Crackdown 3
Dal 2015 a oggi ne è passata parecchia di acqua sotto i ponti del mercato videoludico. Sono usciti tantissimi titoli che hanno soddisfatto le aspettative della community lasciandola a bocca aperta, ma come spesso accade in questo settore, sono stati tanti anche gli annunci o i ritardi che hanno accompagnato l’uscita di prodotti che hanno seguito uno sviluppo più “travagliato” di altri.
“Più si allunga la degenza, più si corre il rischio che il paziente esca dalla corsia messo peggio di prima”
A seguito del suo annuncio in pompa magna, Crackdown 3 sembrava avere tutte le carte in regola per sfondare sul mercato, complice un motore grafico in grado di permettere al giocatore di abbattere ogni superficie, in modo realistico, all’interno del mondo di gioco.
Le promesse fatte al tempo saranno state mantenute?
STEP UP YOUR BOOM
La campagna pubblicitaria di Crackdown 3 è quella che trovo personalmente più divertente, per così dire, grazie alla presenza carismatica dell’attore Terry Crews, personaggio dello spettacolo che ha inoltre regalato il proprio volto a uno degli agenti utilizzabili all’interno del gioco.
Durante una missione per salvare New Providence da uno spietato impero criminale, il nostro alter-ego viene letteralmente disintegrato da un’arma tecnologicamente avanzata insieme alla sua squadra e poi riesumato grazie al leader della resistenza Echo mediante un intervento di manipolazione del DNA. L’escamotage di morte e resurrezione serve allo scopo di farci iniziare da capo il processo di crescita del personaggio, seguendo un sistema intuitivo in cui alcune precise azioni permettono di potenziare le abilità corrispondenti.
Sarà quindi possibile migliorare le capacità sul campo del personaggio da noi scelto, oppure la sua abilità di guida, forza in mischia o demolizione, cercando nel minor tempo possibile di ripristinare ognuna delle caratteristiche capaci di renderci una macchina da guerra. L’unica abilità che non prevede un sistema di incremento basato sull’utilizzo è l’agilità, poiché si potrà incrementare solo trovando degli appositi counter sparsi in giro per la città.
Una volta raggiunto il valore necessario al level-up, l’abilità viene sviluppata sbloccando un particolare perk (o potere) che migliora la nostra presenza sul campo dandoci un modo per restare in vita più a lungo. Trattandosi di una campagna single-player da svolgere in un open-world relativamente generoso per dimensioni, questi punteggi caratteristica vengono incrementati quasi naturalmente nel corso dell’intera avventura, a patto che oltre a seguire lo scopo principale del gioco vi dedicherete anche a qualche attività collaterale.
L’impero criminale che combattiamo ha basi operative in tutta la città e ognuno dei suoi leader, suddiviso per tipologia, occupa determinate location che vanno liberate al fine di indebolirlo e poi combatterlo faccia a faccia. Solo sconfiggendo queste diverse teste del mostro potremo finalmente arrivare a combattere il capo dell’intera organizzazione, una donna spietata che ha l’unico scopo di soggiogare il mondo ai suoi piedi.
Completando la storia dall’inizio alla fine si percepisce un certo senso di vuoto nel mezzo, come se alcune parti del racconto fossero state mozzate al fine di ridurne la durata o la complessità. Questo insieme di fattori impedisce alla produzione di decollare come si deve, lasciando la macchina ferma in salita come se avessimo finito il carburante. L’incedere della narrazione non viene inoltre cadenzato a dovere a livello di attività da svolgere per raggiungere il nostro obiettivo finale, tant’è che spesso si finisce per avere la sensazione di svolgere gli stessi compiti in modo ripetitivo e quasi meccanico.
Oltre quindi alle strutture governative, durante l’esplorazione della città sarà possibile liberare avamposti di detenzione, torri di guardia e antenne di comunicazione sparse nei quartieri, ma parliamo di riempitivi anche piuttosto semplificati che vengono seguiti in chiusura da qualche gara contro il tempo di agilità o guida. Le torri fanno pensare che l’idea fosse quella di inserire alcune sessioni platform da effettuare col giusto timing, ma anche qui, con un minimo di attenzione e capacità si finisce col chiudere qualsivoglia attività in men che non si dica.
Tale aspetto finisce per ripercuotersi anche nelle fasi di combattimento: l’utilizzo di armi bianche, pugni ed esplosivi permette un approccio diversificato e a tratti divertente, ma spesso si arriva a un punto in cui lo stacco di potenza delle armi (trovate nel corso dell’avventura) è così evidente da facilitare la conquista di ogni luogo d’interesse, rendendo addirittura banali le boss-fight. Il motivo è presto detto. Molte armi hanno un raggio d’azione molto ampio e quindi uccidono molti nemici in un colpo solo, restituendo un grosso quantitativo di scudi ed energia al nostro avatar (il sistema di cura funziona così). Adesso, traducete questo ragionamento all’interno di un luogo chiuso pieno di minion, armatevi di lanciarazzi e completate l’equazione facendoci sapere il risultato.
Chiaramente l’abilità del giocatore fa la differenza in questo frangente, come in altri giochi, ma è chiaro che qualcosa deve essere andata storta nella realizzazione della campagna, perché se da soli si riesce a creare quel livello di distruzione, figuriamoci quando si è accompagnati pure da qualche amico volenteroso. Il gioco offre infatti una modalità campagna cooperativa da affrontare insieme ai vostri amici, compatibile anche a livello di cross-play tra utenti XBOX e Microsoft.
DOVEVA ESSERE UNO SPETTACOLO MA…
Veniamo a una delle note dolenti dell’intera produzione, ovvero il comparto grafico. Dai video rilasciati in sede di annuncio ai tempi che furono molto è cambiato, specialmente quando ad essere presa in esame è la porzione di motore grafico dedicata alla distruttibilità degli elementi in gioco, che dovevano addirittura essere presentati con un realismo (a livello di fisica e costruzione) piuttosto convincente.
La traduzione ai giorni nostri si presenta in modo piuttosto raffazzonato, che alterna un andamento sinusoidale tra alti e bassi, con effetti visivi spettacolari a livello di luci e immagini ma disastrosi proprio dove l’utenza si aspettava qualcosa di più. Questo genere di compromessi lascia sempre un po’ di amaro in bocca quando si tratta di fare una disamina analitica, ma bisogna comunque ammettere che il risultato odierno non è poi così terribile se preso con la dovuta onestà intellettuale.
Il gioco vanta anche una modalità multigiocatore pensata per farci godere la campagna in compagnia, ma il vero divertimento lo si incontra nella Wrecking Zone, dove l’aspetto competitivo emerge grazie a dei match da disputare in squadre da cinque giocatori. Al netto delle possibili polemiche inerenti all’impossibilità di mandare inviti ai propri amici (fattore che non abbiamo potuto testare purtroppo) la modalità si presenta in modo strutturato e punta sicuramente al divertimento, facendoci combattere in arene generose che sfruttano molto anche la verticalità.
Voto
Redazione