa sede, ai fini della "attività ludica" basti dire che la divinità in questione avrebbe difficilmente vinto un qualche concorso di bellezza! Dotata infatti di una testa piena di tentacoli distorti, il suo corpo si presenta come una sacca molle e unta di liquido vischioso, delle dimensioni di una montagna; la pelle cadente appare di colore cadaverico e semitrasparente, in modo da mostrare tutte le oscenità presenti in quel corpo da incubo ed i suoi occhi immoti fissano in eterno il Tutto ed il Nulla...insomma, non esattamente una persona da invitare a cena.
Con tale, rivoltante spauracchio da affrontare, è chiaro fin da subito che il nuovo lavoro della HeadFirst Production sarà intriso di sangue e violenza, con tutta la follia debilitante tipica dei tanto contorti quanto appassionanti racconti di Lovercraft.
E' bene precisare che non è tanto il lato prettamente tecnico, quello di cui gli sviluppatori si sono preoccupati; no, nel caso specifico, siamo di fronte ad un titolo che punta molto di più sulle atmosfere, sulla trama e sui colpi di scena, piuttosto che sull'impatto grafico. Scelta coraggiosa, non sempre giustificata, ma che merita comunque un plauso.
Call of Cthulhu : Dark Corners of the Earth è ambientato negli anni '20, in una di quelle cittadine il cui nome evoca libri e racconti a metà fra l'horror e la fantascienza : Innsmouth. Jack Walters, investigatore privato dal misterioso passato, viene contattato telefonicamente da un abitante della succitata cittadina, con l'offerta di un incarico : trovare una persona inspiegabilmente scomparsa. Dapprima renitente, il nostro alter ego digitale ben presto si recherà nella città portuale (molti racconti di Lovercraft hanno come sfondo città di mare : è ben noto infatti il suo terrore dell'acqua in generale e dell'oceano in particolare), portando a galla gli oscuri segreti del luogo. Innsmouth, infatti, non è una cittadina come le altre : nel suo cuore si celano antichi segreti e ancestrali malvagità che, ostinatamente, cercano varchi per infestare il nostro mondo...ed uno di quei varchi è proprio li, a Inssmouth. In poco tempo, una normale indagine su una sparizione, diventerà quindi una corsa contro il tempo e contro i mostri, non solo quelli "reali", ma, anche e soprattutto, quelli che si celano negli oscuri meandri della mente umana.
Il titolo Ubisoft, al di la della prospettiva in prima persona, è ben lontano da un classico sparatutto, intriso com'e' di elementi di investigazione & ricerca, tanto cari alle avventure grafiche, e di qualche accenno agli RPG, come ad esempio lo sviluppo di alcune doti particolari del nostro eroe. Quello che saremo chiamati a fare, essenzialmente, è risolvere enigmi e ricercare indizi, facendo la cosa giusta al momento giusto e parlando con tutti i personaggi che incontreremo sul nostro cammino, nessuno escluso. Come ci viene ricordato costantemente dal gioco stesso, infatti, importantissimi indizi per proseguire la nostra avventura ci saranno rivelati solo parlando, parlando e parlando di nuovo con tutti i simpatici abitanti della località di mare.
Così, fra suicidi, poliziotti reticenti, mostruosità di ogni genere e grado, vivremo un crescendo di suspance e violenza, cercando nel frattempo di preservare la nostra mente dagli orrori che ci circondano. Il nostro Jack, infatti, soffre di vertigini ma, più di ogni altra cosa, è un tipo che reagisce male ad apparizioni, fantasmi e mostri in generale, andando letteralmente nel panico. Quando ciò avviene, la vista si appanna, i controlli rispondono più lentamente e i nostri nemici diventano più difficili da superare; dovremo essere lesti, quindi, a sbrogliare quanto più velocemente possibile le situazioni a alto tasso paranormale, in modo da preservare la mente di Jack...e i nostri nervi (leggi:una fine prematura per un eccesso di tremarella è irritante!).
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Tecnicamente, come accennato qualche riga fa, CoC : DcotE, non è un titolo che fa del comparto tecnico il suo punto di forza. Graficamente, infatti, ci troviamo di fronte ad un opera che, tutto sommato, appare superata fin dalle prime battute. L'aspetto visivo ricorda moltissimo un piccolo capolavoro del genere, quel Clive Barker's Undying (con il quale Call of Cthulhu condivide molte cosette, specialmente a livello di gameplay e caratterizzazione dei personaggi) che tanto successo ebbe alla sua uscita. Tuttavia, un titolo che oggi mostra quello stesso livello tecnico appare quanto meno insufficiente. Sono stati implementati alcuni effetti degni di nota, come le luci calcolate in tempo reale ed un buon numero di poligoni per mostri e personaggi ma, probabilmente per la sua natura multiformato, il titolo Bethesda non convince pienamente al mero livello qualitativo, pur riuscendo a conferire alle varie location una grande atmosfera. In ogni caso, l'engine adottato, il NetImmerse (diretta evoluzione dell'unico altro gioco curato da Bethesda, Simon The Sorcerer 3D), svolge bene il suo dovere anche su computer non di ultima generazione. L'implementazione delle routine fisiche dell'Havok conferisce un piccolo tocco in più al realismo del gioco.
