Crime Boss - Rockay City, il crimine si rifà il trucco: recensione PC
Chi ha detto che i criminali non possono essere pure famosi?
Vi è mai capitato di guardare il film “The Expendables”? Classe 2010, un lungometraggio diretto da Sylvester Stallone, che interpreta anche uno dei protagonisti, che vede un gruppo di mercenari, letteralmente i sacrificabili, interpretato da un manipolo di attori da far impallidire anche il più serioso dei critici cinematografici.
Ne troviamo per tutti i gusti: Jason Statham, Dolph Lundgren, Steve Austin, Randy Couture, e non mancano attori del calibro di Arnold Schwarzenegger, Bruce Willis, Jet Li. Ne hanno fatti tre, tutti pronti a riportare in auge leggende cinematografiche degli anni ’80 e ’90, tipo Harrison Ford, Jean Claude Van Damme, Mel Gibson e Chuck Norris.
Quest’ultimo fa anche dell’umorismo auto citazionale, quando insiste nel supportare la leggenda che sia stato il cobra reale a morire, dopo cinque giorni di sofferenze, a seguito di un morso. Ma perché stiamo parlando di questa trilogia, per cui chi vi scrive farebbe i salti di gioia in caso ne annunciassero un quarto?
Il motivo è presto detto e si chiama Crime Boss: Rockay City, il nuovo sparatutto in prima persona, sviluppato da Ingame Studios, che mette in scena una storia malavitosa con protagonisti attori di tutto rispetto, come Michael Madsen, Danny Trejo, Danny Glover, Kim Basinger e lo stesso Chuck Norris.
Crime Boss: Rockay City, criminali famosi
Travis Baker non è il tipo di uomo a cui piace stare al suo posto. A Rockay City c’è un posto vacanze sul trono del boss del crimine, motivo che spingerà questo personaggio, interpretato da Michael Madsen, a farsi strada nel sottobosco malavitoso della città, rubando di tutto dal denaro alla droga pur di ottenere le ricchezze e il potere necessario per scalare la montagna e raggiungere la vetta occupata dal suo predecessore.
Madsen non sarà solo, tutt’altro. Come scritto in precedenza, quest’ultimo viene accompagnato nel cast da personaggi di tutto rispetto, star hollywoodiane che hanno fatto il buono e il cattivo tempo del cinema di quel periodo, qui ringiovaniti per apparire al massimo della loro forma (anche perché il ruolo richiede una certa prestanza fisica).
Ad aiutare il nostro alter ego in questa folle scalata ci pensano Michael Rooker e Kim Basinger, alcuni dei fedeli alleati che cercheranno di supportarci in un’impresa difficile da portare a termine senza rischiarci la pelle. Durante il gioco ci aspettavamo di tutto, anche entrare in un negozio per venire malmenati a suon di schiaffi da Steven Seagal come in “Hard to Kill”.
Potremmo citarne chissà quanti altri, ma la realtà è che Crime Boss: Rockay City è un gioco che cerca -fortunatamente- di concentrarsi verso un’unica direzione, riuscendo nell’impresa di rimanere semplice nella struttura narrativa e videoludica, in quello che a tutti gli effetti può tradursi come uno sparatutto in cui affrontare delle missioni in cui rubare oro e gioielli, sottrarre carichi di droga a bande rivali oppure assaltare furgoni portavalori.
E il bello è che tutto questo può avvenire anche in cooperativa, il che non guasta assolutamente visto il contesto.
Crime Boss: Rockay City, mena il tuo colpo più duro, amico!
Il titolo di Ingame Studios comincia subito col botto: dopo aver atteso un elicottero pronto a prelevarci dal tetto di un palazzo, inizieremo la serie di missioni che ci condurrà al successo e al tetto del mondo, senza farci mancare un minimo di tutorial necessario a comprendere le basi alle spalle del gioco.
La struttura è davvero semplice quanto efficacie. Una volta deciso i membri del team da inserire nella squadra, i più saranno arruolabili prima di iniziare al costo di una piccola spesa in denaro, verremo gettati nella mappa scelta per l’occasione, procedendo con discrezione (qualora vorremo usare un approccio stealth) oppure sparando all’impazzata come se non ci fosse un domani.
Restare nascosti si rivela relativamente soddisfacente, a tratti un pelino irrealistico dato che quando dovremo nascondere un cadavere lo ficcheremo direttamente in una borsa, e per questa ragione la maggior parte delle volte si procede direttamente dando fuoco alle polveri, senza ragionare su chi andremo a disturbare per l’occasione. Alcune missioni sono davvero rapide, ma pure senza motivo a volte, mentre altre sono relativamente più lunghe e richiedono pure un po’ di impegno per essere portate a compimento.
Il gunplay è piuttosto elementare, tant’è che a volte si ha la sensazione di impugnare tra le mani un mitra di gomma, complice soprattutto l’effettistica e lo stesso rinculo che non sembrano favorire in alcun modo la sensazione di avere tra le mani un’arma realistica. Lo stesso approccio semplice viene anche improntato per la narrazione, la quale appare piuttosto lineare, in linea con quello che sembrerebbe un action movie degli anni ’90 (il che non è necessariamente un male, però …).
È un peccato, tra l’altro, notare che il comportamento dell’IA non risulta poi eccessivamente brillante: capita infatti molto spesso di ritrovarsi all’interno di mappe, più o meno ristrette, dovendo avere a che fare con nemici che percorrono dei punti prestabiliti con la sola intenzione di spararci. Il più delle volte non cercano nemmeno un riparo, motivo per cui spesso si finisce per portare a casa il risultato senza troppa fatica, magari nascondendosi dietro alla copertura migliore
Crime Boss: Rockay City, proprio come un film Anni '90
Il comparto grafico non fa gridare al miracolo in termini di resa visiva, non tanto per quanto riguarda le cutscene, ma piuttosto per tutto quello che concerne il gameplay nudo e crudo, forse non proprio all’altezza di quello che ci si aspetterebbe da un titolo accompagnato da star di questo livello.
Le cutscene sono ben realizzate, lasciano intravedere un’attenzione per un certo tipo di particolari, soprattutto quando si tratta di far doppiare questi stessi personaggi ai loro corrispettivi reali, il che è un plus se si guarda il genere di produzione e il budget di vendita. D’altro canto, il level design e la stessa grafica inciampano un po’ nel banale, proponendo spesso ambientazioni relativamente semplici, come si rivelano semplici le animazioni e le caratteristiche con cui vengono realizzati i nemici (tranne i personaggi principali).
Le texture e l’effettistica restano soddisfacenti, forse il peggio lo si vede per l’appunto sulla distruttibilità degli oggetti e, soprattutto, con il sanguinamento dei nemici, che più finto del finto non si può. La Guerra di Baker, ovvero la campagna principale, viene accompagnata dalle modalità Crime Time e Urban Legends, simpatiche da giocare soprattutto perché è possibile affrontarle in cooperativa, un plus giacché si finisce per sostituire l’IA dei compagni di squadra, anch’essa non proprio al top della forma, soprattutto quando si tratta di finire macellati in attesa di respawn da parte nostra.