Cold Fear

di Marco Modugno
Cold Fear. Un titolo, quello scelto da Darkworks, che si annuncia come un vero e proprio gioco "da brivido". L'ambientazione, tutto sommato originale, di questo survival horror pronto a ricalcare, in chiave rielaborata e finalmente arricchita di un vero ambiente 3D, al posto del 2D prerenderizzato tipico di tanti titoli del genere, lascia ben sperare gli appassionati dell'horror virtuale, costantemente alla ricerca di nuove emozioni da godere di fronte al proprio fido PC. Nei panni di Tom Hansen, baldo marinaio della Guardia Costiera americana, vi ritroverete scaraventati a bordo di una baleniera russa in balia delle onde di una terribile tempesta oceanica, armati solo della vostra semiautomatica d'ordinanza, costretti vostro malgrado ad indagare sui terribili eventi che stanno avendo luogo a bordo del vascello, infestato da sinistre presenze e da soldati dal grilletto facile. La trama, che in quanto a fantasia non deve aver tolto più di tanto il sonno agli sviluppatori, vi porterà dalla nave ad una piattaforma petrolifera dove si svolgerà la seconda parte della vostra disavventura. Il filo conduttore, come in ogni survival horror che si rispetti, è il fallimento di un esperimento di bioingegneria che ha trasformato i malcapitati marinai russi, e altri ancora, in orribili zombi, comandati a bacchetta da misteriose quanto ripugnanti creature insettiformi sempre pronti intrufolarsi all'interno del corpo d'ogni umano a portata di tentacolo, una via di mezzo tra gli alieni cinematografici, inventati da Ridley Scott e gli head crab di Half Life 2.


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L'avventura del guardacoste, obbligato dall'ingenuità degli sviluppatori a riuscire, grazie soprattutto alla vostra incontestata abilità di videogiocatori, là dove né le forze speciali né i suoi compagni d'equipaggio sono riusciti, e cioè salvare il mondo da una terribile minaccia, si snoda attraverso un copione classico, fatto di scale, porte chiuse per aprire le quali è necessario reperire una chiave o un codice e altri semplici enigmi del genere. Oltre a tutto, l'assenza di una funzione d'automapping vi renderà la vita non certo facile e spesso sarà più il tempo che perderete a vagabondare, chiedendovi sconsolati quante volte ancora dovrete ripassare per un determinato luogo, prima di capire come proseguire, di quello trascorso a combattere o a spremervi le meningi per risolvere qualche enigma. Nello standard, con l'unica eccezione del fucile lancia arpioni, l'armamento reperibile. Oltre alla pistola iniziale, potrete mettere le mani su una pistola mitragliatrice, sull'immancabile shotgun, su un fucile d'assalto, su un lanciafiamme e su un lanciagranate. Questi ultimi due, in particolare, si presteranno a micidiali combo, una volta che avrete capito come attirare e raggruppare pletore d'avversari con il gas rilasciato dagli arpioni, sparati dall'omonimo fucile. Di rito la possibilità di far esplodere barili pieni di carburante e altre amenità che solo una mente folle caricherebbe su una nave o lascerebbe incustoditi in giro per una piattaforma per l'estrazione degli idrocarburi, provocando divertenti effetti pirotecnici che vi libereranno in fretta anche del più insistente degli avversari. Qualora uno degli avversari riesca ad avvicinarsi oltre il desiderato e ad afferrare il protagonista, poi, sarà necessario ricorrere al "colpo critico". Premendo all'impazzata il bottone, infatti, il bravo guardacoste riuscirà non solo a trarsi d'impaccio ma anche a liberarsi definitivamente dell'avversario troppo "affettuoso"!

