Chants of Sennaar – Il Potere delle Parole – Recensione PC
Un'avventura indie che celebra il potere delle parole e dell'interpretazione
Almeno una volta nella vita vi sarà capitato di viaggiare verso posti mai visitati. Approdati in questi nuovi luoghi, a prescindere dalla preparazione insita di ognuno, alcuni si saranno “scontrati” con diverse difficoltà: c’è chi è poco organizzato negli spostamenti, c’è chi non sa se andare all’avventura o meno e c’è chi, non ultimo per importanza, trova qualche difficoltà a esprimersi o farsi comprendere dagli altri.
Una delle tante barriere ideologiche che ci separano dagli altri è proprio quella linguistica. Se ne sente parlare molto spesso, soprattutto quando si ha difficoltà a decodificare correttamente un messaggio, con la conseguenza di fraintendere quanto detto. Persino nell’ultimo periodo abbiamo assistito a qualche dibattito sulla localizzazione dei videogiochi in lingua nostrana, motivo che lo rende un tema molto attuale, motivo per cui è bene in questa occasione chiudere il discorso citando il famoso detto latino: “la lingua ferisce molto più della spada”.
Per farla breve, le parole hanno un potere sconfinato. Un potere così importante da vederlo enfatizzato in ogni contesto, sia storico che religioso, ma soprattutto umano. Ed è nelle parole che prende forma Chants of Sennaar, titolo indie dello studio Rundisc che reimmagina il mito della Torre di Babele, inserendo per l’occasione una meccanica di gameplay davvero originale.
Chants of Sennaar - L’Unione nasce dalla Comprensione
Quello della Torre di Babele è un mito piuttosto noto. Si conosce soprattutto la parte brutta della storia, quella che si concentra sull’atto di superbia degli uomini, e sulla punizione che Dio compì verso di loro, ovvero quella di confondere il loro linguaggio, impedendogli in questo modo di comunicare.
Il mito biblico si basava su un discorso fondante non da poco, ovvero il progetto di Dio affinché gli uomini si dividessero sulla Terra e la popolassero. Decidendo invece di vivere in un unico luogo, Babele per l’appunto, gli uomini finirono per contravvenire alla richiesta divina. Ecco il perché della punizione, su cui però non ci soffermeremo, questo perché ci si potrebbe dedicare un capitolo con varie esegesi ma non è questo il caso.
Quella di Chants of Sennaar è appunto un’ispirazione. La base di partenza la si può vedere a fatto compiuto: la torre è popolata da tante persone che vivono vite completamente diverse, partendo dalle abitudini quotidiane fino ad arrivare persino alle loro credenze. La costante resta quella del linguaggio, rappresentato nel gioco sotto forma di una scrittura composta da ideogrammi, per l’appunto dei simboli che rappresentano un’idea.
Lo scopo del giocatore, nei panni di un viandante, è quello di dare significato alle parole, questo con l’unico obiettivo di unire queste tribù riuscendo finalmente a farle parlare tra loro. La mancanza di comunicazione tra queste aveva creato delle vere e proprie separazioni, qui marcate da limiti invalicabili che sottolineavano una chiusura non solo visiva, ma anche mentale.
La difficoltà del gioco di Rundisc non va vista nel semplice gergo videoludico: Chants of Sennaar si basa completamente sull’intuizione del giocatore, sulla capacità di osservare l’ambiente circostante, di unire gesti, oggetti o movenze ai simboli, così da creare una via utile a tradurre il dialetto di ogni tribù presente nel gioco. Facendo ciò, per così dire, riusciremo nuovamente a parte la prosperità ai popoli della torre, facendogli fare fronte comune contro tutti i problemi che affliggono il quotidiano.
Difficile perciò indicarvi una durata, noi ci abbiamo messo dieci ore per finire il titolo, ed è importante sottolinearvi oltretutto che è possibile incappare in un finale “sbagliato”, ragion per cui l’invito, senza spoiler, è quello di cercare di tradurre tutti i simboli e compiere tutte le attività proposte (ricordatevi dei waypoint, non vi diremo altro).
Chants of Sennaar – Semplice non vuol dire Banale!
La domanda vi sorgerà quindi spontanea: come si gioca in Chants of Sennaar?
