Come si dice in gattese “La recensione di Copycat”? Meow!
L’avventura a quattro zampe di Spoonful Of Wonder
Citando una canzonetta che ha avuto un momento di popolarità nell’internet pre social, quando i forum erano i principali canali di comunicazione (praticamente la preistoria) si può affermare senza timore di smentita che l’internet è fatto per i gatti… e per un’altra cosa che non possiamo citare per non mandare a a facili costumi il SEO. Ma se quell’altra cosa mal si concilia col videogioco, soprattutto quello mainstream, il rapporto tra gatti e videogame è diventato sempre più stretto di recente, merito senza dubbio del successo di Stray, ma anche di vari account social che testimoniano la presenza (o meno) di felini nei giochi appena usciti. Sì, è vero, non me lo sto inventando.
Copycat, recensione: meow, meow, meow
Rispetto al suo illustre predecessore, la pelosa protagonista di Copycat ha un’esperienza molto più terra-terra da raccontare. La sua avventura inizia in un gattile, chiusa in gabbia tra altri suoi simili, finché gli occhi di Olive non si posano proprio su di lei (metodo molto furbo utilizzato dagli sviluppatori per far scegliere al giocatore quale gatto impersonare durante il gioco). Tra una gattina traumatizzata dal tempo passato in prigionia e un’anziana signora con qualche problema di salute, però, le cose non scorrono subito via lisce.
Date le premesse, Copycat risponde all’azione di Stray con un gameplay molto, molto più riflessivo: siamo al confine del walking simulator, anche se forse sarebbe meglio dire crawling simulator, visto che ci muoviamo rigorosamente a 4 zampe. Parlo di confine del genere perché se di norma saremo chiamati a guidare Dawn (vi piace il nome della gattina?) attraverso la casa di Olive e il vicinato, avanzando nella trama attraverso le scritte in sospensione sparse per l’ambiente (caratteristica ormai immancabile dei simulatori di camminata come le sequenze oniriche, an ch’esse presenti) qua e là spunta però qualche rudimentale sezione platform che sul finale sconfina persino nello stealth.
Nulla di troppo articolato, ovviamente, ma che prova a introdurre un certo grado di varietà in una formula ormai abusata e ci riesce anche grazie al commento sonoro che si concede qualche nota di spirito per strappare una risata. Altre risate, queste però involontarie, scappano invece per colpa dell’animazione di movimento del gatto che non lega bene con l’ambiente circostante dando luogo a situazioni bizzarre. Sfrutto questo gancio per entrare nel merito del discorso tecnico, che poi è quello centrale nella valutazione di Copycat. Dietro Spoonful Of Wonder, lo studio accreditato per lo sviluppo del gioco, si celano in realtà solo due persone, Samantha Cable e Kostia Liakhov, creativi alla loro prima esperienza nella programmazione di videogiochi.
Di gatti, drammi e di esperienza in Copycat
Tenuto conto di questo dettaglio, si capisce decisamente meglio come mai Copycat goda di una direzione artistica più che buona, sia graziato da un comparto tecnico nel complesso interessante (spiccano illuminazione e movimento dell’erba), ma fatichi in maniera evidente nella pulizia delle animazioni della felina protagonista. Non è un dettaglio da poco, vero, fa storcere il naso, ma non rovina l’esperienza nel complesso, ve l’assicuro.
Ho invece alzato il sopracciglio di fronte ad altre dinamiche che tuttora mi lasciano perplesso.
La prima è l'incapacità di Dawn di muoversi in spazi stretti: provate ad avanzare su una mensola e Dawn farà crollare al suolo ogni oggetto lì riposto. Non esattamente una fedele riproduzione dell’agilità felina, ma immagino sia una conseguenza delle animazioni poco precise cui accennavo poco fa insieme alla gestione non ottimale di fisica e collisioni. Meno spiegabile invece è lo sviluppo narrativo che porta Dwan a indossare un collare con campanellino: nel contesto della trama è chiaro il perchè; ma da buon gattaro so che il costante tintinnio rappresenta un enorme problema di disorientamento per i gatti e sono sorpreso che la questione venga gestita così a cuor leggero in un gioco che pare essere un atto d’amore verso questi animali.
In fondo però, in giochi di questo tipo il comparto tecnico ha un’importanza relativa, benché come già accennato non manchino scenari suggestivi. Copycat vuole raccontare una storia e lo fa bene, con deviazioni narrative anche significative basate sulle proprie scelte e con una delicatezza apprezzabile nel trattare temi come il lutto, la perdita, la malattia o il sacrificio. Soprattutto, riesce in una cosa ben più difficile, ovvero immergere il giocatore in una storia che gronda tristezza senza privarlo della gioa che deriva dall’irresponsabilità derivante dal vestire i panni di un gatto: insomma, è sempre un buon momento per far perecipitare barattoli dai ripiani, anche nel dramma più nero.
Unendo insieme tutti i puntini ne esce un gioco altalenante, come le montagne russe, in cui spiccano i picchi artistici, ma appaiono altrettanto evidenti le magagne tecniche legate all’inesperienza degli sviluppatori. Il nostro consiglio comunque è quello di non farsi condizionare e di farsi un giro nei panni, anzi, nella pelliccia di Dawn, perchè Copycat di sicuro saprà sorprendervi con un un’idea bizzarra (questa volta merito dell’inesperienza degli sviluppatori) e probabilmente persino commuovervi.
Versione Testata: PC
Voto
Redazione
Copycat
L’avventura a quattro zampe di Spoonful Of Wonder mostra i segni dell’esordio nel settore dei suoi due creatori, tanto in positivo attraverso idee non convenzionali, quanto in negativo per colpa di qualche incertezza tecnica un po’ troppo evidente. Il genere però concede una certa clemenza, la qualità della scrittura è buona e poi quando ci sono di mezzo i gatti tutto è più bello.