Se il comparto grafico appare, comunque, in certa misura superato, di sicuro impatto invece è il comparto audio, di gran spessore. A fronte di una colonna sonora coinvolgente e ben strutturata, troviamo dei sound fx molto particolareggiati ed un doppiaggio in Inglese degno di una opera cinematografica. Allo stato attuale, non è chiaro se CoC sarà doppiato nella lingua del Bel Paese; speriamo che la produzione ci pensi, poiché il quantitativo di dialoghi è talmente vasto (e richiede un altissimo grado di attenzione) che i non anglofoni, probabilmente, scaglieranno il disco contro un muro dopo venti minuti di gioco.
Alcune cose non ci hanno pienamente convinto, in primo luogo la gestione dei salvataggi. Non esistono checkpoint automatici, ma solo dei "punti-salvataggio" indispensabili per stoccare i nostri progressi, di solito contrassegnati da uno dei simboli che dovreste vedere qui in giro. Sporadici e talvolta nascosti, farsi scappare uno di questi "savepoint" significa ripetere un lunghissimo tratto di gioco, con annessi sbadigli. Al di la di un aspetto grafico per molti versi vetusto, avremmo gradito un sistema di dialogo più coerente, senza la necessità (o l'obbligo, che dir si voglia) di dover premere più e più volte il tasto "Azione" per interrogare il tizio di turno, fino a quando il nostro alter ego non dirà "Basta, questo ha detto tutto". Fenomeni minori di clipping completano il quadretto delle magagne, tutto sommato accettabili vista l'imponenza del titolo Ubisoft. Prima di affrontare i rischi insiti nel commento finale, si ricorda che, data la natura violenta e allucinatoria del gioco, le fasce d'utenza più giovani dovrebbero puntare altrove il proprio sguardo...per tutti gli altri...preparate le armi e aguzzate il cervello.
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Dopo un periodo di relativa calma, il mercato ludico pare essersi nuovamente interessato ad un filone in particolare, quello dei survival horror. Ne è una dimostrazione il fatto che UbiSoft si sia lanciata nell'impresa non da poco di portare sui nostri monitor le allucinanti atmosfere di una delle saghe più amate di Lovercraft, quei "Miti di Cthulhu" che tanto hanno appassionato ed appassionano tutt'ora i lettori di mezzo globo. Per quanti non ne fossero a conoscenza, Cthulhu è una divinità immaginaria creata dalla fantasia allucinata di Howard Phillips Lovercraft; nella complessa mitologia inventata dal prolifico scrittore, Cthulhu è il primo e più importante degli "Altri Dei", venuti dal cosmo, ed insediatisi sulla Terra quando ancora esistevano i Grandi Antichi. Spiegare in poche parole i complessi risvolti di un opera epica come quella a cui si ispira la nuova fatica dei signori della Bethesda Softworks è impossibile : in questa sede, ai fini della "attività ludica" basti dire che la divinità in questione avrebbe difficilmente vinto un qualche concorso di bellezza! Dotata infatti di una testa piena di tentacoli distorti, il suo corpo si presenta come una sacca molle e unta di liquido vischioso, delle dimensioni di una montagna; la pelle cadente appare di colore cadaverico e semitrasparente, in modo da mostrare tutte le oscenità presenti in quel corpo da incubo ed i suoi occhi immoti fissano in eterno il Tutto ed il Nulla...insomma, non esattamente una persona da invitare a cena.
Con tale, rivoltante spauracchio da affrontare, è chiaro fin da subito che il nuovo lavoro della HeadFirst Production sarà intriso di sangue e violenza, con tutta la follia debilitante tipica dei tanto contorti quanto appassionanti racconti di Lovercraft.
E' bene precisare che non è tanto il lato prettamente tecnico, quello di cui gli sviluppatori si sono preoccupati; no, nel caso specifico, siamo di fronte ad un titolo che punta molto di più sulle atmosfere, sulla trama e sui colpi di scena, piuttosto che sull'impatto grafico. Scelta coraggiosa, non sempre giustificata, ma che merita comunque un plauso.
Call of Cthulhu : Dark Corners of the Earth è ambientato negli anni '20, in una di quelle cittadine il cui nome evoca libri e racconti a metà fra l'horror e la fantascienza : Innsmouth. Jack Walters, investigatore privato dal misterioso passato, viene contattato telefonicamente da un abitante della succitata cittadina, con l'offerta di un incarico : trovare una persona inspiegabilmente scomparsa. Dapprima renitente, il nostro alter ego digitale ben presto si recherà nella città portuale (molti racconti di Lovercraft hanno come sfondo città di mare : è ben noto infatti il suo terrore dell'acqua in generale e dell'oceano in particolare), portando a galla gli oscuri segreti del luogo. Innsmouth, infatti, non è una cittadina come le altre : nel suo cuore si celano antichi segreti e ancestrali malvagità che, ostinatamente, cercano varchi per infestare il nostro mondo...ed uno di quei varchi è proprio li, a Inssmouth. In poco tempo, una normale indagine su una sparizione, diventerà quindi una corsa contro il tempo e contro i mostri, non solo quelli "reali", ma, anche e soprattutto, quelli che si celano negli oscuri meandri della mente umana.