Oltre al semplice movimento, unito all’interazione con gli oggetti che è molto basilare, bastano un click e poco altro, il nostro alter ego dovrà parlare e leggere gli ideogrammi presenti in ogni luogo. Inizialmente questi vengono automaticamente appuntati su un taccuino, senza significato però, sta tutto al giocatore scrivere e immaginare cosa potrebbero voler dire (e vi consigliamo di farlo, sempre).
Ad un certo punto, arrivati fondamentalmente in una zona scriptata, sul taccuino compariranno delle pagine con dei disegni. Ecco, quello sarà il momento in cui associare l’ideogramma a quanto mostrato, nella speranza che la vostra idea si sia rivelata corretta o meno. Difficile giocare a casaccio, questo perché spesso il gioco propone tanti ideogrammi liberi da significato; perciò, le combinazioni, come ci insegna la matematica, aumenteranno a seconda delle variabili da utilizzare.
Anche qui, secondo noi un piccolo suggerimento vi è dovuto. Ogni lingua prevede anche la possibilità di aggiungere un plurale, o una negazione, come veri e propri simboli a sé stanti, elemento che vi darà non poche gatte da pelare per cui fateci attenzione.
Procedendo oltre, e conoscendo le varie tribù, ci troveremo nella posizione di dover tradurre cinque vocabolari, alcuni contenenti anche trentadue ideogrammi. Tradurli si rivelerà una vera e propria soddisfazione, soprattutto perché vi permetterà di capire meglio le battute compiute dagli NPC, insieme alla documentazione, murales o altro sparsi per il mondo di gioco. Inizialmente potrebbe risultarvi semplice nella sua esposizione, ma procedendo oltre e incontrando le diverse tribù, vi accorgerete che il linguaggio diverrà un pelino più complesso, elemento che metterà ulteriormente alla prova le vostre meningi.
Eliminato per un momento il cuore del gameplay, è giusto indicare che Chants of Sennaar propone anche qualche meccanica extra, come alcune piccole fasi di stealth e qualche puzzle ambientale. Le prime si rivelano per lo più un contorno, nel senso che non sono create minimamente per impensierire il giocatore, o fargli temere il game over (sottolineato, non esiste), mentre i secondi aggiungono un po’ di brio nell’esplorazione, regalando la scusa perfetta per osare qualche momento in più negli scenari creati da Rundisc.
Il gioco effettua spesso un salvataggio automatico mentre vengono compiute azioni standard, come l’interazione con oggetti dello scenario, o la traduzione dei glifi, ragion per cui non ci saranno problemi qualora vogliate abbandonare l’avventura prima del previsto.
Stile basico, perchè no!?
Chants of Sennaar si è rivelato davvero affascinante nella sua realizzazione visiva, anche se graficamente non cerca di strafare in alcun modo. Gli scenari disegnati dagli sviluppatori presentano una colorazione pastello accesa e nitida, conforme a quello che ci si aspetterebbe di vedere in un luogo dai connotati medio-orientali, distanti se vogliamo dai templi o dai palazzi a cui siamo abituati da questo lato della cartina geografica.
Ogni scenario segue un po’ lo stile di vita del popolo che lo abita, e sebbene questa caratteristica venga apprezzata di più una volta completato il viaggio, per via di una visione d’insieme completa, anche durante ci si sofferma ogni tanto con lo sguardo nell’osservare i giardini, le fontane, ma anche le stesse persone che abitano queste zone così diverse tra loro.
Evitando spoiler, vi accorgerete come alcuni luoghi sottolineino la durezza della vita militare, mentre altri sembrano usciti da un racconto de “Le Mille e una Notte”. Questa diversità favorisce il gameplay e lo accompagna come si deve, senza risultare in alcun modo un difetto. Lo stesso si può dire per la colonna sonora, anche qui d’accompagnamento, sebbene in alcuni tratti forse perda un po’ di mordente.
Nessun attore al doppiaggio, tranne per qualche verso utile a sottolineare le emozioni primarie, come stupore o paura, e se ci pensate fa un po’ riflettere soprattutto quando si pensa alla nostra introduzione, così concentrata sul potere delle parole. Guardando questa Torre di Babele, di certo, non vi verrà in mente il dipinto di Gustave Dorè ad esso dedicato, ma è un bene che andando avanti nel racconto ci si accorga che il malessere degli uomini in Chants of Sennaar sia molto sottopelle.
Longevo quanto basta, potrà chiedervi una seconda run a patto che vogliate completare gli achievement al 100%, oppure in caso non siate riusciti a visionare il “vero finale”.