Child of Eden
di
Giuseppe Schirru
Tetsuya Mizuguchi é un game designer estroso e incontaminato, e gli indici probatori a conferma di tale tesi sono molteplici: Rez, Space Channel 5, Lumines. Child of Eden non fa eccezione e dimostra che la sensibilità artistica del proprio padre é rimasta immutata, avendo sfornato un prodotto atipico e unico nel panorama videoludico odierno, a tal punto che gli unici accostamenti fattibili con un qualsiasi titolo di qualsiasi altro genere sarebbero solo per contrasto. Rez HD a parte.
Volgarmente, e con poco ossequio all'idea di fondo, Child of Eden può essere definito uno sparatutto musicale, per i più pignoli uno shooter su binari con alcuni elementi da rhythm game che si avvantaggia delle capacità del Kinect in alternativa al comune pad, comunque utilizzabile a discrezione del fruitore. Nonostante tale categorizzazione possa risultare valida per definizione enciclopedica, posta in questi termini svilisce e non di poco il senso del pacchetto offerto, un'esperienza di tipo sinestetico (come anch'essa si autoproclama a più riprese) trascinante, maestosa nel riuscir a fondere in un tutt'uno musiche e immagini. Meno volgarmente gli é quindi attribuibile l'essere erede spirituale di Rez, di cui in termini di puro gameplay presenta le fattezze del remake addolcite dalle possibilità del motion control, nonché un coinvolgimento e un'immersività del tutto nuova. Il che é abbastanza per sorvolare su una trama pretestuosa (in cui alcuni giocatoritroveranno una personalissima chiave di lettura)e un filmato di presentazione degno di tappezzare i televisori di un grande magazzino.
Per riuscire a condurre il giocatore in un universo ludico al limite dell'onirico, e renderlo quanto più assuefatto da esso, un sistema di controllo cavilloso sarebbe stato un freno non da poco. E difatti Child of Eden punta alla massima semplicità e immediatezza, risultando accessibile a tutti senza per questo sacrificare il grado di sfida, come l'assenza di checkpoint tende a testimoniare: con il tasto A adibito al lock-on (al suo rilascio vengono colpiti i nemici), X per lo sparo alternativo e B per l'Euphoria (bomba per pulire istantaneamente lo schermo) si é dopo pochi istanti in grado di affrontare le ostilità a schermo. Le meccaniche del gameplay rimangono immutate nel passaggio dal pad al Kinect, a differire sensibilmente é l'esperienza di gioco. Per quanto la periferica Microsoft (a patto di un settaggio certosino) si mostri in una delle sue migliori performance (presente qualche incertezza dovuta al lag comunque trascurabile), la scelta ideale per i feticisti del punteggio rimane comunque il pad . A parte ciò, il fascino del motion control e una maggiore agilità nel raggiungere i nemici rendono preferibile - e di gran lunga - l'utilizzo della finora assai disprezzata (e non a torto) periferica, che prevede l'utilizzo di entrambi gli arti superiori: con la mano destra si controlla il mirino azzurro a schermo e si rilasciano i missili (protraendo in avanti la mano), con la sinistra si ha lo sparo alternativo e con entrambe le braccia alzate sarà la volta dell'Euphoria. Inutile dire che vedere funzionare il tutto quasi alla perfezione fa quasi scendere una lacrima di insperata gioia a quanti hanno dovuto sottostare alle "continue inottemperanze" del sensore.
Malgrado il gameplay trascinante, per leziosità questo sarà difficilmente metabolizzabile dal giocatore “classico”, che lo guarderà insonnolito con certo imbarazzo. Nonostante i molteplici nemici a schermo, boss da affrontare particolarmente ispirati o la varietà dei cinque livelli proposti, Child of Eden più che una sfida (comunque presente e ben equilibrata) é un'esperienza da cui lasciarsi trasportare, assuefare e coccolare, un prodotto di nicchia capace di rapire il fruitore a patto che abbia l'apertura mentale, non comune a tutti, per apprezzarlo. In caso contrario, Child of Eden é un prodotto che andrebbe a soffrire della sua stessa altezzosità, i suoi cinque livelli finirebbero con l'esaurirsi dopo la manciata d'ore utile a completarli, posizionandolo sotto ben altra luce. Perché, parole di stima a parte, le probabilità d'esser ridondante non son certo poche.
Su schermo si stagliano immagini visionarie, surreali, a volte ardite, in un tripudio di effetti grafici che sfiora l'onirico e si fonde perfettamente con la musica, rendendo l'esperienza di gioco dannatamente coinvolgente e immersiva. Psichiedelico, surreale, astratto. Fate vobis. Artisticamente ineccepibile, un reparto grafico strabiliante sublimato da un comparto audio (affidato ai Genki Rockets, band dove milita Mizuguchi) che ne é la diretta estensione: in Child of Eden il potere delle immagini e dei suoni sono capaci di rapire il fruitore, e già questo potrebbe essere un biglietto da visita di tutto rispetto.