Il titolo Ubisoft, al di la della prospettiva in prima persona, è ben lontano da un classico sparatutto, intriso com'e' di elementi di investigazione & ricerca, tanto cari alle avventure grafiche, e di qualche accenno agli RPG, come ad esempio lo sviluppo di alcune doti particolari del nostro eroe. Quello che saremo chiamati a fare, essenzialmente, è risolvere enigmi e ricercare indizi, facendo la cosa giusta al momento giusto e parlando con tutti i personaggi che incontreremo sul nostro cammino, nessuno escluso. Come ci viene ricordato costantemente dal gioco stesso, infatti, importantissimi indizi per proseguire la nostra avventura ci saranno rivelati solo parlando, parlando e parlando di nuovo con tutti i simpatici abitanti della località di mare.
Così, fra suicidi, poliziotti reticenti, mostruosità di ogni genere e grado, vivremo un crescendo di suspance e violenza, cercando nel frattempo di preservare la nostra mente dagli orrori che ci circondano. Il nostro Jack, infatti, soffre di vertigini ma, più di ogni altra cosa, è un tipo che reagisce male ad apparizioni, fantasmi e mostri in generale, andando letteralmente nel panico. Quando ciò avviene, la vista si appanna, i controlli rispondono più lentamente e i nostri nemici diventano più difficili da superare; dovremo essere lesti, quindi, a sbrogliare quanto più velocemente possibile le situazioni a alto tasso paranormale, in modo da preservare la mente di Jack...e i nostri nervi (leggi:una fine prematura per un eccesso di tremarella è irritante!).
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Tecnicamente, come accennato qualche riga fa, CoC : DcotE, non è un titolo che fa del comparto tecnico il suo punto di forza. Graficamente, infatti, ci troviamo di fronte ad un opera che, tutto sommato, appare superata fin dalle prime battute. L'aspetto visivo ricorda moltissimo un piccolo capolavoro del genere, quel Clive Barker's Undying (con il quale Call of Cthulhu condivide molte cosette, specialmente a livello di gameplay e caratterizzazione dei personaggi) che tanto successo ebbe alla sua uscita. Tuttavia, un titolo che oggi mostra quello stesso livello tecnico appare quanto meno insufficiente. Sono stati implementati alcuni effetti degni di nota, come le luci calcolate in tempo reale ed un buon numero di poligoni per mostri e personaggi ma, probabilmente per la sua natura multiformato, il titolo Bethesda non convince pienamente al mero livello qualitativo, pur riuscendo a conferire alle varie location una grande atmosfera. In ogni caso, l'engine adottato, il NetImmerse (diretta evoluzione dell'unico altro gioco curato da Bethesda, Simon The Sorcerer 3D), svolge bene il suo dovere anche su computer non di ultima generazione. L'implementazione delle routine fisiche dell'Havok conferisce un piccolo tocco in più al realismo del gioco.
Se il comparto grafico appare, comunque, in certa misura superato, di sicuro impatto invece è il comparto audio, di gran spessore. A fronte di una colonna sonora coinvolgente e ben strutturata, troviamo dei sound fx molto particolareggiati ed un doppiaggio in Inglese degno di una opera cinematografica. Allo stato attuale, non è chiaro se CoC sarà doppiato nella lingua del Bel Paese; speriamo che la produzione ci pensi, poiché il quantitativo di dialoghi è talmente vasto (e richiede un altissimo grado di attenzione) che i non anglofoni, probabilmente, scaglieranno il disco contro un muro dopo venti minuti di gioco.
Alcune cose non ci hanno pienamente convinto, in primo luogo la gestione dei salvataggi. Non esistono checkpoint automatici, ma solo dei "punti-salvataggio" indispensabili per stoccare i nostri progressi, di solito contrassegnati da uno dei simboli che dovreste vedere qui in giro. Sporadici e talvolta nascosti, farsi scappare uno di questi "savepoint" significa ripetere un lunghissimo tratto di gioco, con annessi sbadigli. Al di la di un aspetto grafico per molti versi vetusto, avremmo gradito un sistema di dialogo più coerente, senza la necessità (o l'obbligo, che dir si voglia) di dover premere più e più volte il tasto "Azione" per interrogare il tizio di turno, fino a quando il nostro alter ego non dirà "Basta, questo ha detto tutto". Fenomeni minori di clipping completano il quadretto delle magagne, tutto sommato accettabili vista l'imponenza del titolo Ubisoft. Prima di affrontare i rischi insiti nel commento finale, si ricorda che, data la natura violenta e allucinatoria del gioco, le fasce d'utenza più giovani dovrebbero puntare altrove il proprio sguardo...per tutti gli altri...preparate le armi e aguzzate il cervello.
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