Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit, il mio regno per una corona – Recensione PC
La recensione dell’avventura grafica punta e clicca di Tag of Joy, un viaggio alla scoperta della Lituania e dei suoi segreti.
Il team lituano Tag of Joy ci porta a caccia di antichi tesori in giro per l’Europa con Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit, avventura grafica uscita nel maggio dello scorso anno su PC e solo in questi giorni al debutto sull'eShop di Nintendo Switch; ecco la nostra recensione.
La trama di Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit
Nei panni di una ragazza di Chicago, Milda, ci trasferiremo in Lituania dopo aver ricevuto notizia della morte del nonno, di cui ha ereditato la casa. Neanche il tempo di scendere dall’aereo e raggiungere l’abitazione che finiremo nel mirino di un losco figuro, bramoso di alcuni documenti apparentemente in nostro possesso. Seguendo gli indizi lasciati dal nonno troveremo quei documenti, dando il via alla ricerca di un’antica reliquia del 15esimo secolo.
Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit, il gameplay
Viaggeremo per l’Europa in un’avventura ispirata ai classici del genere, come Broken Sword, Monkey Island, Still Life e Syberia, tra enigmi, situazioni bizzarre e ... partite di hockey. La formula di gioco punta e clicca è stata rimaneggiata per essere usufruita tramite pad e il risultato è piuttosto buono, con tutti i pulsanti che convergono per simulare al meglio delle loro mouse e tastiera. Per la maggiore non si rimpiange lo schema di controllo originale, eccetto nella gestione dell’inventario, per via della navigazione scomoda (scorrere dal primo all’ultimo non è mai la soluzione ideale quando il numero di elementi supera la decina).
Ci sono altre magagne, come ad esempio il fatto che non sia possibile ciclare con i dorsali i punti d’interesse a schermo che non siano all’interno del campo visivo di Milda; tuttavia, sono da ricondurre ai movimenti lenti e impacciati del personaggio. Di nuovo, si impara a conviverci, ma in alcune occasioni può far storcere il naso.
La storia si prende il suo tempo preparare il terreno per il gran finale e al tempo stesso mantenere fissa l’attenzione dello spettatore con numerose location da visitare, circostanze curiose e una serie di puzzle che alternano logica e analisi del materiale in nostro possesso ad un uso più creativo di oggetti e scartoffie raccolti lungo il cammino.
Da fan di Phoenix Wright e Professor Layton ho apprezzato i momenti in cui si utilizza un po' di materia grigia, collegando i puntini tra le informazioni accumulate per manipolare l’ambiente e sbloccare la situazione (a tal proposito, prendere qualche appunto durante i dialoghi aiuta), meno quando il gioco lavora di (troppa) fantasia.
Intendiamoci, finché si opera in uno spazio ristretto e con un repertorio altrettanto limitato è divertente immaginare scenari in cui determinati strumenti possono interagire tra loro, cosa che rende sperimentare molto piacevole, soprattutto nelle prime battute; tuttavia, gli enigmi si fanno via via più complessi con l’avanzare della storia, criptici addirittura.
Vero, si può ricorrere al classico “clicca su tutte quello che hai a tiro” e prima o poi una soluzione si ottiene (seppur in modo sgraziato); la pratica diventa irritante però quando viene richiesto di fare la spola tra più location, combinare cose a caso seguendo logiche abbastanza contorte, e ripetere azioni e dialoghi perché si è sbagliato il tempismo. Non nego di aver usato una guida in alcuni punti, o non ne sarei venuto a capo.
Tutto questo per assistere a una chiusura frettolosa e anticlimatica della storia, che dopo essere finalmente entrata nel vivo dell’azione si brucia nell’arco di un breve labirinto e un filmato di pochi secondi, manco interattivo. Da quanto emerso, un sequel è sicuramente papabile, confinando Kingdom of Deceit al ruolo di introduzione (e ora che ci penso, non ho visto né “regni” né “inganni” degni di tal nome nel corso dell’avventura NdR), ma non è una scusa per negare al giocatore uno scontro finale decente dopo 5 ore di scorribande per l’Europa. Il viaggio fino alle schermate conclusive non è stato affatto male, inciampi permettendo, ma quegli ultimi istanti hanno davvero guastato l’intera esperienza. Peccato.
Sul versante tecnico, i personaggi vantano design variegati e sono ben dettagliati, ma pagano lo scotto di animazioni legnose e limitate; decisamente meglio invece i fondali disegnati a mano (realizzati tra l’altro dall’art director di Broken Sword 2.5), ricchi di particolari e ben integrati con i modelli 3D. Caricamenti pressoché inesistenti.
Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit, la colonna sonora e i dialoghi
La colonna sonora è stata composta da Daniel Pharos (A New Beginning, Memoria, Blackguards) e sebbene non raggiunga mai picchi epici o particolarmente memorabili riesce a creare un ottimo sottofondo, lasciando spazio ai dialoghi, ben interpretati e caratterizzati da una vasta di gamma di accenti, a seconda del luogo in cui ci troviamo o della nazionalità dell’interlocutore (con i soliti stereotipi sull’Italia... NdR), ma a mio avviso un po' troppo sui generis; si cerca la battuta, quell’approccio spiritoso tipico del genere, ma il più delle volte l’esecuzione è piatta, quasi maldestra. Il cast però è valido, anche quando prova a fare umorismo (fallendo).
Versione Testata: Switch
Voto
Redazione
Crowns and Pawns: Kingdom of Deceit
Un’avventura grafica vecchio stile discreta, con tanto potenziale inespresso. La storia è interessante, anche in virtù dei luoghi visitati e dei loro trascorsi, ma sembra finire sul più bello; i personaggi sono interessanti e il doppiaggio di prim’ordine, ma la direzione appare a tratti fiacca. Buona gran parte degli enigmi; qualche volo pindarico di troppo in un paio di occasioni. Consigliato se amate il genere.