Volgarmente, e con poco ossequio all'idea di fondo, Child of Eden può essere definito uno sparatutto musicale, per i più pignoli uno shooter su binari con alcuni elementi da rhythm game che si avvantaggia delle capacità del Kinect in alternativa al comune pad, comunque utilizzabile a discrezione del fruitore. Nonostante tale categorizzazione possa risultare valida per definizione enciclopedica, posta in questi termini svilisce e non di poco il senso del pacchetto offerto, un'esperienza di tipo sinestetico (come anch'essa si autoproclama a più riprese) trascinante, maestosa nel riuscir a fondere in un tutt'uno musiche e immagini. Meno volgarmente gli é quindi attribuibile l'essere erede spirituale di Rez, di cui in termini di puro gameplay presenta le fattezze del remake addolcite dalle possibilità del motion control, nonché un coinvolgimento e un'immersività del tutto nuova. Il che é abbastanza per sorvolare su una trama pretestuosa (in cui alcuni giocatoritroveranno una personalissima chiave di lettura)e un filmato di presentazione degno di tappezzare i televisori di un grande magazzino.
Per riuscire a condurre il giocatore in un universo ludico al limite dell'onirico, e renderlo quanto più assuefatto da esso, un sistema di controllo cavilloso sarebbe stato un freno non da poco. E difatti Child of Eden punta alla massima semplicità e immediatezza, risultando accessibile a tutti senza per questo sacrificare il grado di sfida, come l'assenza di checkpoint tende a testimoniare: con il tasto A adibito al lock-on (al suo rilascio vengono colpiti i nemici), X per lo sparo alternativo e B per l'Euphoria (bomba per pulire istantaneamente lo schermo) si é dopo pochi istanti in grado di affrontare le ostilità a schermo. Le meccaniche del gameplay rimangono immutate nel passaggio dal pad al Kinect, a differire sensibilmente é l'esperienza di gioco. Per quanto la periferica Microsoft (a patto di un settaggio certosino) si mostri in una delle sue migliori performance (presente qualche incertezza dovuta al lag comunque trascurabile), la scelta ideale per i feticisti del punteggio rimane comunque il pad . A parte ciò, il fascino del motion control e una maggiore agilità nel raggiungere i nemici rendono preferibile - e di gran lunga - l'utilizzo della finora assai disprezzata (e non a torto) periferica, che prevede l'utilizzo di entrambi gli arti superiori: con la mano destra si controlla il mirino azzurro a schermo e si rilasciano i missili (protraendo in avanti la mano), con la sinistra si ha lo sparo alternativo e con entrambe le braccia alzate sarà la volta dell'Euphoria. Inutile dire che vedere funzionare il tutto quasi alla perfezione fa quasi scendere una lacrima di insperata gioia a quanti hanno dovuto sottostare alle "continue inottemperanze" del sensore.
Malgrado il gameplay trascinante, per leziosità questo sarà difficilmente metabolizzabile dal giocatore “classico”, che lo guarderà insonnolito con certo imbarazzo. Nonostante i molteplici nemici a schermo, boss da affrontare particolarmente ispirati o la varietà dei cinque livelli proposti, Child of Eden più che una sfida (comunque presente e ben equilibrata) é un'esperienza da cui lasciarsi trasportare, assuefare e coccolare, un prodotto di nicchia capace di rapire il fruitore a patto che abbia l'apertura mentale, non comune a tutti, per apprezzarlo. In caso contrario, Child of Eden é un prodotto che andrebbe a soffrire della sua stessa altezzosità, i suoi cinque livelli finirebbero con l'esaurirsi dopo la manciata d'ore utile a completarli, posizionandolo sotto ben altra luce. Perché, parole di stima a parte, le probabilità d'esser ridondante non son certo poche.
Su schermo si stagliano immagini visionarie, surreali, a volte ardite, in un tripudio di effetti grafici che sfiora l'onirico e si fonde perfettamente con la musica, rendendo l'esperienza di gioco dannatamente coinvolgente e immersiva. Psichiedelico, surreale, astratto. Fate vobis. Artisticamente ineccepibile, un reparto grafico strabiliante sublimato da un comparto audio (affidato ai Genki Rockets, band dove milita Mizuguchi) che ne é la diretta estensione: in Child of Eden il potere delle immagini e dei suoni sono capaci di rapire il fruitore, e già questo potrebbe essere un biglietto da visita di tutto rispetto.
Child of Eden
8.5
Voto
Redazione
Child of Eden
La follia visionaria di Mizuguchi si spinge oltre la comune percezione del videogioco e riesce perfino nell'impresa di riabilitare l'onore del Kinect. Child of Eden é perla videoludica che per fattezze vede luce statisticamente una volta ogni decade, un titolo di nicchia che non tutti apprezzeranno e che ancora meno capiranno.