CyberCorp, qui gli androidi sognano armi esotiche – Recensione PC
La recensione dello sparatutto con visuale dall’alto di Megame Studio, un’esperienza mordi e fuggi ancora in lavorazione, caratterizzata da spunti interessanti ma troppo generica per rapire
Quando si parla di looter shooter, vengono alla mente perlopiù sparatutto in prima o terza persona, come Borderlands, Destiny o Warframe. Con CyberCorp, il team di Megame Studio propone un’intrigante variante di questo sottogenere, portandoci a caccia di loot in un contesto cyberpunk con visuale dall’alto. Il titolo è disponibile in early access su PC tramite Steam dallo scorso agosto, e sebbene presenti ancora diversi spigoli da limare, viene regolarmente aggiornato con nuovi contenuti, fix e migliorie assortite, l’ultimo pochi giorni prima di Natale. Di seguito le nostre impressioni.
Sia a livello di trama che di setting, CyberCorp non fa molto per distinguersi dalle altre opere appartenenti al filone cyberpunk: megalopoli al neon, corporazioni corrotte, degrado sociale... nulla che non abbiamo già visto altrove, a cui sommare personaggi anonimi e dialoghi altrettanto banali. L'edizione nostrana è inoltre fiaccata da un “adattamento” in italiano palesemente realizzato con un traduttore, tra frasi sconnesse e conversioni deliranti (come il termine “chip” che diventa “patatine”, giusto per citare un esempio). Fatevi un favore e ripristinate la lingua inglese dalle opzioni.
Il grosso del lavoro per tenere in piedi la baracca spetta insomma al gameplay, e sotto questo punto di vita il titolo Megame Studio si difende piuttosto bene. Il nostro “Synth”, un’armatura da combattimento controllabile da remoto, oltre a essere l’unico orpello narrativo degno di nota (che spiega poi l’esorbitante numero di cyborg ninja tra le fila nemiche), è anche uno strumento di morte equipaggiato di tutto punto, di cui potremo personalizzarne l’arsenale con due armi da fuoco, una katana, corazza componibile (elmo, torso e gambe) e due abilità aggiuntive (che diventano tre dopo le prime ore di gioco), tra scatti fulminei, scudi, campi di cura o potenzianti, torrette fisse, granate e altri oggetti utili.
Trattandosi di un looter shooter, per riempire il nostro inventario dovremo fare affidamento sulle spoglie lasciate dai nemici abbattuti e sugli occasionali forzieri trovati in giro oppure ottenuti come ricompensa al termine di una missione (c’è un negozio in-game, ma la roba costa un casino e spesso fa abbastanza schifo). La varietà non manca di certo, tra pistole, revolver, SMG, fucili a pompa e d’assalto, lanciarazzi, con diversi costruttori a determinare le caratteristiche principali dei pezzi (modalità di fuoco, capacità del caricatore, attributo...) e un sistema di rarità che introduce ulteriori fattori, come statistiche maggiorate, più slot per le modifiche, bonus passivi e peculiarità uniche (tipiche dei drop “esotici”). Proseguendo nella campagna si sbloccano poi le carte, con cui customizzare ulteriormente le prestazioni dell’equipaggiamento.
CyberCorp adotta una struttura a livelli brevi, nell’ordine dei 5-10 minuti ciascuno. Gli obiettivi solitamente consistono nel raggiungere la meta di turno eliminando chiunque osi sbarrarci la strada, con l’aggiunta di sporadici terminali da violare (niente minigiochi di hacking, per fortuna), aree da conquistare e boss da buttare giù. Il level design perlopiù lineare, composto essenzialmente da corridoi spogli e arene in cui rimarremo intrappolati fino all’esaurimento dell’ennesima orda di androidi incavolati, assicura invece che il giocatore prenda parte a ogni singolo combattimento previsto sul percorso. Raramente può però capitare di imbattersi in bivi che conducono a ricompense extra, oppure di essere “invasi” da uno stalker, miniboss particolarmente coriacei (e ben oltre la difficoltà prevista dal livello in corso).
Maneggiare le varie armi non è affatto male, complice il discreto sound design, ma il gunplay risulta un pelo fiacco per via della carenza di feedback, con bersagli che non reagiscono in alcun modo ai colpi ricevuti (e ci può quasi stare, sono tutti robot) e nessuna interazione con l’ambiente, se si escludono casse da rompere e barili esplosivi. C’è poi un notevole assortimento di nemici, ognuno caratterizzato da una specifica abilità sul campo, ma dopo averne affrontati interi sciami l’impressione è che l’IA segua sempre gli stessi pattern elementari, trincerandosi dalla distanza o caricando a testa bassa, senza mezze misure.
Ne deriva un’esperienza abbastanza monotona, ravvivata solo dalla ricerca spasmodica di loot migliore ed equipaggiamento più performante, una pratica che però abbiamo apprezzato, da estimatori del genere. Portare a termine la campagna porta via tra le 6 e le 8 ore e non richiede particolare grind, il tasso di sfida standard consente di arrivare ai titoli di coda senza dover tornare sui propri passi (tranne un paio di accorgimenti per il boss finale). A questo punto il gioco si apre, con la possibilità di riaffrontare i capitoli principali ad un livello di difficoltà maggiore oppure di provare le infinite missioni secondarie randomizzate, che introducono tra l’altro nuovi boss e biomi esclusivi.
C’è materiale sufficiente per raddoppiare, se non triplicare, le ore di gioco, vuoi per mettere le mani su un arsenale via via più letale, collezionare armi e armature esotiche, o testare le build più disparate, con un elaborato e funzionale sistema di personalizzazione dell’estetica del proprio Synth, e persino il multiplayer online fino a 3 giocatori (per il quale abbiamo tentato più volte e a più riprese di beccare una partita, ma non abbiamo trovato anima viva sui server...).
Il potenziale c’è, tuttavia il gameplay si fa stantio ben prima di mettere le mani sulle armi più interessanti; quella che segue è ripetizione fine a sé stessa, ideale per gli amanti del min-maxing, meno se si cercano stimoli più consistenti. Buona la veste grafica, che combina modelli stilizzati ma comunque ben caratterizzati con location ricche di fonti d’illuminazione, tra luci soffuse al neon e laser, molto atmosferiche. Solide le prestazioni; da rivedere invece le dinamiche dello scatto, che troppe volte non vanno d’accordo con le geometrie di rampe e paratie (per fortuna c'è modo di uscire dalle texture, ma non è un bel vedersi). Occasionali bug provocano il softlock delle missioni (in genere porte che non si sbloccano), costringendo al riavvio, e forzieri di fine capitolo che non compaiono (triste dopo una boss fight).