Elementare la gestione dell'inventario, pressoché inesistente. Gli oggetti rinvenuti saranno immagazzinati su di voi per essere utilizzati in automatico non appena il loro uso si renderà necessario. Pessime notizie per quanti tra voi amano accumulare health pack, in vista di "tempi duri". Se trovate dei medicinali, Cold Fear vi costringerà ad usarli immediatamente, anche se non avete subito che pochi graffi, o ad abbandonarli là dove li avete trovati! Brillante, invece la scelta d'inserire una barra dell'energia, che si svuota progressivamente ogni qualvolta il nostro Hansen si mette a correre, costringendolo ad una scelta più oculata delle tattiche da adottare. Vi starete chiedendo se, almeno, il gioco riesca a tenere fede al suo proposito di fondo: quello di spaventare. Ci spiace deludervi, amici cari. Se per aver paura intendete lo sporadico sobbalzo sulla sedia provocato dall'apparizione a sorpresa dell'ennesimo zombie, pronto a sbucare in perfetto stile Doom3 da un angolo buio per avventarvisi contro, la risposta può anche essere affermativa. Se invece siete cresciuti abbastanza da spegnere la luce quando dormite, allora resterete delusi. Scordatevi, per capirci, le situazioni angosciose in stile orientale di Project Zero e del suo seguito, o gli attacchi di panico provocati da una sessione di Silent Hill 4 giocata da soli a casa, al buio, con il surround a manetta. Anche le emozioni, come la maggior parte degli sviluppi della trama, in Cold Fear sono telefonate, prevedibili e per questo noiose. Per fortuna, anche le ombre di una realizzazione che non fa certo gridare al miracolo sono squarciate da qualche lampo di luce, in grado di salvare, almeno in parte, il buon nome della Darkworks, e della Ubi Soft che ha accettato di distribuire il gioco, rischiando di bruciarsi una parte della fama conquistata con capolavori come Far Cry o Splinter Cell: Chaos Theory.


Il comparto grafico, tanto per dirne una, è realizzato con poche sbavature e, anche se le schede video d'ultima e penultima generazione si sentiranno un po' sottoutilizzate nel far girare i modelli e le texture non sempre perfette del gioco, l'aspetto visivo, nel suo insieme, fa il suo effetto, specialmente se si parla della gestione di luci e ombre, capaci da sole di creare quanto di meglio il gioco offra in termini d'atmosfera. Ben fatto anche l'effetto delle onde, sempre pronte a spruzzare di schiuma salmastra il monitor, riducendo la nostra visuale quando ci troveremo in coperta. Meno invadente il sangue, invece. Pur trattandosi di un gioco horror, infatti, la componente gore è stata ridotta all'indispensabile, senza inutili eccessi. Tale scelta ci pare condivisibile, specie in un momento dove la corsa dei team di sviluppo agli effettacci da macelleria sembra non volersi arrestare mai. La vera chicca, comunque, cui vogliamo dedicare un box apposito, è l'implementazione del movimento della nave sotto i nostri piedi, caratteristica purtroppo solo della prima parte dell'avventura, a bordo della baleniera. Un voto positivo va senz'altro anche al sonoro, sia per quanto riguarda la musica, discreta nei momenti tranquilli e pronta ad adeguarsi, salendo di tono e ritmo, alle fasi più concitate, sia per gli effetti sonori, davvero impeccabili.

Il gameplay, articolato su una gestione quasi sempre in terza persona, stile action adventure, permette con un semplice click del tasto destro del mouse, di attivare una sorta di visione sopra la spalla che, opportunamente coadiuvata da un puntatore laser, consente una mira più precisa. La cosa però non risulta sempre facile, visto che la pressione continua dello stesso tasto attiva anche la funzione "lock" della mira, ingenerando nei momenti cruciali equivoci spiacevolissimi, a discapito della salute già precaria del vostro alter ego virtuale. Le cose vanno meglio se si parla del sistema di salvataggi, pronti a scattare in automatico non appena raggiungerete i vari checkpoint, disseminati lungo il corso dell'avventura. I giocatori occasionali, comunque, costretti fin troppo spesso a rubare dieci o quindici minuti di gioco fra un impegno lavorativo e uno familiare, continuiamo a rimpiangeranno i bei tempi quando, nella maggior parte dei titoli, si poteva salvare la situazione in qualsiasi momento, per poi riprendere senza dover rigiocare fasi intere di gioco. Qualche riserva la suscita, invece, la gestione dell'intelligenza artificiale dei nemici, inclini ad incastrarsi negli spazi ristretti della nave e della torre di trivellazione, o a cadere fuori bordo in grottesche pantomime suicide che sottraggono non poco all'atmosfera del gioco. Se bocciassimo Cold Fear come un brutto gioco, a dirla tutta, faremmo un torto agli sviluppatori che hanno mostrato d'essere capaci, nel realizzarlo, di compiere qualche sforzo d'inventiva e di saper utilizzare in modo professionale i tool grafici e musicali messi a loro disposizione. Purtroppo, però, per trasformare un "compitino" ben fatto in un capolavoro, ci vuole ben altro. Per questa ragione, non ci sentiamo di consigliarvene l'acquisto a mani basse, rischiando poi di avere sulla coscienza la delusione di chi si aspettava ben altro. Piuttosto, se potete, vi suggeriamo di provarlo prima dell'eventuale acquisto. Tanto per non rischiare, è proprio il caso di dirlo, un bagno in acqua gelata.